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 2022  marzo 14 Lunedì calendario

Cosa succede a Sigonella

Sigonella, ore 11,40 di sabato mattina. Dalla base aerea decolla un “Northrop Grumman Rq-4b Global Hawk”, uno dei droni-spia della flotta della Nato in Sicilia dal 2013, scopo: nuova missione top secret di sorveglianza del territorio ucraino. Prima di tornare alla base il velivolo pilotato da remoto ha percorso i cieli del confine tra Ucraina e Romania e si è addentrato nel Mar Nero dalla costa bulgara fin quasi alla Georgia.
Nel corso della stessa giornata di sabato, mentre un corteo pacifista sfila per le strade di Niscemi a ottanta chilometri di distanza, a Sigonella atterrano anche due UsNavy Grumman C-2s, velivoli da trasporto preposti al supporto logistico: sono partiti dalla portaerei a propulsione nucleare Harry S. Truman Cvn 75, impegnata nel Mare Egeo, insieme con la “gemella” francese Charles de Gaulle, in un’operazione di contenimento della Voenno-morskoj flot, la Marina russa, in ottica di “deterrenza” in seguito all’invasione dell’Ucraina. Ieri alle 10 del mattino, invece, decolla da Pratica di Mare, Roma, un Atr-72 della Guardia di finanza, “missione sconosciuta”, per atterrare in Polonia, a Cracovia, alle 13,15.
Movimenti di guerra in piena regola con il territorio italiano, la Sicilia in particolar modo, utilizzato come piattaforma del conflitto da cui partono operazioni che difficilmente possono non essere definite parte delle ostilità in corso. Anche se il capo della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista alla Welt am Sonntag, si impegna a scongiurare un’ulteriore estensione del conflitto dalle conseguenze potenzialmente apocalittiche: “Siamo contrari alla no fly zone sull’Ucraina. Non cerchiamo alcuna guerra con la Russia: la no fly zone significa che le forze russe dovrebbero essere attaccate, il che comporterebbe uno scontro diretto e si rischierebbe un’escalation incontrollabile. La guerra va chiusa non ampliata”.
Che la mobilitazione di guerra italiana sia, però, effettivamente in atto, in spregio all’articolo 11 della Costituzione repubblicana (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) oltre alle azioni sempre più frequenti che partono dall’Italia, soprattutto da Sigonella, è testimoniato anche dall’incredibile patto militare firmato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini una settimana fa con il suo omologo dell’Ungheria xenofoba, omofoba e illiberale, il generale Tibor Benkö. Patto che prevede, parole di Guerini, “interoperabilità tra le nostre forze armate anche sul piano dell’addestramento in ambito terrestre, aereo e nel dominio cyber, nonché nella collaborazione industriale. Attraverso la condotta di esercitazioni congiunte qui in Ungheria: si tratta chiaramente di un importante contributo alla deterrenza sul fianco est”. Alla notizia del patto Guerini-Benkö, passata inosservata per diversi giorni, il Fatto ha dedicato una pagina sabato scorso. Dall’agone politico, Partito democratico in testa ma non solo, per cui fino a poco tempo fa il regime di Viktor Orbán era quanto di peggio e impresentabile ci fosse in Europa, non si è registrata nessuna reazione. E anche questo la dice lunga sui “tempi di guerra” che stiamo vivendo. D’altra parte solo pochi giorni fa l’Italia con l’elmetto, e i quattrini, ha partecipato a una fiera internazionale di armi da guerra a Riad, capitale di un altro paese non molto noto per essere una democrazia come l’Arabia saudita, addirittura 81 esecuzioni di condanne a morte in sole 24 ore sabato: per rappresentare il governo dei “migliori” presente il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (Forza Italia) che ha potuto passeggiare nei quattro stand dell’azienda Leonardo tra carri armati, elicotteri militari, caccia bombardieri, droni spia e pistole firmate Beretta. Il meglio del meglio di un paese di guerra.