la Repubblica, 13 marzo 2022
Da Rovelli a Canfora: i teorici del “né-né
Nei giorni scorsi il fisico Carlo Rovelli, l’autore di bestseller come Sette lezioni di fisica e Helgoland, ha postato sui propri profili social le immagini di città distrutte da altre guerre: nello Yemen, in Afghanistan, nell’ex Yugoslavia; indietro nella storia fino a Hiroshima e Dresda. Ha usato questo testo: «Un’immagine di Kiev devastata dai russi. Ah no, scusate, ho sbagliato, questo è lo Yemen, dove le bombe che cadono vengono mandate dal mio paese in Arabia Saudita: 300mila persone uccise in quella guerra, carestia, milioni di persone che soffrono terribilmente, ma non sono bianchi come noi, quindi perché dovremmo commuoverci per loro?».
Al pari di altre figure note della cultura e dell’accademia – dalla filosofa Donatella Di Cesare al sociologo Alessandro Orsini – sostiene la tesi che è in corso «uno scontro tra potenze, non tra Russia e l’Ucraina». Un punto di vista che molti leggono semplicemente come filo Putin. Per questa sua posizione ha ricevuto anche delle minacce online. «Non sono cose gravi, ma le leggo come l’effetto del clima di belligeranza nel quale immersi: chi non si allinea sta dalla parte del nemico», spiega al telefono dal Canada. «Secondo me non bisogna mandare le armi. Ogni fucile inviato provoca morti ucraini in più». E quindi, scusi, gli ucraini non devono difendersi? «Questo lo devono decidere loro, noi non dobbiamo fomentare uno scontro. Hanno di fronte un esercito dieci volte più potente. Si rischiano lutti enormi».
E allora cosa devono fare di fronte ad un’aggressione a casa loro? «Mettersi a un tavolo e trattare. Intanto l’Europa deve sapere che con l’invio di aiuti militari la guerra si prolungherà. Ci pentiremo di quel che stiamo facendo. Non ho simpatie per Putin, ma ci serve un mondo multipolare». Cosa intende, esattamente? «Dove l’Occidente non pensa di potersi imporre militarmente sul mondo intero. Leggerlo diviso tra il bene e il male non ci aiuta per la pace. Non tutti la pensano come noi. Infatti metà del pianeta, come rivelano le astensioni alle Nazioni Unite di più di trenta Paesi, tra cui Cina, India, Pakistan, non ha condannato la Russia. Noi adesso ci indigniamo, perché vediamo la guerra vicina. Ma la guerra è orrenda sempre, lo è in Iraq, in Afghanistan, nello Yemen, in Siria. Ci sono molti altri conflitti in corso».
Su Facebook aveva scritto: «Cinque parole sono sufficienti per fermare follia ucraina: la Nato non si espanderà all’Ucraina». «Invece – argomenta adesso – la Nato ha compiuto esercitazioni militari davanti ai confini russi». Per la sua posizione è stato accusato di sarcasmo e di mancata compassione verso un popolo in fuga, milioni di uomini, donne, bambini che scappano nel gelo perché non hanno più un tetto.
Insistiamo: che fare? «Tutti devono concedere realmente qualcosa. L’esempio è Cuba, 1962. l’Unione Sovietica di Krusciov rinunciava a mettere i missili in cambio del ritiro, da parte di Kennedy, dei missili americani dalla Turchia. L’Ucraina potrebbe essere neutrale, come la Svizzera», conclude Rovelli. È un pensiero che coltiva anche il grecista Luciano Canfora. La sua intervista giovedì scorso alla Gazzetta del Mezzogiorno, in cui affermava che l’invasione è colpa dell’Ucraina per avere disatteso gli accordi del 1991, ha fatto molto rumore. Numerose sono state le critiche. «Ho ricevuto molta solidarietà invece», si giustifica adesso. Soprattutto è stato accusato di non spendere una parola per le vittime. E anche adesso al telefono dice che è più importante capire dove andrà a parare il conflitto che intervistare le persone per strada a Kiev. «Sono interviste tutte ugualmente dolorose, ma non aiutano a comprendere quello che succede». È di fatto una guerra tra Russia e Nato, afferma. E cita, a sostegno della sua tesi, due figure diversissime tra loro, come Bernie Sanders e l’ex capo di Gladio Paolo Inzerilli, secondo i quali la Nato, con la sua espansione, ha di fatto provocato il conflitto. «Vorrei che ci indignassimo anche per gli altri massacri, Yemen, Libia, Siria, Irak, Afghanistan. In Ucraina se ne esce solo con una mediazione israeliana e una conferenza di pace in Europa. La Nato deve assicurare di non avanzare sotto il naso dei russi». «C’è un aggressore e un aggredito. «Sì, ma noi dobbiamo anche capire come siamo arrivati a questo punto». Professore Canfora, alla fine, lei moralmente non sta dalla parte di Putin? «No, né con Putin, né con la Nato».