Corriere della Sera, 13 marzo 2022
La nuova guerra fredda è già iniziata
Durante un incontro accademico sulla crisi ucraina e la situazione politica internazionale, mi è stato rimproverato di avere dimostrato un po’ di nostalgia per gli anni della Guerra fredda. Cercherò di spiegarmi ricordando un’altra crisi molto più pericolosa di quelle che ci affliggono in questi anni.
Scoppiò nell’agosto del 1968 quando il segretario generale del partito comunista cecoslovacco, Alexander Dubcek, annunciò riforme che avrebbero gradualmente corretto il sistema politico del Paese e ne avrebbero fatto una democrazia socialista. La prospettiva piacque a molti suoi connazionali, ma suscitò molte preoccupazioni in Unione Sovietica e timori ancora maggiori in quei Paesi del Patto di Varsavia che erano allora, con la Cecoslovacchia, i «satelliti» dell’Urss (Bulgaria, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria, Albania). Un contingente militare composto da soldati sovietici e di alcuni di quei Paesi invase temporaneamente la Repubblica cecoslovacca, ma si ritirò quando i suoi dirigenti dovettero rinunciare alla politica riformatrice. In ogni momento, tuttavia, gli Stati comunisti dovettero muoversi con grande cautela per non suscitare pericolose reazioni nella loro pubblica opinione (a Mosca vi fu persino un sit-in, così chiamato quando i manifestanti si siedono per terra nei luoghi pubblici per intralciare il traffico). Di altrettanta cautela dettero prova le democrazie e, in particolare, gli Stati Uniti. Tutti sapevano che nella calda atmosfera di quegli anni ogni iniziativa avrebbe potuto suscitare le reazioni di un Paese dell’altro campo e accendere la miccia di una guerra. La situazione oggi è alquanto diversa. La Russia ha invaso l’Ucraina e la guerra in quella regione è già scoppiata. L’Unione Europea ha reagito, come in altre occasioni, con le sanzioni. Ma in questo caso sono particolarmente severe perché colpiscono, oltre al commercio e alla finanza della Russia, un gruppo di persone (gli oligarchi) che hanno stretti rapporti con Putin. Alcune armi usate sinora sono diverse da quelle tradizionalmente usate in un campo di battaglia; e non saremmo sorpresi, in queste circostanze, se dovessimo assistere all’arrivo di altre, ancora più raffinate. Secondo una inchiesta che circola su Internet la lista di quelle che riempiranno i prossimi arsenali è inquietante: robot-spia volanti grandi come colibrì, missili ultraveloci in grado di raggiungere ogni punto del pianeta in pochi minuti, sistemi audio-video capaci di captare ogni mossa del nemico da chilometri di distanza, centri di elaborazione dati così grandi ed evoluti da fare impallidire Google. Tutte queste armi sarebbero in fase di perfezionamento nei laboratori del Pentagono. È questa purtroppo la nuova guerra fredda.