La Stampa, 12 marzo 2022
Un film su Elio Fiorucci
Si ribatte su temi d’attualità come l’inclusione e la libertà. Ma in una storia degli Anni 70: il mito di Elio Fiorucci che ha sempre precorso i tempi e non solo della moda. Non a caso, sta esplodendo il revival del suo marchio con gli angioletti vittoriani, inventato da Italo Lupi. Ad alimentare il ricorso, il film Elio Fiorucci-free spirit di Andrea Servi e Swan Bergman proiettato a conclusione del Fashion Film Festival diretto da Costanza Cavalli Etro (www.milanofilmfestival). La trama si snoda intorno a un colloquio intimista con lo stilista. Che non voleva essere definito tale, ma «commerciante». Raccolta poco prima che mancasse (2015), la confessione è inframezzata da flashback e testimonianze di amici come Vivienne Westwood. Della quale Fiorucci finanziò la prima collezione punk. Del resto, il creatore libero e anarchico, nasce nel 1935 col Dna della libertà: figlio di genitori che avevano inventato le pantofole all’insegna della comodità. Con questo background, viaggia, nella Swinging London resta incantato dal negozio di Barbara Hulanicki, in arte Biba. Lo reinterpreta a Milano, aprendo nel 1967 uno store in piazza San Babila: epicentro dello stile inglese e della moda parigina. Il giorno dell’inaugurazione Adriano Celentano arriva sotto i portici in cabriolet. Progettato dalla scultrice Amalia Del Ponte, è un contenitore bianco senza gradini in una voluta continuità con la strada, fonte d’ispirazione del progenitore dello streetstyle. In esposizione, un bric à brac di merci a tinte sgargianti come nelle televisioni a colori che si stanno accendendo. Provocazioni e trasgressioni dalle galosce di plastica ai montoni afgani, fanno proseliti di ogni età. Persino le «sciure» si vestono come le figlie e non più viceversa. Un ribaltone generazionale. Fondamentali, per l‘incalzante assortimento, i viaggi del team di Elio nel quale transitano anche Enrico Coveri e Franco Moschino, in erba. Dal Messico al Senegal, gli inviati rastrellano curiosità. E se gli incensi indiani al patchouli profumano lo store, la musica martella a tutto volume. Il coinvolgimento dei 5 sensi è fondamentale. Non a caso, il negozio di via Torino aperto nel 1974 e progettato da Franco Marabelli, oltre all’udito e all’olfatto, gratifica il gusto con un ristorante. Si servono hamburger, prima ancora che nei fast food. Anticonvenzionale, il rivoluzionario degli angioletti importa dal Brasile il bikini, il tanga e il monokini (1974). Scandalo! Per lui, invece, il sesso è un gioco innocente: gli suggerisce le famose manette sado-maso ma in peluche rosa. Non è tutto.
Alla conquista dell’America
Sbarcato nel 1976 a New York con un punto vendita progettato da Ettore Sottsass, Andrea Branzi e dall’architetto Franco Marabelli, Fiorucci conquista l’America coi suoi jeans elasticizzati dal prezzo democratico di 9mila lire. Declinati anche in vinile e in plastica trasparente, i 5 tasche hanno la dote di valorizzare il lato B. «Un’ossessione – ricorda Oliviero Toscani – che mi ha accomunato a Elio, tanto che fondammo la società Cucù».Nello store sulla 59esima strada, arriva Andy Warhol. Il re della Pop Art presenterà il giornale Interview nel negozio di Los Angeles, aperto dal 1979. Del resto, l’artista annota nei suoi diari: «Fiorucci è proprio un luogo divertente... ciò che ho sempre voluto… tutta plastica. E ragazzini deliziosi». Il creatore si compiace per l’apprezzamento, essendo aperto a ogni espressione del sesso. Sino a dedicare un party alla performer Divine, iconica antesignana delle drag queen. I due geni visionari sono assidui dello Studio 54, tempio delle discoteche inaugurato nel 1977 con una sfilata di Fiorucci.
In vetrina, Basquiat e Haring
Warhol però, segnala al «commerciante» che a Soho quartiere underground oggi cool, sta emergendo il fenomeno della New Wave. Qui, campa il graffitaro Jean Michel Basquiat. La sua fidanzata è la dj, aspirante cantante, Madonna: «Una vocina che mi colpì il cuore», ricordava Fiorucci.
Nella New York Anni 80, Fiorucci capta il talento di Keith Haring futuro guru dei graffiti. Lo invita nell’ 84 a istoriare il negozio di piazza San Babila, in un happening epocale di due giorni non stop. Parallelamente alla sensibilità per le avanguardie, Fiorucci coltiva il pacifismo e il ritorno alla natura: «Vorrei finire la mia vita in campagna». Quando nel 2003, il negozio di San Babila abdicherà a H&M, Fiorucci non avrà rimpianti: «È il giovane di oggi».
Volando in cielo, ha lasciato in eredità uno dei suoi slogan: «Guardati alle spalle, c’è sempre un angelo che ti protegge». Ora più che mai, ne abbiamo bisogno.