La Stampa, 12 marzo 2022
Medici e infermieri indossano un gilet per difendersi
In Veneto, gli operatori sanitari andranno a scuola di autodifesa, imparando a tutelarsi, ma solo verbalmente, da minacce e aggressioni. Mentre medici e infermieri dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, dal mese prossimo, si recheranno al lavoro indossando un particolare gilet, dotato di luci lampeggianti e di un allarme sonoro, da attivare in caso di pericolo. Sono due iniziative capaci di fornire il polso di un fenomeno, la violenza ai danni dei professionisti della sanità, che ha raggiunto il livello dell’emergenza. Lo ha raggiunto soprattutto in questi due anni di pandemia, quando gli operatori sanitari sono diventati bersaglio ideale per sfogare rabbia e frustrazioni: esito delle faide tra vaccinati e No Vax, dell’esasperazione per le prestazioni ordinarie sospese, dell’impermeabilità dall’esterno di ospedali e case di riposo. «È vero, le restrizioni dovute alla pandemia hanno contribuito alla manifestazione di azioni aggressive, ma queste misure erano irrinunciabili per tutelare gli ambienti di cura, gli operatori e i degenti», spiega Donato Lancellotti, coordinatore del servizio Rischio clinico e prevenzione e protezione dell’Usl 4 veneziana. Azienda sanitaria che, in aggiunta al corso promosso dalla Regione, già da tempo dota i suoi dipendenti di fischietti, da utilizzare per richiamare l’attenzione di vigilantes e forze dell’ordine in caso di pericolo.
Dati Inail, nei cinque anni dal 2016 al 2020, nelle strutture sanitarie del Paese si sono contati 12 mila infortuni sul lavoro, dovuti a violenze, aggressioni o minacce. Vittime, quasi sempre infermieri e operatori socio-sanitari, per tre quarti donne. Ma la cifra è sottostimata, secondo Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici, poiché «molte aggressioni, di minore entità, non vengono denunciate dai dottori». Per questo è intervenuta la legge 113 del 2020 che, tra le varie disposizioni, prevede che in queste situazioni si proceda d’ufficio, senza necessità di querela. Punizione e deterrenza. A cui si aggiungono le due iniziative, veneta e bolognese, annunciate in questi giorni, in concomitanza con la «giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari», che si celebra oggi.
A Bologna, quindi, da aprile, per tre mesi, l’Irccs policlinico di Sant’Orsola e l’Usl cittadina forniranno ai dipendenti, soprattutto se impegnati nei turni di notte, particolari giubbotti protettivi. Dispositivi da attivare in caso di aggressione, dotati di un allarme sonoro e di luci lampeggianti, che funzionano contestualmente all’invio di telefonate e sms, con coordinate gps, alla vigilanza interna degli ospedali. Per attivarli, è sufficiente premere un pulsante. Ma il meccanismo, pensato dall’azienda vicentina D-Air Lab per i runner della notte, è in grado di funzionare anche autonomamente, rilevando un eventuale malore dell’operatore. Il gilet, infatti, sa riconoscere le anomalie nella postura della persona che lo indossa: se questa è a terra o immobile per troppo tempo, l’allarme viene inviato automaticamente, senza bisogno di alcuna attivazione. Non solo a Bologna, anche in Veneto si è deciso di intervenire, a tutela degli operatori sanitari vessati dai pazienti o dai loro parenti. Inizierà a giugno il corso per formare una squadra di 90 istruttori anti violenza, che a loro volta saranno docenti dei professionisti sanitari della Regione. «La nostra intenzione è rafforzare la consapevolezza dei nostri operatori, con interventi di carattere psicologico, ma non fisico», precisa l’assessora regionale alla sanità Manuela Lanzarin. Niente lezioni di autodifesa, quindi. Medici e infermieri apprenderanno le tecniche per gestire le situazioni più sgradevoli: impareranno come comportarsi, cosa dire, come muoversi. Non bastasse, la Regione sta predisponendo un documento di indirizzo, con una serie di indicazioni molto specifiche, che i sanitari dovranno seguire per affrontare questi episodi. Intanto, ieri si è riunito per la prima volta l’osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie. «Una risposta contro ogni forma di violenza ai danni dei nostri lavoratori», la definizione del ministro della Salute Roberto Speranza.