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 2022  marzo 12 Sabato calendario

Ultime sulla morte di Liliana Resinovich

Una traccia importante. È stata trovata sul cordino che stringeva i due sacchetti di nylon nei quali era infilata la testa di Liliana Resinovich, la 63enne triestina scomparsa da casa il 14 dicembre dello scorso anno e ritrovata senza vita il 5 gennaio nel vicino boschetto dell’ex ospedale psichiatrico. Succede ora che in quella traccia sia stato trovato il suo dna. È il primo risultato emerso dai laboratori della Scientifica, dove stanno analizzando i reperti del caso e hanno comparato il materiale genetico rinvenuto sul cordino con quello della donna, estratto nel corso dell’autopsia. «Confermo, sul cordino è stato trovato il dna della Resinovich», si è limitato a dire il procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo. 
Cosa significa questo risultato rispetto al giallo della morte di Liliana? Delitto o suicidio? Secondo gli inquirenti l’ago della bilancia si sposta verso questa seconda ipotesi, per quanto inimmaginabile possa essere. Ricordiamo com’è stato rinvenuto il corpo di Liliana: rannicchiato, all’interno di due sacchi neri della spazzatura, aperti, uno messo dalla testa e l’altro dai piedi. E poi questi due sacchetti di nylon a coprirle il capo e stretti al collo dal cordino. Scena che sembra poco compatibile con la dinamica di un suicidio. Possibile che non sia intervenuta una terza mano a metterle quei sacchi? E possibile che Liliana si sia stretta da sola il cordino al collo dopo aver infilato la testa nei sacchetti? «Possibile», taglia corto il medico legale. Si rafforza dunque l’ipotesi del suicidio. Anche perché da tutti gli altri esami fin qui eseguiti non è spuntato nulla che deponga per un’altra soluzione. 
Ma c’è un elemento che rischia di allungare i tempi dell’indagine, anche se la procura sembra non attribuirgli grande importanza. La traccia trovata sul cordino ha infatti un «difetto». Si tratta cioè di un dna misto. Significa che sullo stesso punto del cordino, oltre al dna di Liliana ne è stato trovato un altro, che però è molto debole. Lo chiamano «sporco». Nel senso che è quasi impossibile attribuirlo a qualcuno. Si possono fare solo delle comparazioni per escludere dall’indagine tizio o caio, cioè i vari soggetti interessati dalle investigazioni (non ci sono indagati). Primo fra tutti il marito, Sebastiano Visintin, contro il quale non è emerso sin qui alcun indizio serio che non sia il suo comportamento sui generis. Si faranno dunque le comparazioni? Mentre la Scientifica attende istruzioni dalla procura, tutti spingono verso il sì: i parenti di Liliana e pure Visintin che pare abbia già dato il suo dna. Un bell’intrigo.