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 2022  marzo 12 Sabato calendario

Come funzionano le bugie fabbricate da Mosca

Le bombe sui civili in fuga durante quello che doveva essere un cessate il fuoco a Mariupol? I «neonazisti» ucraini che usavano gli sfollati come scudi umani. L’incendio alla centrale di Zaporizhzhia? Sabotatori ucraini. La donna con il volto insanguinato di Chuhuiv, finita sulle prima pagine dei giornali di tutto il mondo? Un membro della «unità operazioni psicologiche» di Kiev, la faccia sporca di succo d’uva. L’ospedale pediatrico colpito, sempre a Mariupol? Era sotto controllo ucraino e le donne incinte delle foto solo delle influencer prestatesi a una recita. E poi l’ultima, che rischia di diventare la copertura per attacchi non convenzionali da parte di Mosca: gli Stati Uniti finanziano laboratori per armi biologiche in Ucraina.

Le fake news
È la propaganda di Mosca, la macchina delle fake news in azione, «modernizzata» per i social ma vecchia almeno quanto la Guerra fredda. «La vicenda dei laboratori e delle armi biologiche si capisce meglio attraverso la storia della disinformazione – dice al Corriere Thomas Rid, che le ha dedicato un libro, Misure Attive, edito in Italia da Luiss University Press. «Le accuse arrivano in modo predominante dai media statali russi, ma anche dai cinesi, ma poi quella narrativa è stata ripresa dalle frange del nostro dibattito politico». In America è stato per esempio Tucker Carlson su Fox News a citare in modo parziale ed errato le dichiarazioni di alcuni funzionari Usa: «La sottosegretaria Victoria Nuland ha accennato casualmente nell’audizione al Senato che sì, l’amministrazione Biden finanzia una serie di laboratori biologici in Ucraina». E Donald Trump jr ha twittato che quelle dichiarazioni trasformavano una «teoria della cospirazione in un fatto». Una «lettura» che si è diffusa anche oltreoceano. Falsa. Perché gli americani finanziano centri di ricerca biologici (quindi con attrezzature e patogeni che devono essere protetti da eventuali incidenti di guerra) non laboratori per armi biologiche.
«Un tipico schema della disinformazione – dice Rid, professore di studi strategici alla Johns Hopkins – è la sinergia tra gli estremi dello spettro politico e le agenzie di intelligence straniere. E non voglio dire che il Gru o l’Fsb paghino necessariamente agenti occidentali, anzi, ma piuttosto che c’è un incontro delle menti, una sorta di interesse comune nel mettere in discussione quello che l’Occidente e in particolare il governo americano sta facendo».
Perché ci sono i bot, certo, ma anche tanti giornalisti/commentatori/intellettuali e cittadini in carne e ossa che diffondono e amplificano interventi di propaganda come quelli delle ambasciate russe di tutto l’Occidente sull’ospedale di Mariupol (post che è stato fatto rimuovere dall’account della sede di Mosca a Londra, ma non da quella a Roma o Tokyo, per esempio). 
«La domanda è: da dove arrivano queste idee. Il rischio è ascrivere troppa influenza agli operatori della disinformazione russa – avverte Rid. Anche una delle più famose storie di disinformazione, l’idea che l’Aids fosse un’arma biologica costruita negli Stati Uniti, non fu inventata ma solo amplificata dal Kgb. Era partita dai movimenti degli attivisti gay di estrema sinistra ostili al governo americano e poi i sovietici l’avevano cavalcata. È uno schema importante da tenere a mente, perché se pensiamo che tutti i bot e tutti gli utilizzatori reali siano direttamente legati alla Russia le costruiamo una reputazione di macchina super potente e sofisticata che non credo esista». 

La polarizzazione
Quello che dovrebbe allarmare è semmai quanto siamo esposti a questo tipo di propaganda e perché. «La polarizzazione politica – continua Rid – è un terreno fertile per chiunque voglia seminare zizzania nelle nostre comunità». Non è un caso che ci sia una linea di collegamento, come dimostrano già alcune ricerche, tra sostenitori di Trump, no vax e filoputiniani. «Nelle nostre società in tanti vedono l’oppositore politico come un avversario, persino un nemico. E dal loro nemico in casa discende tutto, quindi vale qualunque cosa li aiuti, faccio un esempio, ad andare contro Biden o chi per lui, e se nel farlo si dà una mano a un avversario straniero non importa perché il conflitto che definisce la tua identità è a casa non fuori». 
Inoculata da Mosca e moltiplicata dagli interessi interni dei simpatizzanti occidentali, la propaganda russa però appare molto più in difficoltà che in passato. Essenzialmente per due motivi: uno, spiega Rid, è che «quasi tutta la storia della disinformazione si sviluppa in tempo di pace, o almeno di conflitto non militare». L’altra sono i telefonini, e le telecamere ovunque: per quanto la guerra porti sempre con sé la sua nebbia, «abbiamo una visuale incredibile, molto dettagliata, su questo conflitto ed è difficile competere con questo messaggio di verità». Ieri Mariana Vishegirskaya, l’influencer «che non era veramente incinta» ha partorito sua figlia Veronika. Lo scatto potete vederlo in questa pagina.