Corriere della Sera, 12 marzo 2022
Purghe al Cremlino: pagano gli 007
Sono agli arresti domiciliari in Russia il capo del servizio di spionaggio estero dell’Fsb e il suo vice: Sergej Beseda e Anatolij Bolyukh dovevano fornire al presidente Putin le informazioni necessarie perché potesse valutare attentamente la situazione all’interno dell’Ucraina, invece fornivano notizie errate e rubavano i soldi destinati ad arruolare agenti, mettere assieme pezzi di intelligence e organizzare operazioni sovversive. Vladimir Putin sarebbe furioso perché il quadro sbagliato della realtà ucraina è alla base dell’attuale impantanamento dell’esercito: i russi si aspettavano che in poche ore il Paese invaso sarebbe collassato e che i militari ucraini non avrebbero reagito. Beseda e Bolyukh avrebbero fatto ricorso ad alcune centinaia di guerriglieri ceceni per assassinare il presidente Volodymyr Zelensky, ma i fedelissimi del presidente Kadyrov sarebbero stati eliminati dal controspionaggio ucraino. Un altro fallimento che avrebbe convinto Putin a sbarazzarsi dei due capi del quinto servizio dell’Fsb, il successore del Kgb. La vicenda sembra indicare anche l’esistenza di scontri interni negli organi di intelligence e tra i vari servizi dell’Fsb.
Gli errori di intelligence
«I russi sembravano certi che il loro esercito sarebbe stato accolto con spargimento di petali di rosa da parte della popolazione ucraina, che il governo ucraino sarebbe fuggito e che in 48 ore il problema sarebbe stato risolto: quindi non serviva una campagna pianificata», spiega al Corriere Vincenzo Camporini, 75 anni, ex capo di Stato Maggiore della Difesa italiana. «Se così è un segno di grande superficialità, ma anche che i servizi informativi russi hanno dato al presidente Putin informazioni non corrispondenti alla realtà sul terreno. In ogni organizzazione al capo piace sentirsi dire di sì, ma quello che è accaduto durante la famosa riunione del Consiglio di sicurezza nazionale in cui venne ridicolizzato il capo dei servizi di intelligence russi Sergei Naryshkin da parte di Putin è indicativo». La sensazione, quindi, è che i servizi abbiano riferito allo Zar quello che voleva sentirsi dire: in base a quelle informazioni sono state poi prese decisioni che si sono rivelate sbagliate.
Le bombe a ovest
Questo serve anche a comprendere i bombardamenti cominciati venerdì sulle città occidentali, Ivano-Frankivsk e Lutsk. «Credo che siano dettati dalla necessità di incrementare il livello di controllo dell’aria», spiega Camporini. Una campagna militare comincia sempre con la contraviazione: i cacciabombardieri, gli intercettatori di scorte e i ricognitori vengono inviati a distruggere le capacità aeree dell’avversario, in volo oppure a terra, rendendo inutilizzabili gli aeroporti. Una volta impedito al nemico di utilizzare il suo sistema aereo, si dedicano le risorse al supporto delle truppe di terra». Questa fase in Ucraina è mancata.
Generali e reclute
Venerdì è stata confermata la morte di un terzo generale russo, Andrey Kolesnikov. Secondo Camporini, «i generali in prima linea sono un segnale di combattività dei quadri russi, che però evidenzia come ci sia forse una carenza a livello inferiore». Uno dei motivi è l’impiego delle truppe di leva: in Russia c’è ancora la coscrizione e i ragazzi si fanno 12 mesi di leva, durante i quali vengono mandati nei teatri operativi. «In 12 mesi cosa insegni a un ragazzo di 18 anni?», si chiede Camporini. «Giusto a imbracciare il fucile e tirare il grilletto. Non gli puoi insegnare tattiche e tecniche sofisticate. Basta pensare al rapporto di simbiosi fra carri e fanteria: il carro è poderoso ma è vulnerabile, bastano tre uomini nascosti dietro un albero e salta per aria. Ci deve essere la collaborazione con la fanteria, e per questo servono automatismi, serve un addestramento raffinato».
Le prossime mosse
Ci sarà un incremento della spinta, anche supportato con l’invio di nuove truppe. «Si parla di quasi 16 mila volontari che arrivano dalla Siria, e del contingente schierato in Nagorno Karabakh», dice Camporini. In questo senso si può interpretare anche il possibile arrivo delle truppe bielorusse, che gli ucraini ritengono sia imminente: l’invasione sarebbe la risposta di Minsk al presunto raid aereo partito dall’Ucraina e che, secondo Kiev, sarebbe stato pianificato dalla Russia. Un altro modo di costruire il pretesto per far entrare nel campo i rinforzi di Lukashenko. In ogni caso, l’arrivo di questi rinforzi è indice di due cose: 1) che i piani iniziali erano mal calibrati; 2) che le forze disponibili da parte russa non sono sufficienti: un segnale di debolezza, più che di forza.
Come può uscirne Putin
Putin può perdere in tanti modi. Non sappiamo cosa vuole, e per questo non possiamo immaginare una strategia vincente. «Qualsiasi ipotesi, però, si scontra con la quasi certezza di fallimento», spiega il generale Camporini. «Se sconfigge sul terreno l’esercito ucraino e torna in Russia, l’Ucraina si ribella. Se occupa l’Ucraina in modo permanente avrebbe bisogno di circa mezzo milione di uomini, specie considerando che, confinando con altri Paesi, è possibile far filtrare rifornimenti agli insorti, come è accaduto in Afghanistan. Anche nell’ipotesi che la battaglia venga vinta, è probabile che si perda la guerra».