Il Messaggero, 12 marzo 2022
Max Biaggi si racconta
Una vita sempre al Max, fra record e rischi. Superato il fatidico giro di boa dei 50 anni (compiuti a giugno), Max Biaggi ha deciso di raccontarsi, aprendo l’album dei ricordi di un passato in cui ha infiammato le piste e diviso i tifosi per la rivalità con Valentino. Una vita tutta di corsa (e di corse), al punto da vedere in faccia la morte. Ora l’ex campione del mondo è proprietario di un team in Moto3, il Sterilgarda Husqvarna Max Racing, ed è brand ambassador di Aprilia.
Max, com’è andato lo scorso weekend?
«Era iniziato benissimo, con la pole. Ma in gara Sasaki, che stava dominando, si è dovuto fermare per un problema di gomma. Mcphee, invece, ha chiuso 5°. Non partiamo favoriti, ma possiamo essere una sorpresa».
Tre vittorie tricolori nelle tre classi. Se lo aspettava?
«Vedere Bastianini, Vietti e Migno sul podio è motivo d’orgoglio. Noi siamo sempre nazionalpopolari, ci piace pensare in grande. Ricordo la gara d’apertura in Malesia del 96 quando Cadalora vinse in 500, io in 250 e Perugini in 125».
Che cosa dice di Enea Bastianini?
«Mi piace e può fare grandi cose. L’ho capito quando correva in Moto2 nel team di Giovanni Sandi, persona con la quale ho vinto mondiali in 250 e Superbike».
Enea ha vinto in nome di Gresini.
«Sì, qualcosa di magico. È bello pensarla così».
Con Gresini condivide il ricordo di un’altra gara.
«Gli Assoluti d’Italia del 1990 a Vallelunga. Non avevo mai corso su una 125 da Gran Premio. Quel 3° posto dietro Gresini e Romboni mi aprì le porte per il mondiale. Da lì è iniziato tutto».
Una carriera infinita, prima di quel terribile incidente nell’estate del 2017.
«Mi stavo allenando con il supermotard. Sono stato fortunato: ho portato a casa la pellaccia perché ero molto più di là che di qua».
Come l’ha cambiata quell’evento?
«Diventi più riflessivo e dai priorità alla famiglia e ai figli».
Biaggi uomo dei record. L’ultimo l’ha ottenuto alla Nasa.
«Ho raggiunto i 470 km/h con l’elettrica. Ci sono voluti due anni di test: ho messo anima e corpo per questo traguardo».
Lei ha corso fino in tarda età. Pure Valentino ci ha messo un po’ a ritirarsi
«Ho smesso a 41 anni, dopo aver vinto un mondiale per 0,5 punti. Ho rinunciato a ingaggi e sponsor per lasciare da campione del mondo. Ho chiuso con il sorriso».
Erano gli anni del Corsaro.
«Mi chiamavano così perché correvo con moto e tuta nera, ma pure perché ero poco arrendevole».
C’è qualche pilota di oggi che l’assomiglia?
«Sia Bastianini che Bagnaia hanno una guida pulita ma efficace, come la mia».
Le piace la MotoGp di oggi?
«Secondo me la tecnologia ha appiattito il livello dei piloti, tutti molto vicini. Per lo spettacolo questo è bello, ma la gente vuole immedesimarsi su un campione o due. Penso a Senna, a Schumacher».
In Motogp ci sono due romani: Morbidelli e Di Giannantonio. Ha tracciato una via.
«Finalmente. Spero possano ottenere dei grandi risultati».
Roma come le sembra?
«Per saperlo bisogna esserci. Vivo a Montecarlo».
Non ci torna spesso nella Capitale?
«Purtroppo, da quando è venuto a mancare mio papà tre anni fa non ci vado quasi mai».
Aprilia in Qatar ha chiuso al 4° posto con Aleix Espargaro.
«Sono un romantico di questo marchio e spero possa centrare quella vittoria in top class che stanno cercando».
Parla ai suoi piloti? Gli dà consigli?
«Mi confronto con loro e mi metto a disposizione. Voglio che abbiano il meglio».
Sogna di vedere il suo team in MotoGp come quello di Valentino?
«No, neanche nei prossimi anni. Mi piace questo progetto in Moto3, è la categoria più combattuta, il massimo dell’adrenalina ce l’hai qui».
Quando Rossi ha detto basta, ha scritto: «Magari un giorno davanti ad un bicchiere di vino ricorderemo i momenti vissuti insieme».
«Il post è piaciuto? Allora non va commentato. Doveva essere così, una frase non un poema. Se ci siamo scambiati sms? E chi può dirlo».
Max Biaggi è un uomo felice?
«Il traguardo dei 50 anni è stato un momento per riflettere sulla parte di vita già passata, e io l’ho vissuta con tanta soddisfazione. E con tanti rischi».
Rimorsi ne ha?
«Solo uno: quello di non aver iniziato a correre presto. Chissà come sarebbe andata se la prima moto invece di guidarla a 18 anni l’avessi guidata a 6-7».