Il Messaggero, 12 marzo 2022
Intervista alla fisica Paolo Batistoni
Si è fatta largo tra atomi e particelle, in un mondo usualmente dominato da maschi ma ora Paola Batistoni regna incontrastata sulla frontiera della ricerca più stupefacente e complessa che ci sia, lo studio dell’energia delle stelle.
La signora della fusione nucleare è leader di un team italiano di scienziati dell’Enea che collabora all’esperimento JET e al suo successore, ITER, il reattore internazionale a fusione termonucleare: «siamo a buon punto per replicare l’energia delle stelle, una energia pulita che abbia poco impatto ambientale, che non produca C02, che non alteri il clima».
Come è finita a studiare la fusione nucleare?
«Finito il liceo non avevo una idea precisa di cosa fare e poi mi sono imbattuta nell’Osservatorio astronomico di Arcetri dove sono stata folgorata. La scelta di fare fisica è venuta da sé, mi sono piaciuti l’ambiente, le prospettive, le sfide. Di questa scelta non mi sono mai pentita. Alla fusione, invece, sono arrivata per vie parallele: dopo una specializzazione sui plasmi astrofisici sono passata a quelli che si generano nei reattori per la fusione nucleare. Poi ho vinto un concorso e sono entrata all’Enea. Inizialmente come ricercatrice».
C’erano tante donne?
«A dire il vero pochissime. Era un ambiente indubbiamente dominato dai maschi. Erano fisici, ingegneri, tecnici di laboratorio eccetera. Tuttavia non ho mai avuto alcun problema. Tanto che a 36 anni mi sono trovata a fare il capo sezione, e avevo sotto la mia guida 25 uomini e tutti con maggiore anzianità di me. All’inizio mi sono sentita un po’ come quando si mettono i bambini nell’acqua per farli imparare a nuotare, ma me la sono cavata bene. C’è voluto tanto lavoro, dedizione, pazienza. La mia carriera è continuata così».
Lei ha sicuramente aperto una strada importante: ma cosa la ha aiutata in questo percorso e in quegli anni?
«L’ambiente negli anni Novanta non era proprio favorevole a che una giovane donna avesse responsabilità così grandi in un gruppo rilevante. Era un fatto eccezionale. Penso che siano stati bravi i miei diretti superiori: non esitarono a darmi tanta responsabilità nonostante fossi una donna e per giunta molto giovane. Ricordo però che all’epoca non c’era un ambiente tanto preparato in questo, tuttavia ho incontrato persone pronte al cambiamento».
Quante scienziate in Italia, che a questo livello, studiano la fusione nucleare?
«Molte più che non ai miei tempi. Oggi fortunatamente nelle discipline Stem siamo in tante, e abbiamo superato il 30 per cento, sebbene non vi siano tante donne a livelli apicali. Ma è solo questione di tempo.
Ci può chiarire una questione: il nucleare pulito è solo un mito o è davvero possibile?
«La fusione è un processo nucleare distinto dalla fissione, cioè il processo su cui si basano le centrali attuali. Per sintetizzare, la fusione è l’energia che riproduce il processo che avviene nelle stelle; riprodurlo nei nostri laboratori significa rendere disponibili fonti energetiche illimitate, sicure, pulite. Gli elementi di radioattività negli aspetti nucleari della fusione non sono assenti, ma sono ridotti rispetto alla fissione (e alle centrali attuali) perché non si producono scorie radioattive che richiedono depositi geologici permanenti. La fusione è sicura perché nel reattore non abbiamo più di un grammo di idrogeno, e in qualsiasi momento basta interrompere il flusso di idrogeno e si ferma tutto. Vi è solo una radioattività residua nelle pareti del reattore di acciaio e alla fine della vita della centrale devono essere smantellate con metodi robotici ma stiamo sviluppando acciai speciali affinché la radioattività decada in 150 anni. Non producendo di fatto scorie radioattive la fusione non comporta rischi di incidenti nelle centrali del futuro. Per tornare alla sua domanda le posso dire che stiamo creando nel sud della Francia un reattore sperimentale chiamato ITER il quale dimostrerà che il nucleare pulito è davvero possibile. Viene costruito da un consorzio internazionale tra Europa, Usa, Russia, India, Corea, Giappone e Cina».
A proposito della Russia: non ci sono state conseguenze nel consorzio ITER per via della guerra in corso?
«Al momento non possiamo prevederlo, dipenderà dai governi dei Paesi che collaborano al progetto. Come scienziati siamo molto preoccupati per questa guerra, perché la scienza è la paladina della pace tra gli uomini e ha bisogno di pace».
Per tornare al tema del gender gap, che ne pensa delle quote rosa?
«Aiutano laddove vi è un problema di lunga data. A mio parere sono utili quando si tratta di rimuovere barriere ostinate e direi secolari».