Corriere della Sera, 11 marzo 2022
I conti del Psg
Non è tanto l’avere perso, ma il come. La catastrofe del Bernabeu è grave e forse irrecuperabile perché il Paris Saint Germain contro il Real Madrid ha perso per l’ennesima volta «alla Paris Saint Germain»: ovvero ha buttato una qualificazione già in tasca, si è sabotato da solo, ha avuto paura, ha dimostrato di avere i miliardi ma non i nervi saldi né la personalità per competere a questi livelli. Saranno settimane e mesi difficili per la società e per il QSI, il fondo sovrano del Qatar che dopo quasi undici anni a Parigi e 1,4 miliardi spesi in acquisti strepitosi e talvolta sconsiderati si trova una squadra che sembra alla fine del ciclo, e senza aver mai raggiunto l’unico obiettivo che conta, la Champions.
L’allenatore argentino Pochettino verrà accompagnato alla porta verso la sua amata Premier, e si sapeva, ma il crollo dei giocatori e della società accelerano l’addio anche di Mbappé, unico uomo-squadra che ha fatto di tutto per tenere il Psg aggrappato alle grandi d’Europa, e che adesso finirà per accettare l’offerta del Real. Ecco perché i tre gol di Benzema in quei 16 minuti di follia fanno così male. Perdere a Madrid col Real ci sta, per qualsiasi squadra al mondo, ma non così.
Donnarumma con quell’idea folle di sfidare Benzema palla al piede ha dimostrato di essersi calato subito nell’ambiente, o almeno nei suoi aspetti peggiori: presunzione e poco carattere. Per lo stesso motivo, prendersela troppo con il solo Donnarumma è sbagliato. Dopo la sua papera e il pari di Benzema, il Psg era ancora qualificato ai quarti: il secondo gol è nato dall’ennesimo pallone perso da Neymar, e il simbolo della disfatta totale è l’assist involontario di Marquinhos verso Benzema per il terzo gol che ha chiuso la partita.
L’inchiesta
Presunta aggressione all’arbitro: l’Uefa apre procedimento contro al Khelaifi e Leonardo
Ben prima dell’arrivo di Donnarumma il Psg ha vissuto altre eliminazioni clamorose, sempre agli ottavi: nel 2017 la storica remuntada del Barcellona di Messi, 6-1 dopo il 0-4 patito a Parigi, e nel 2019 l’incredibile sconfitta in casa per 3-1 con il Manchester United (con papera di Buffon) dopo avere vinto 2-0 all’Old Trafford. Con questo pregresso, la tripletta di Benzema fa saltare i nervi: voci poi smentite di rissa tra Donnarumma e Neymar nel dopo partita, il presidente qatarino al Khelaifi e Leonardo che avrebbero inseguito gli arbitri negli spogliatoi (il primo avrebbe detto «ti ammazzo» al cameraman del Real che filmava, la società di nuovo smentisce). E per questo episodio l’Uefa ha aperto un procedimento disciplinare contro i due dirigenti del club parigino. Per il Psg ora c’è il supplizio di arrivare in fondo a una stagione già finita, nonostante il probabile decimo titolo di Ligue 1.
Insomma: non tutte le colpe del Psg sono di Gigio, anzi. Guardando in casa nostra, è però innegabile che quanto avvenuto a Madrid rischi di avere ripercussioni in chiave azzurra: fra due settimane l’Italia si gioca i Mondiali e toccherà al c.t. Mancini recuperare mentalmente il portiere. Una cosa è certa: Donnarumma è sotto un treno. È convinto d’aver subito un’ingiustizia – anche se i vertici arbitrali Uefa giudicano corretta la decisione dell’olandese Makkelie – ma sa d’aver sbagliato a cincischiare col pallone. I piedi sono da sempre il suo punto debole.
Di certo le condizioni di salute di Raiola non lo aiutano a restare sereno. Mino, per Gigio, è molto più di un agente: è un amico vero. Dall’entourage del portiere ribadiscono che non c’è alcuna intenzione di interrompere il contratto in scadenza nel 2026. Detto questo, a qualche vecchio amico non ha nascosto di sentire un po’ di nostalgia per la città in cui è cresciuto come uomo e calciatore. Maignan è stato però un grande colpo di Maldini: in pochi mesi è riuscito a scacciare l’ingombrante fantasma del predecessore. Il Diavolo, per Gigio, è un passato che non ritornerà.