Corriere della Sera, 11 marzo 2022
Intervista a Federica Panicucci
Federica Panicucci ha avuto presto le idee chiare. Lo sapeva fin da bambina: voleva lavorare in televisione. Ma se è vero che il destino è la somma delle nostre scelte, per la conduttrice – che proprio in questi giorni ha festeggiato i 35 anni di carriera – è stato fondamentale prendere quella giusta quando di anni ne aveva 17, rispondendo sì alla proposta della custode del suo palazzo: e dunque sì, avrebbe fatto da babysitter al figlio di un altro inquilino, quello che sul citofono trovava come «P. Bonolis». «Sembra piuttosto incredibile, però è stato davvero così: ho fatto da babysitter al primo figlio di Paolo Bonolis, Stefano. Aveva nove mesi, quando mi chiamavano, io badavo a lui... Paolo mi dava 4mila lire l’ora».
Non proprio uno stipendio da sogno...
Ride. «Andavo a scuola e per me era un lavoretto... Lui all’epoca faceva il conduttore di Bim Bum Bam. Una sera, mentre ero da lui, gli chiesi di poter accendere la tv per vedere il concorso di modelle The look of the Year, programma che in futuro avrei anche condotto. In quel momento mi disse: “Perché non provi anche tu a fare la modella?”. E mi diede l’indirizzo dell’agenzia che poco dopo mi fece fare il provino per Portobello».
Insomma, Paolo Bonolis è stato il suo Pippo Baudo.
«Se Paolo non mi avesse dato l’indirizzo di quell’agenzia, chissà come sarebbero andate le cose... Da sempre il mio sogno era diventare una presentatrice: già da bambina imitavo Loretta Goggi e Raffaella Carrà. I primi lavori per me sono stati nella pubblicità: una campagna pubblicitaria per un test di gravidanza, una per una crema contro i dolori articolari, una per un dentifricio, una per un lassativo e una per degli assorbenti... in effetti tutto nella sfera salute, pensandoci».
Poi arrivò anche il fatidico provino per «Portobello».
«Fu un casting molto lungo, che mi portò a essere scelta come una delle protagoniste del Centralone di Enzo Tortora, in quel famoso 20 febbraio 1987 in cui lui tornò in tv dopo le vicissitudini giudiziarie».
La tensione per il suo debutto si sommava a quella per il ritorno in video del conduttore?
«Sì, c’era un intero Paese fermo per rivederlo, dopo il carcere. Io, completamente a bocca asciutta del mondo dello spettacolo, mi sono trovata in questa realtà pazzesca. Sono sensazioni che ancora oggi mi porto dentro, le ricordo alla perfezione».
Si è chiesta perché scelsero lei?
«Me lo sono chiesta spesso. Fecero tre giorni di casting e una volta lì mi sentivo scoraggiata: c’erano modelle bellissime, vere e proprie top model. Io ero una ragazza assolutamente normale. Studiavo all’università, ero iscritta a Lingue. Eppure passai tutte le selezioni. Forse la semplicità venne premiata».
Forse è stato premiato anche il fatto di essere stata una ragazza che aveva già le idee parecchio chiare?
«Le avevo, vero, ma avevo anche la sensazione di essere sempre un po’ meno rispetto agli altri: un po’ meno bella, un po’ meno spigliata... questa insicurezza l’ho tenuta a bada però mi ha accompagnata per un lungo percorso. Temevo di non essere all’altezza».
Invece lo è sempre stata?
«Mica tanto. A Portobello, a capo del Centralone c’era Renée Longarini. Lei si occupava anche del momento dello sponsor. Una sera Enzo Tortora venne da me e mi disse che il giorno dopo lei sarebbe stata assente e mi chiese quindi di sostituirla. Dovevo imparare due frasi legate al concorso di una macchina. Due righe di numero che avevo studiato e ristudiato. In studio vennero anche i miei genitori, era un evento. Ero agitatissima. Una volta arrivato il momento in cui dovevo parlare un fotografo cominciò a scattare e andai nel pallone: scena muta. Avevo dimenticato tutto. Enzo Tortora mi venne in soccorso e mi salvò. Fu una vergogna totale e un gran dolore per l’idea di aver tradito la fiducia che mi aveva dato. Quel senso di frustrazione mi accompagnò per lungo tempo».
Dopo «Portobello»?
«Iniziai a lavorare in una piccola tv privata, mi pagavano 50 mila lire a puntata. Nel frattempo studiavo. Mio padre mi ricordava sempre il valore dell’impegno, mi spronava ad accettare anche piccoli lavori per arricchire il mio bagaglio di esperienze. Mi ripeteva di imparare il più possibile così da farmi trovare pronta qualora la mia occasione fosse arrivata. Mi sono ritrovata così, ad esempio, a condurre un programma che andava in onda all’una di notte su un canale privato lombardo: una trasmissione in cui parlavo di barche. Io e lui stavamo svegli per guardarla insieme».
Altra tappa importante?
«Il mio casting con Gianna Tani, a Mediaset. Cercavano delle concorrenti per Il Gioco delle Coppie. Le dissi: “Sono qui ma non per fare la concorrente, vorrei diventare la hostess di Marco Predolin”. E mi presero. Ci rimasi per tre anni».
Poi è stata la volta del «Festivalbar».
«Non ero pronta. Ero terrorizzata, anche perché non avrei dovuto presentarlo io. Ma chi era stato scelto aveva avuto un imprevisto. Mi chiamò Vittorio Salvetti così presi la mia macchina, armata di stradario, alla volta di Ascoli Piceno. Nessuno mi aveva preparato al boato dei 30 mila in piazza: parlavo ma non riuscivo a sentirmi, fu una delle sensazioni più forti mai provate».
Su quel palco c’erano anche Amadeus, Fiorello e Jovanotti.
«Ci siamo conosciuti lì, di fatto. Io bazzicavo Radio Deejay perché conducevo Smile, Unomania e a volte mi era capitato di intervistare alcuni di loro. Di quegli anni ricordo il grande divertimento e la spensieratezza che provavamo. Non c’erano i social, non c’erano i cellulari: eravamo noi, facevamo la nostra puntata, ridevamo, scherzavamo e il giorno dopo arrivava il fax con gli ascolti. Ripeto: il fax. E poi c’erano i cantanti... erano gli anni in cui li potevi vedere solamente lì».
La fama prima dei social era più romantica?
«Per me sì. Ad esempio io andavo spesso a trovare mia nonna paterna, Chiarina, a Cecina: le ero molto legata e sin da bambina trascorrevo da lei il periodo estivo. Ho continuato a farlo una volta cresciuta, anche nel periodo del Festivalbar. In quel boom mediatico capitava spesso che ci fossero sotto casa gruppetti di ragazzi per una foto o un autografo. A volte la mattina mi svegliavo, andavo in cucina a fare colazione e trovavo i fan in casa... mia nonna li faceva salire e gli offriva il caffè. Era davvero tutto diverso. Con i miei primi soldi le ho comprato la casa».
Dà l’idea di essere sempre stata una persona molto responsabile...
«Devo dire che nella mia vita mi sono anche divertita sempre tanto. Amicizie, viaggi, feste... ero molto concentrata sul lavoro ma nella vita privata non mi sono fatta mancare nulla. Ho fatto vacanze a Formentera con feste fino all’alba assieme a comitive di amici che arrivavano da varie parti d’Italia. Nelle case che affittavamo assieme veniva gente da tutta l’isola. Sapere di non aver sacrificato la mia vita privata dà una bella sensazione».
Poi c’è stata la radio.
«Anche lì, eravamo un gruppo di amici. Mille scherzi, un grande divertimento. Sono stati anni belli. La radio era una cosa nuova, che non avevo mai fatto. Un giorno Albertino, ospite di un mio programma, Smile, mi butto lì: “Perché non vieni a lavorare in radio?” La mia risposta di getto fu: “Ma io non sono capace!” Cinque giorni dopo ero in onda, in diretta. Quando sei giovane ti fai molti meno problemi: avevo quella sana incoscienza che mi faceva buttare nelle avventure».
La sua vita professionale è stata piena di svolte e anche il suo privato.
«Oggi mi sento una persona centrata. Ho un compagno che mi ama e che amo, il lavoro che sognavo e due figli meravigliosi che mi ricordano ogni giorno quanto sia straordinario vederli crescere. A volte il cambiamento può essere doloroso ma sono convinta che sia una forma di rispetto nei confronti di noi stessi».
Nel ripercorrere i 35 anni della sua carriera non si possono non menzionare i suoi capelli.
«Ancora oggi c’è gente che mi ferma e mi ricorda il mio taglio di capelli a Target, il programma di Canale 5, dicendomi che piangevano con me mentre lo facevo. Erano diventati così lunghi perché io sono essenzialmente una persona stanziale e, anche se ho detto che a volte è necessario, faccio fatica a cambiare qualsiasi cosa. I cambiamenti mi provocano disagio, perfino se devo anche solo tagliare i capelli. E quindi rimandavo, rimandavo e alla fine erano diventati così lunghi da identificarmi: chi è Federica Panicucci? Ah sì, quella con i capelli lunghi. Quando facevo le serate in discoteca capitava che i fan si attaccassero proprio ai capelli... era veramente complicato. Per anni sono stati un simbolo».
Sarà anche allergica al cambiamento, però nel suo lavoro è stato una costante. Ha lavorato con tante persone e nei contesti più diversi.
«Di certo è una grande ricchezza. Per due anni ho anche consegnato i Telegatti. Anzi, ero la valletta che consegnava i Telegatti dietro le quinte ai premiatori... che erano però persone come Sylvester Stallone, Richard Gere, Sophia Loren... che tempi».
E lì non ha mai pensato: un giorno premieranno me?
«Mi viene in mente un episodio di quando conducevo Festivalbar Zona Verde, una sorta di costola del programma principale che andava in onda il pomeriggio su Italia 1, in cui intervistavo giovani cantanti. Tra queste nuove leve un giorno arrivò un tale Biagio Antonacci. In un momento di pausa, gli dissi: ti immagini se un giorno io dovessi condurre il Festivalbar e tu arrivassi tra i big? Ecco, qualche tempo dopo è successo davvero».