Corriere della Sera, 11 marzo 2022
Le foto di Richard Gere all’asta
«Ho cominciato a comprare le fotografie che mi piacevano. Non volevo creare una collezione. Probabilmente, alla fine, è successo». Richard Gere possiede, tra i molti doni che la natura gli ha regalato, quello dell’understatement. Qualche anno fa in un’intervista con il Corriere della Sera minimizzò le conseguenze professionali del suo impegno a favore del Tibet che l’ha reso inviso a Pechino e per questo cancellato dalla lista degli attori arruolabili nelle grandi produzioni hollywoodiane (da esportare anche in Cina), spiegando di preferire i piccoli film indipendenti che trovava più interessanti, e di avere così più tempo per la pratica e lo studio del buddhismo.
Affronta adesso con la stessa pacatezza anche la grande asta online «Fotografie dalla collezione Richard Gere» (Christie’s, dal 23 marzo al 7 aprile) che rappresenta uno degli avvenimenti dell’anno per il mercato dell’arte: va all’incanto una serie di capolavori assemblata con gusto tanto eclettico quanto raffinato: 156 lotti (la stima, bassa, intorno ai due milioni di dollari) con l’editing di Joslin Van Arsdale, che attraversano la storia della fotografia. A cominciare dalle foto di pionieri dell’Ottocento come Gustave Le Gray e Carleton Watkins e proseguendo con i capolavori primo Novecento di Tina Modotti, Edward Weston, Manuel Álvarez Bravo e Alfred Stieglitz. Per finire con i contemporanei: da Richard Avedon a Herb Ritts.
Proprio la presenza di Le Gray testimonia il gusto di Gere: i paesaggi (famosissimi i suoi mari in tempesta) del francese, tra i padri nobili della fotografia e straordinario innovatore delle tecniche di stampa, sono stati acquisiti da Gere quando ancora i prezzi dell’artista erano abbordabili (da quando lo sceicco qatariota Al-Thani se ne appassionò negli anni Novanta, le quotazioni sono inevitabilmente salite a dismisura: per qualche anno le immagini di Le Gray fecero record su record, rendendolo più di un secolo dopo la morte il fotografo più costoso del mondo).
Richard Gere è anche fotografo: ha esposto in gallerie importanti e pubblicato nel 1997 (ricavato in beneficenza per il Tibet) un libro che ricevette ottime recensioni. L’amore per la fotografia lo accompagna da sempre: poco più che ventenne, da aspirante attore, diventò amico di un futuro maestro della fotografia, Herb Ritts. L’uomo che lo rese famoso con gli scatti – molto imitati da allora nel mondo della moda: sembrano curatissimi, furono in realtà improvvisati perché l’automobile su cui viaggiavano si era fermata nel deserto – di Richard sudato in canottiera e jeans attillati a una pompa di benzina, bellissimo (e ambiguo) nella luce del crepuscolo californiano come un novello Brando.
«Affinata da anni sia davanti che dietro una macchina fotografica, la passione di Gere per la creazione di immagini e il collezionismo è in bella mostra in questa collezione meravigliosamente varia. Questi sono artisti che sono abili nel catturare le emozioni umane, che hanno emozionato Gere – ha scritto nel catalogo Darius Himes, responsabile internazionale delle fotografie di Christie’s – Sono esposti i punti salienti della collezione che rappresentano un riflesso del tempo che ha trascorso a Los Angeles, della sua ammirazione per i fotografi del ventesimo secolo e delle amicizie che ha stretto strada facendo».