Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  marzo 11 Venerdì calendario

Il ritorno degli Inti Illimani

Un ritorno pianificato da due anni che giunge a compimento in un tragico momento bellico soltanto ieri inimmaginabile. Arrivano in Italia gli Inti Illimani, il più storico e iconico gruppo cantore della libertà e della pace. Musicisti cileni esuli quando Pinochet prese il potere nel 1973, per un altro fatidico 11 settembre che soffocò un Paese e un ideale. Ora arriva il Vale la pena tour, frutto dell’incontro del 74enne capostipite degli Inti Illimani Jorge Coulòn con il cantautore toscano Giulio Wilson. Al centro delle sei tappe (debutto il 13 marzo a Salsomaggiore Terme, per poi toccare Firenze, Bologna, Roma, Carpi e Sassari il 20 marzo), in collaborazione con Amnesty International Italia, la promozione dei diritti umani e la tutela dei migranti. Con i milioni di profughi ucraini vittime della guerra di Putin a catapultare anche nel cuore dell’Europa una inaspettata colossale emergenza umanitaria.
«Ancora una volta le situazioni non risolte o gestite male ci portano a una condizione estrema e a un’inaccettabile guerra, di invasione, di sopruso e di abuso contro le popolazioni indifese – dice Jorge Coulòn –. Volevamo tanto fare questo tour, dopo il dilagare della pandemia. Ma torniamo in un Paese che, come tutto il mondo, lotta ancora una volta per la pace, per il rispetto dei diritti umani, per il rispetto dei popoli, per la gente comune che vive del proprio lavoro e che non aspetta altro che poter lavorare, vivere, crescere e amare, condividere in pace. Speriamo che questi concerti con Giulio Wilson siano un momento di incontro, per riaffermare i diritti delle persone, al di sopra dei giochi delle grandi potenze».
Come e quando nacque il vostro singolare incontro?
Giulio aveva scritto la canzone Vale la pena per il suo album uscito l’anno scorso. Un brano che sentiva affine al nostro stile. Era il 2019, mi contattò, venne a Santiago e lo registrammo insieme proprio mentre c’erano delle manifestazioni di piazza per chiedere un referendum per cambiare la Costituzione del Cile. La canzone divenne un inno popolare. Ora si sta davvero per varare la quarta Costituzione del Cile e sarà la prima volta che alla sua elaborazione partecipa il popolo anziché una cerchia ristretta di persone.
E a che punto è l’iter?
C’è una Convenzione costituzio- nale, un’assemblea eletta democraticamente, che la sta discutendo. A luglio dovrebbe essere presentata e ci sarà un referendum sul testo proposto. Ma ciò che mi colpisce è che oggi sono al governo anche quei giovani che dieci anni avevano cominciato a scendere in piazza.
E gli Inti Illimani, scampati alla dittatura nel ’73, sono ancora a far sentire la propria voce...
È un regalo inaspettato, non pensavo di poter vivere un altro momento storico così importante. Con i giovani scesi in piazza con le nostre canzoni di mezzo secolo fa e quelle di altri artisti che avevano cantato la resistenza a Pinochet, costruendo un ideale ponte generazionale. A dimostrare che le nuove generazioni non sono nate dal nulla ma hanno le radici in quella lontana lotta per la democrazia e la giustizia sociale. Un filo rosso a dire che ne è proprio valsa la pena.
Che potere ha quindi la musica?
Il musicista, il cantante, ha senz’altro un importante ruolo sociale e morale. Può sensibilizzare e smuovere le coscienze. Ma io penso anche che non dovrebbero essere i cantanti a farsi carico di questa missione, sentirsi depositari di questa funzione e responsabilità. Se tocca ai musicisti assumersela, vuol dire che la politica, le istituziuoni e il corpo sociale non lo fanno. Comunque questo dimostra che la cultura, in generale, ha un ruolo decisivo nel rendere più consapevoli e partecipi le persone. Affinché non siano sempre gli arrivisti e gli arroganti a riuscire a occupare le poltrone della politica e ad avere il comando. Ma il punto è sempre quello, manca il senso di comunità.
Quello che cantate da più di mezzo secolo...
Sì, manca il senso del gregge unito che non si sottopone al pastore ma invece lo accompagna, così da diventare pastori noi stessi. Invece domina l’individualismo, la continua concorrenza e competizione per essere il più forte, il migliore. Così la società lascia indietro tutti quelli che non ce la fanno. E quando manca la forza della comunità, di un popolo unito, ecco che può entrare in gioco la dittatura la cui forza sta nell’offrire apparentemente delle soluzioni ai problemi sociali.
Intanto ci sono moltitudini che migrano per cercare di sopravvivere...
È proprio quanto vogliamo testimoniare con il tour. Ora, questa fortissima migrazione all’interno dell’Europa purtroppo non significa che stiano finendo le altre. Uno dei motivi di tutte le migrazioni è l’iniquità nella distribuzione delle risorse. È l’ingordigia di pochi, oligarchie di potere ormai globalizzate. Ma i migranti sono vittime due volte: della disuguaglianza e del miraggio di un miracolo economico che però non è tale nemmeno nel Paese dove vanno a cercare fortuna. Emergenze su cui papa Francesco richiama l’attenzione da sempre. Lui conosce il sud del mondo.
Lei conosce invece anche l’astronomia. Le serve per provare a svagarsi dai guai dell’umanità?
Impossibile. Con Giulio Wilson sto invece lavorando a un ambizioso progetto musicale: conciliare astronomia e sentimenti umani. Abbiamo già scritto un paio di brani, ma non sono ancora pronti e non potremo eseguirli in questo tour. Il concerto sarà così diviso in due parti e insieme faremo ovviamente Vale la pena. Magari inviteremo poi Giulio a cantare con noi El pueblo unido jamàs serà vencido.
Uno slogan allora ideologizzato...
Ma oggi universale. Dobbiamo prenderci cura del mondo tutti insieme. Stiamo finendo con l’autodistruggerci.
Fu contro una eccessiva ideologizzazione di sinistra anche l’attacco di Dalla alla musica andina e agli Inti Illimani in quel lontano 1977?
Non lo so. Però Lucio venne a mangiare a casa mia trent’anni fa quando era in concerto al Festival di Vina del Mar dopo Attenti al lupo.
Abbiamo parlato a lungo e ancora una volta si è scusato per la sua frase sulla musica andina, che noia mortale. Lucio è stato davvero un grande artista visionario e profetico. Se ascoltiamo Futura sembra scritta apposta per quanto sta accadendo oggi.