Maurizio Zottarelli per “Libero quotidiano”, 10 marzo 2022
TI TE DOMINET MILAN! ECCO PERCHE’ "O MIA BELA MADONNINA" INIZIA CON UN PICCOLO RISENTIMENTO VERSO CHI INCENSA LA CANZONE NAPOLETANA. NEL LIBRO DI LUCA CROVI “IL GIGANTE E LA MADONNINA” LA STORIA DELLA CITTÀ E I SUOI PROTAGONISTI: PRIMO CARNERA, IL NANO BAGONGHI E GIOVANNI D'ANZI, L'AUTORE DELLA CANZONE SIMBOLO DEL CAPOLUOGO... - VIDEO -
Vi siete mai chiesti come sia nata "O mia bela Madunina"?. E sapete chi era il nano Bagonghi? E i mondeghili? Sapete cosa sono e come nascono? E cosa c'entra Milano con Primo Carnera?
C'è un piccolo, libro scritto da Luca Crovi, "Il gigante e la Madonnina" (Rizzoli, pag. 192, euro 16), che mentre si addentra nei misteri di una nuova indagine del commissario De Vincenzi (poliziotto di culto del giallo italiano creato da Augusto De Angelis a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta al quale Crovi rende omaggio), tra oscuri suicidi all'ombra del Duomo e malavitosi senza scrupoli, in realtà racconta Milano e le sue mille storie di uomini, piccoli e grandi. Il gigante del titolo, in effetti, è proprio il pugile Primo Carnera che nel maggio 1932 tornò sul ring allo stadio di San Siro (il primo incontro era stato nel 1928 contro l'atleta di colore Epifanio Islas).
La vicenda si sviluppa intorno a questo avvenimento storico e con l'arrivo del pugilatore friulano alla Stazione Centrale, l'autore trova l'occasione di raccontarci la nascita del nuovo scalo ferroviario che prese il posto di quello storico (nella attuale piazza Repubblica) bruciato nel gennaio 1923 e dei segreti della nuova stazione (inaugurata nel 1931), tra i quali i lussi del "padiglione reale", costruito, tra bassorilievi e lampadari di Murano, pavimenti in legno intarsiato e passaggi segreti per permettere ai Savoia di arrivare e partire dal capoluogo lombardo con tutti gli agi e senza essere notati. Ma ogni gigante che si rispetti deve avere al suo fianco un nano.
Ed ecco che negli sviluppi delle indagini spunta anche Giovannino Bignoli, il "nano Bagonghi", piccolo grande uomo di settantacinque centimetri che da Galliate, in provincia di Novara, partì affascinato dalle magie del circo e dalla voglia di riscatto da una vita di sberleffi, e fece fortuna in Francia, poi in Germania e in tutto il mondo tra piroette, acrobazie e un soprannome ereditato da un altro nano, famoso lottatore.
Crovi, tra le pieghe della sua storia, racconta così l'amicizia tra il pugile gigante e l'acrobata nano, ma racconta soprattutto lo spirito di una città aperta, libera, capace di accogliere e dare una possibilità a tutti. Con il gigante e il nano, poi non può mancare anche un re. In questo caso, il re della canzone meneghina Giovanni D'Anzi, figlio del laborioso popolo meneghino e di via Conca del naviglio quando ancora non si chiamava così.
E così apprendiamo la sua storia, la sua scoperta quasi casuale del pianoforte, gli esordi che ci portano nei locali della Milano della Prima Guerra mondiale, al cinema Trappolin in cui i film muti venivano accompagnati al pianoforte, nelle serate danzanti all'albergo Palace, fino all'incontro con Arturo Toscanini.
Sotto lo sguardo attento della Madonnina, vediamo tra le pieghe del romanzo crescere un altro grande cittadino di Milano, capace di conquistare le platee di mezzo mondo e il cuore delle soubrette senza dimenticare la sua terra dove torna, carico di onori e di qualche ferita della vita.
Il libro di Crovi vive del pulsare delle atmosfere e delle mille storie della grande città, molte delle quali apprese, come spiega lo stesso autore, dalle cronache dell'epoca del Corriere della Sera. E' la Milano della ligera, la malavita locale, così chiamata perché (ancora fino agli anni Sessanta), briganteggiava, ma senza armi, in una sorta di codice deontologico criminale. Un piccolo mondo di truffatori strapaesani, consapevoli ancora del limite tra l'arrangiare la vita e il male senza rimedio, che pure esiste ma va isolato e fermato. E "O mia bela Madonnina"?
Quella, come si ricorderà, inizia con un piccolo risentimento verso chi incensa la canzone napoletana. E in effetti, la storia racconta che Giovanni D'Anzi si esibiva al Trianon e al Pavillon Dorè, un locale posto sotto al teatro e dove il musicista intratteneva il pubblico fino a tardi, permettendo a chi voleva di incontrare attori e cantanti. In quel periodo Al Trianon, da mesi, si esibiva una compagnia di napoletani e il D'Anzi pare che masticasse amaro a suonare solo musica partenopea.
Così una sera, forse ispirato da una poesia di Vespasiano Bignami e con Arturo Bracchi si mette al piano e... Non vi sveleremo tutti i particolari per non togliere il gusto della scoperta, in compenso ci faremo perdonare con i mondeghili, le tipiche polpette milanesi, visto che la gastronomia è il centro di ogni cultura. Come quasi tutte le polpette nascono dalla necessità di recuperare la carne del giorno prima, quasi sempre lesso. Con l'aggiunta di latte, uova, pangrattato, parmigiano, aglio, cipolla, prezzemolo. Il nome? Deriva dallo spagnolo albondeguito, a sua volta derivato dall'arabo al-bunduo. Come si vede l'integrazione è sempre stata nel cuore e nella bocca dei milanesi.