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 2022  marzo 10 Giovedì calendario

Intervista a Carla Signoris


Carla Signoris è una che se si deve fare una bella risata, lo spunto lo prende spesso dagli aspetti grotteschi che la vita le offre. La risatona l’aveva fatta dopo la notizia di una insegnante che in una scuola media di Roma, parlando di eroi ed eroine, ha mostrato il video di un suo vecchio personaggio: «Tutta Patata», che sparava fulmini e saette dalle zone intime. Con grandi proteste dei genitori. Lei, la Signoris, tuffata in una pochade suo malgrado.
Carla, la prima reazione?
«Sono scoppiata a ridere. Tutta Patata uscì 30 anni fa quando forse la percezione su quel che si diceva era diversa. Comunque anche allora non aveva nulla di pornografico, di allusivo. Dopo tanto tempo sembra chissà che e invece non era niente. C’è gente che permette ai figli di 8 anni di guardare Squid Game e la Banda Bassotti fa scalpore. Ora censurano persino Dostoevskij».
Dove si andrà a finire?
«Un momento: ben venga una maggiore attenzione, meglio questo che niente. Penso che per trovare l’equilibrio si debba passare da un estremo all’altro. Ci vuole il pensiero per arrivare al giusto mezzo».
È vero, un tempo c’era maggiore scorrettezza. In un suo sketch esilarante lei su di giri raccontava la sua giornata tipo: “Mi alzo alle 4 del mattino riassetto casa, preparo colazione e pranzo, porto i bambini a scuola, lavoro, palestra, preparo la cena, cucio, stiro e aggiusto la tele rotta. Ma come fa?, le chiedeva l’intervistatore. E lei serafica: mi drogo».
«Ecco, oggi quello sketch forse non me l’avrebbero più fatto fare».
Oggi c’è una divertentissima pubblicità di un ragazzo che bussa ai vicini...
«...chiedendo un etto di farina 00 e gli apre il cartello di Medellin in pieno assetto. Il cane guarda il ragazzo basito e dice “Compagnia sbagliata?”. Esilarante, anche io ho paura che la tolgano dalla tv, troppo bella».
Forse tv e cinema dovrebbero rivolgersi ai creativi per uscire dall’eterno remake. Oggi stiamo parlando di Studio Battaglia, adattamento, appunto, dalla serie inglese The Split, nella quale la vediamo protagonista della storia orizzontale, che attraversa tutte le puntate.
«Le dico una cosa, è un ottimo adattamento e mi sento addirittura di trovarlo migliore dell’originale. Un family drama vestito da legal nel quale io sono Carla, (la scelta del mio stesso nome mi inquieta) perché la poveretta va dall’avvocato con il marito ricco convinta che lui le voglia intestare qualcosa e invece scopre che lui vuole divorziare. E da lì un’escalation di sfighe che la costringeranno a riprendere in mano la sua vita. Per dire che ce la possiamo fare a rialzarci. La regia, la scrittura, sono molto eleganti, c’è una Milano che è più bella di quanto già non sia, lo studio legale delle Battaglia meravigliosamente antico e l’altro nel quale una delle avvocate Battaglia lavora, ipermoderno. Questo significa che possiamo crescere insieme».
Però, diciamocela tutta, che si usi un ospedale, una stazione di polizia, uno studio legale, alla fine si dicono sempre le stesse cose: sentimenti, amori, corna, paure, insoddisfazioni, cambia solo il contenitore, non trova?
«Forse è vero, ma è la vita. La vita è così dovunque la metti. Qui resiste il senso etico di una professione cinica per antonomasia, ci sono i temi forti e anche i personaggi più piccoli sono rotondi, nessuno è abbandonato, ognuno porta una storia, la vita e la sua quotidianità».
Ha detto che questo personaggio piange in continuazione, proprio lei che è una delle poche attrici brillanti che abbiamo.
«A me piace fare il mio mestiere, comunque mi debba esprimere. Non mi piace ripetermi e dico di no ai personaggi di servizio. Ho rifiutato tante offerte per questo e per stare con i miei figli che ora sono cresciuti e dunque sono più disponibile».
Il cinema come lo vede?
«In crisi per mancanza di idee, dovrebbe appoggiarsi meno a quello che sulla carta funziona. Non essendo spettacolare, dovrebbe avere un guizzo di fantasia che non ha».
In compenso il teatro va benissimo.
«È vero. Io sono rimasta a Roma per andare al Teatro Argentina a vedere M. Il figlio del secolo, tratto dal romanzo di Antonio Scurati. Ho preso i biglietti un mese fa per riuscire a vederlo. A Milano era tutto esaurito».
Una buona cosa in questo momento tanto buio.
«Terribile, io vivo allacciata alle notizie e sto leggendo l’ultimo libro di Gino Strada. La guerra deve essere un tabù». —