la Repubblica, 10 marzo 2022
Che cosa succede se la Russia non paga i debiti
Per l’agenzia Fitch, un default della Russia, la possibilità cioè che non riesca a onorare il debito, è ormai «imminente». Mentre ancora ieri un’analisi di Algebris sottolineava come, grazie alla vendita di materie prime agli attuali prezzi, Mosca dovrebbe riuscire a controbilanciare gli effetti delle sanzioni e a rispettare le scadenze sulle obbligazioni.
Cosa significa “default”?
Il default è lo stato di insolvenza in cui si trova un Paese quando non riesce più a onorare i debiti, in termini di pagamento degli interessi e/o di rimborso del capitale. Quando un governo dichiara il default, partono le negoziazioni con gli obbligazionisti per la ristrutturazione del debito.
Nell’attuale situazione della Russia, appare, però, difficile ipotizzare che le varie parti possano sedersi a un tavolo per trovare un accordo.
Quali sono le cause dell’insolvenza?
Un eventuale default di Mosca non deriverebbe dalla mancanza di risorse, ma dalle sanzioni occidentali per fermare l’invasione dell’Ucraina.
Pesa, in particolare, il “congelamento” di 640 miliardi di dollari di riserve internazionali in valuta estera. Una punizione epocale a cui il presidente Vladimir Putin ha risposto con un decreto che permette di pagare in rubli russi (fortemente svalutati) i creditori dei “Paesi impegnati in attività ostili”.
Quali potrebbero essere le tappe?
Per comprendere se Mosca andrà in default, vanno monitorate alcune scadenze. La prima è il 16 marzo, quando la Russia dovrebbe pagare cedole per 107 milioni di dollari su due obbligazioni, mentre per quel che riguarda il capitale sono previsti un rimborso da 359 milioni di dollari per la fine del mese e uno più massiccio da 2 miliardi di dollari per il 4 aprile. La prima data rivelatrice potrebbe essere, però, il 15 aprile, quando scadrà il “periodo di grazia” (tempo in più per risolvere problemi tecnici) di un mese concesso per i rimborsi delle cedole di metà marzo.
Quali sono le conseguenze per la Russia?
Mosca, in caso di default, potrebbe subire conseguenze in termini di reputazione e credibilità e di esclusione dai mercati dei capitali. La Russia conta circa 40 miliardi di dollari di titoli sovrani diffusi a livello internazionale e suddivisi in una quindicina di emissioni in euro e in dollari. Molto più esteso il debito in obbligazioni delle società russe, che supera 200 miliardi di dollari. Un’insolvenza coinvolgerebbe inevitabilmente i gruppi a partecipazione pubblica, a partire dai colossi del gas e del petrolio Gazprom e Rosneft. Il 7 marzo, Gazprom ha rimborsato 1,3 miliardi di dollari di obbligazioni, secondo alcune interpretazioni per la mancanza di tempo materiale per adeguarsi al decreto Putin.
E per l’Europa e l’Italia?
L’Ue e l’Italia sono nella lista dei Paesi che riceveranno i pagamenti in rubli sulle obbligazioni. Un problema che si pone soprattutto per i bond societari, molto più diffusi di quelli statali, anche tramite prodotti di investimento venduti al largo pubblico. Tanto per citare un esempio, tra gli obbligazionisti Gazprom rimborsati lunedì, il sito di Bloomberg segnalava, per pochi milioni, Fideuram – Intesa Sanpaolo private banking, a sua volta esposta tramite l’investimento in un fondo di Aberdeen. C’è poi da considerare che il debito russo è spesso inserito in prodotti finanziari collegati ai mercati emergenti. Risulta, in ogni caso, molto difficile prevedere l’impatto sulle Borse di una insolvenza di Mosca.
Cosa successe nel 1998?
L’ultimo default della Russia risale al 1998, all’epoca della presidenza di Boris Eltsin. A luglio, in risposta a una crisi economica causata anche dalla discesa del petrolio, il Fondo monetario internazionale (Fmi) aveva varato un piano di sostegno da quasi 23 miliardi di dollari. La misura non bastò a scongiurare il default, che si materializzò adagosto con una sospensione dei pagamenti sui titoli in rubli a breve termine e una moratoria di 90 giorni sulle obbligazioni in valuta estera.