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 2022  marzo 10 Giovedì calendario

Intervista a Hu ovvero a Federica Ferracuti

«Preparo le lacrime ma anche le scarpe comode per ballare», ha scritto Hu su Instagram nell’annunciare l’uscita del suo album d’esordio Numeri primi. Una frase che condensa gli intenti: negli 11 brani l’elettronica incontra testi profondi, la musica da club sublima il dolore e racconta il mondo interiore della 27enne marchigiana Federica Ferracuti, una delle voci-rivelazione dell’ultimo Sanremo, dove è stata in gara insieme a Highsnob.
«Numeri primi» parla di unicità.
«Sono partita dall’idea dei numeri primi perché per tanto tempo mi sono sentita sbagliata e non adeguata».
Sanremo l’ha temprata?
«La prima sera non credevo che sarei stata in grado di scendere le scale. Ho pensato a tutti i drammi possibili: ora cado, mi cade il microfono, stono. Invece è andata bene e me la sono anche goduta».
Qual è ora il suo obiettivo?
«Nell’album parto da piano e voce per andare verso la techno. Sogno di portare la musica cantautorale e poetica nella direzione del club. E poi di portare la scena dei club europei nel nostro pop».
Lei canta, suona, produce.
«Compro anche un sacco di strumenti. Nasco chitarrista jazz, ma ho imparato a suonare il piano, il basso, la batteria, mi mancano solo i fiati».
Il nome Hu da dove arriva?
«Mi piace la cultura egizia: ho scoperto una divinità che si chiama Hu, né uomo né donna né animale: dava agli esseri umani facoltà di pensiero e parola. È un nome corto e assonante con who, cioè “chi” in inglese».
Quando parla d’amore si rivolge a delle donne. Ha mai avuto timori a farlo?
«Sono dichiaratamente omosessuale, quindi non mi sono mai fatta problemi. Poi è una scelta che non si può imporre, tanti artisti non vogliono esporsi e lo capisco, ma per me essere artisti vuol dire anche lanciare dei messaggi che facciano del bene. La musica non è solo intrattenimento, dentro c’è qualcosa che resta, e io ho deciso di espormi per le cose in cui credo e che magari mi sono mancate».
Le amiche
Avevo due amiche: una non mi invitava più a casa sua, per l’altra non dovevo neanche esistere
In «Mamma» parla proprio del suo coming out.
«Ho fatto coming out a 19 anni. Dieci anni fa era un’altra generazione perché i tempi vanno velocissimi. «Mamma» parla soprattutto del non corrispondere alle aspettative di chi ti ha creato».
Nelle nuove generazioni sembra quasi che il coming out sia superato. È così?
«Non proprio. Io ho fatto un sacco di fatica ad accettarmi. Non c’era nessuna persona dichiarata intorno a me, mi sentivo freak anche se ero normalissima. Il mondo non era friendly e open come sembra ora, anche se a volte credo ci sia un’apertura di apparenza. Ma il coming out è ancora importante perché non è solo dirlo fuori, è anche dirlo a te, accettarti, rispettarti. Nei ragazzi la leggerezza è giusta, ma tante situazioni andrebbero spiegate a scuola».
Che cosa le è mancato?
«Se c’è l’ora di religione, non puoi non mettere la politica, l’educazione sociale e sessuale. Io non sapevo dove trovare le informazioni, mi sono fatta forza da sola. C’è Internet, ma è un mare da filtrare e può anche fare danni».
Ha dovuto affrontare delle situazioni difficili?
«L’ultimo anno di scuola non volevo salire sull’autobus perché mi prendevano in giro. Sembrava quasi che fossi pericolosa. Avevo due amiche: una non mi invitava più a casa perché la mamma temeva che tentassi degli approcci con sua figlia. L’altra veniva da una famiglia di CL, per cui ero proprio sbagliata, non dovevo neanche esistere».
E la sua famiglia?
«Mi hanno sempre detto “fai quello che ti rende felice” e mi hanno voluto bene. Il giorno in cui ho fatto coming out ho anche lasciato l’università per iscrivermi al Conservatorio. Se non avessi avuto quella forza, ora non so dove sarei. Invece sono felice e orgogliosa della mia vita. Ma me la sono sudata».
Le è stato poi diagnosticato un problema all’udito.
«Ho passato un periodo nero, con la paura di non sentirci più. C’è stato un danno importante all’orecchio sinistro, l’altro sta bene, ma è da capire. All’inizio è stato un dramma, ma poi ho fatto un’estate come turnista di Emma e un tour da sola. Dovevo trovare un modo per far funzionare le cose e ce l’ho fatta».