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 2022  febbraio 03 Giovedì calendario

Biografia di Monica Vitti

Monica Vitti (1931-2022). All’anagrafe Maria Luisa Ceciarelli. Attrice. Tra i suoi film: L’avventura (1960), La notte (1961), L’eclisse (1962), Deserto rosso (1964), tutti di Michelangelo Antonioni; La ragazza con la pistola (Monicelli, Nastro e David di Donatello 1969 miglior protagonista), Amore mio aiutami (Sordi, 1969), Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca (Scola 1970), Ninì Tirabusciò: la donna che inventò la mossa (Fondato, David 1971), Teresa la ladra (Di Palma 1973), La Tosca (Magni 1973), Polvere di Stelle (Sordi, David 1974), L’anatra all’arancia (Salce, Nastro e David 1976), Il fantasma della libertà (Buñuel 1974), Amori miei (Steno, David 1979). «In mezzo tra le milanesi Valeri e Melato, la romana Vitti tenne alta la bandiera della comicità al femminile. Entrandoci da un ingresso laterale, quello della ragazza borghese da collegio, con famiglia che cordialmente la sconsigliava, e poi dell’attrice drammatica diplomata nel ’53 a pieni voti all’Accademia dopo un burrascoso inizio. Inizia subito in palcoscenico col maestro Tofano con cui recita Machiavelli, la tragedia greca, Brecht, passando poi al teatro milanese del Convegno di Enzo Ferrieri come Ofelia in un Amleto di Bacchelli e Bella di Meano. Intanto, mentre doppia Dorian Gray nel Grido, dopo aver fatto tanti doppiaggi anche con Fellini, e fa una particina nelle Dritte, conosce il grande Michelangelo Antonioni con cui scatta un colpo di fulmine sentimentale e artistico. Antonioni dirige per lei l’unica compagnia teatrale della sua vita mettendo in scena Io sono una macchina fotografica di Van Druten (alla radice di Cabaret) e Scandali segreti, poi ancora Ricorda con rabbia dell’arrabbiato Osborne con Giancarlo Sbragia, ma era un gruppo in anticipo sui tempi. Con Antonioni la Vitti entra diretta nella storia del cinema, diventa la bella, moderna musa bionda dell’incomunicabilità, anche tra polemiche: il successo di Cannes dell’Avventura li ripaga di tutto, la Francia arrivò prima di noi a intuire il genio di un film ancora oggi modernissimo. La Vitti espresse benissimo con quel suo fisico bello ma alternativo rispetto ai canoni, tutta la gamma controversa dell’infelicità, l’incapacità di amare e agire, l’essere o non essere del cuore. Famosa in tutto il mondo la trilogia dell’incomunicabilità di Antonioni, L’avventura, La notte e L’eclisse, dal ’60 al ’63, dove ama con molta fatica prima Ferzetti, poi Mastroianni e infine Delon, durante la vera eclissi di sole del ’62: a queste inquietudini nevrotiche l’attrice regala una sottile sensibilità personale, una verità non replicabile. Finisce le ansie con Deserto rosso, Leone d’oro a Venezia, in cui il regista, con la complicità di Carlo Di Palma (che sarà un altro suo grande amore) reinventa la realtà di Ravenna con il colore, senza computer. Ed anche qui si soffre per il cuore: la battuta “mi fanno male i capelli” diventa ironica anche se la pronunciava uguale Rock Hudson ne Il letto racconta. Quando Michelangelo espatria per Blow up, anche la Vitti cambia registro e partner» [Porro, CdS]. «Il film con cui si fa segnare la svolta è La ragazza con la pistola (1968) di Monicelli, in cui, donna siciliana ferita nell’onore, inseguiva il suo seduttore fino in Inghilterra, in parrucca e impermeabile nero di plastica. Ma già c’erano stati, poco prima, ruoli di rilievo in quel senso: un episodio di Le fate, Ti ho sposato con allegria di Salce, La cintura di castità di Pasquale Festa Campanile. Alla commedia rimarrà da allora sostanzialmente legata, con qualche eccezione in prestigiosi film d’autore (La pacifista di Miklos Jancso, 1971, ma soprattutto Il fantasma della libertà, 1974, di Buñuel) e un ritorno con Antonioni per Il mistero di Oberwald (1978), da Cocteau. È nella commedia che Vitti trionferà, negli anni ’70, sapendola innervare di una malinconia tutta sua (“E mi struggevo dalla malinconia...” ripete in tribunale, in A mezzanotte va la ronda del piacere di Marcello Fondato), in personaggi piccolo-borghesi e proletari spesso travolti dalle nuove dinamiche famigliari e sessuali, di tradimenti, separazioni e amori incrociati. Erano gli anni del femminismo, e di una commedia erotica e un po’ incanaglita: le trame, in fondo, erano le stesse della trilogia di Antonioni, ma l’alienazione era diventata farsa (“Di che natura è il mio male? Ho avuto un trauma? Sono sotto shock? È un disturbo neurovegetativo? O è perché sono mignotta?”, così il personaggio di Dramma della gelosia). Con un che di bovaristico nel suo essere donna del popolo sognante o borghese in crisi, divisa tra due uomini appunto in Dramma della gelosia o in A mezzanotte va la ronda del piacere di Marcello Fondato, in cui prendeva una quantità di sonore sberle. Quanti ceffoni ha preso la Vitti negli anni ’70 e ’80 fin da Amore mio aiutami, sulle dune di Sabaudia... Con Sordi, nel suo periodo peraltro meno felice, farà altri due film, e la ricordiamo in Polvere di stelle (in cui faceva la soubrette, come spesso le capitava, ironica e sexy, vestita da hawaiana su un osceno couplet); ma Sordi era in decadenza, e il film più divertente di Vitti in quegli anni è forse una vecchia pochade rifatta da Luciano Salce, L’anatra all’arancia» [Morreale, Rep]. «Era bellissima e aveva mille facce, cosa che le donne bellissime di solito non hanno, occupate come sono a non sciupare la loro immagine. Lei faceva la ragazza con la pistola, diretta da Mario Monicelli, un concentrato di femmine siciliane, e poi cantava stralunata a una Canzonissima negli anni Settanta: Io non capisco la gente che non ci piacciono i crauti. Un attimo dopo crauti rimava con cauti, una ballata bislacca firmata da Ivan Della Mea» [Mancuso, Foglio]. Il 28 settembre 2000 ha sposato, dopo 27 anni di convivenza, il regista Roberto Russo, già fotografo di scena di Antonioni, con cui ha girato nell’83 Flirt e nell’86 Francesca è mia. Nel 2000, affetta da una malattia degenerativa simile all’Alzheimer, ha abbandonato le scene. Il 14 marzo 2002, a Roma, la sua ultima apparizione pubblica, in occasione della prima teatrale italiana del Notre-Dame de Paris musicato da Riccardo Cocciante. «Oltre vent’anni di silenzio, fino ad oggi. Nel mondo del cinema non si sapeva nemmeno dove fosse. Per anni si è detto che era in una clinica svizzera, poi alla fine si è saputo che quasi sicuramente era a Roma, chiusa in casa, a due passi da Piazza del Popolo» [Crespi, Rep]. «“Monica stava ancora relativamente bene”, commenta affranto il marito regista Roberto Russo, “se ne è andata quasi all’improvviso, nel giro di un giorno e mezzo. Per me è un colpo tremendo, sono sconvolto”. Monica, racconta ancora Russo, si era sentita male dopo cena, nella casa di via Angelo Brunetti, alle spalle di piazza del Popolo. L’ambulanza cha la stava portando al Campus Biomedico per un controlo, visto l’aggravamento delle sue condizioni, ha dirottato sul più vicino ospedale Santo Spirito, dove l’attrice, tra le braccia del marito, si è spenta» [Satta, Mess]. Domani la camera ardente in Campidoglio, dalle 10 alle 18. I funerali si terranno sabato alle 15, nella Chiesa degli Artisti, in piazza del Popolo.