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 2022  febbraio 03 Giovedì calendario

Biografia di Shintaro Ishihara

Shintaro Ishihara (1932-2022). Scrittore. Politico. Una delle figure più controverse della politica giapponese. «Era diventato famoso per meriti artistici: originario di Kobe, nel 1956, alla fine del suo percorso di studi alla Hitotsubashi University di Tokyo, vinse il prestigioso premio letterario Akutagawa grazie a un romanzo, Taiyo no Kisetsu, “La stagione del Sole”, poi trasformato in un film di successo dal regista Takumi Furukawa. Scrisse, in seguito, romanzi e sceneggiature, tentò perfino una versione musicale dell’Isola del tesoro. Passò del tempo da bohémien, raccontano le cronache dell’epoca, in moto in Sudamerica e sulla sua barca da competizione, il Contessa III. È di quel periodo la famosa fotografia che lo ritrae insieme al suo amico Yukio Mishima, con cui condivideva la passione per la scrittura e le arti. Insieme rappresentavano un certo tipo di conservatorismo che ancora oggi è solo giapponese, e che ha a che fare con la grandezza dell’Impero e una nostalgia nazionalista mai risolta. Mishima, il 25 novembre del 1970, si ammazzò in un rituale, tentando un colpo di stato con le Forze di autodifesa nipponiche, criticando la Costituzione post-bellica e urlando “Lunga vita all’Imperatore!”. Per i conservatori nipponici più puri, quello di Mishima fu un messaggio giusto, ma estremamente egoista. Della coppia artistica preferirono Ishihara, che due anni prima era entrato in politica per mettersi al servizio della comunità. Trascorse molto tempo nella Dieta giapponese, tra le fila del Partito liberal democratico, e, sebbene si stesse facendo strada come politico, la notorietà, anche internazionale, arrivò soltanto nel 1989 grazie alla letteratura. È l’anno in cui in Giappone esce un libro controverso, Il Giappone che sa dire no, un saggio sulla “superiorità” giapponese che si era assoggettata troppo non solo ai due nemici di sempre, secondo Ishihara – cioè i comunisti e la Cina – ma anche all’America. I salvatori che avevano dotato il Giappone di un sistema democratico si erano presi troppo, scriveva Ishihara, e i giapponesi avrebbero dovuto imparare a “dire di no” (nella lingua giapponese usare l’espressione “no”, o “iee”, è quasi considerato un segno di maleducazione). In mezzo a molte teorie piuttosto confuse e piene di retorica nazionalista, per la prima volta sin dal dolorosissimo Dopoguerra i giapponesi leggevano qualcosa che in molti pensavano: avremo forse regalato troppo all’America? La notorietà di quel libro lo premiò quando si candidò a governatore di Tokyo, nel 1999. Sulla poltrona […], Shintaro Ishiara ci restò fino alle dimissioni, il 31 ottobre del 2012, quando tutti dissero: è la fine di un’èra […]. A Tokyo era apprezzato soprattutto per aver trasformato la città in una efficiente macchina da produzione, e non aveva paura di prendere decisioni impopolari (quando la città fu invasa da corvi aggressivi decise di abbatterli; quando ci fu il razionamento energetico dopo l’incidente di Fukushima, e lui spense le luci della città). Ma finiva ciclicamente sulle prime pagine dei giornali per dichiarazioni e provocazioni al limite della legalità: sulle donne, sui comunisti, sugli immigrati. E poi quella che forse lui considerava la sua miglior medaglia: nel 2012 guidò una campagna di raccolta fondi per acquistare le isole Senkaku, che la Cina rivendica come suo territorio e chiama Diaoyu. Ne nacque una crisi diplomatica tra Tokyo e Pechino e uno standoff, davanti a quegli isolotti nel mar cinese orientale, che va avanti ancora oggi» [Pompili, Foglio]. È morto ieri a Tokyo. Aveva 89 anni.