1 febbraio 2022
Tags : Gerard Piqué (Gerard Piqué Bernabéu)
Biografia di Gerard Piqué (Gerard Piqué Bernabéu)
Gerard Piqué (Gerard Piqué Bernabéu), nato a Barcellona (Spagna) il 2 febbraio 1987 (35 anni). Calciatore. Di ruolo difensore. Giocatore del Barcellona (dal 2008), già del Manchester United (2005/2006, 2007/2008) e del Real Saragozza (2006/2007). Ex giocatore della Nazionale spagnola (2009-2018). Vincitore, tra l’altro, di un campionato inglese (2007/2008), otto campionati spagnoli (2008-2011, 2012/2013, 2014-2016, 2017-2019), quattro Champions League (2007-2009, 2010/2011, 2014/2015), un campionato mondiale (2010) e un campionato europeo (2012). «Preferirei morire piuttosto che dover giocare per il Real Madrid» • «Piqué è nato e cresciuto tifoso del Barcellona grazie al nonno Amador Bernabéu, direttore e vicepresidente di lungo corso del club, che al momento della nascita lo ha iscritto come membro del club» (Richard Martin). «Gerard Piqué proviene da una facoltosa famiglia catalana. […] Il padre Joan, infatti, è un noto avvocato e imprenditore di successo, mentre la madre Montserrat dirige un centro ospedaliero» (Sara Sirtori). La sua precoce passione per il calcio rischiò di risultargli fatale: a soli diciassette mesi, infatti, nel tentativo di rincorrere il pallone, precipitò insieme a esso dal terrazzo di casa, finendo in coma per un paio di giorni. «Ha frequentato le scuole migliori di Spagna, tutte rigorosamente private e dalle rette astronomiche» (Sirtori). «Gerard Piqué inizia a giocare a calcio fin da bambino, entrando a 10 anni nelle giovanili del Barcellona a La Masia. Qui fa tutta la trafila, passando in 8 anni dalla categoria Alevín B alla Juvenil A. È utilizzato in vari ruoli difensivi, principalmente come centrale o mediano, e cresce tecnicamente e tatticamente» (Paolo Camedda). A Barcellona si dimostrò presto uno dei migliori elementi della «squadra Under 15 più forte di sempre, i cadetti blaugrana dell’87, che a inizio secolo vincevano i trofei senza lasciare per strada nemmeno un pareggio. Vittorie. Vittorie soltanto. Vittorie e basta. Il colosso di quella difesa era un ragazzone dell’alta borghesia di Barcellona, Gerard Piqué. […] La mente del centrocampo era un ragazzo di Arenys de Mar, lì dove il litorale catalano sta per diventare Costa Brava (comincia ufficialmente poco più a Nord, a Blanes), di nome Cesc Fàbregas. I gol – decine di gol, centinaia negli anni –, li segnava Lionel Messi, un ragazzetto così minuto da essere subito ribattezzato Pulga, pulce, arrivato nel 2000 da Rosario, Argentina, perché il Barça aveva acconsentito a pagargli le cure necessarie per stimolarne la crescita pigra. […] Una squadra in cui l’enormità del talento concentrato si dispiegava sul campo senza l’avarizia dei calciatori professionisti. Giocavano con la freschezza dei bambini, ed erano già campioni» (Paolo Condò). «Il Manchester United resta impressionato da quel ragazzone alto un metro e 94 centimetri per 85 chilogrammi, e il 1° luglio 2004 ne rileva il cartellino pagandolo 5 milioni e 250 mila euro» (Camedda). «Sir Alex Ferguson era così desideroso di avere a disposizione il centrale, all’epoca 17enne, che raggiunse il giocatore e la sua famiglia a cena. “Ne fui sorpreso, perché allenava lo United da 20 anni ma trovò comunque il tempo di raggiungermi e parlare con la mia famiglia e con me”, ricorda Piqué, che ha definito Ferguson come un “secondo padre”. Nelle tre stagioni allo United, Piqué ha disputato 23 partite in tutte le competizioni, segnando anche due gol. In quel periodo la squadra ha vinto la Coppa di Lega nel 2006 e la doppietta Premier League e Uefa Champions League nel 2008. Nel 2006/07 il Manchester lo ha ceduto in prestito in Spagna al Real Saragozza. Ha scelto di tornare in Spagna perché allo United non era facile togliere una maglia da titolare al consolidato duo difensivo composto da Rio Ferdinand e Nemanja Vidić. “Erano una delle migliori coppie di difensori centrali del mondo. Era davvero difficile per me trovare spazio”, ha raccontato lo spagnolo» (Martin). «Il 1° luglio 2008, […] il centrale catalano fa così ritorno dove tutto era iniziato, ovvero al Barcellona, ben lieto di riprenderselo per 5 milioni di euro. Indossata la maglia blaugrana, si consacra come grande campione vincendo praticamente tutto, con un palmarès personale ricchissimo: 8 titoli di Spagna, 6 Copas del Rey, 6 Supercoppe spagnole, 3 Champions League, tutte da protagonista, 3 Supercoppe europee e 3 Mondiali per club. Gli anni più belli sono quelli con Pep Guardiola in panchina, nei quali si afferma come uno dei centrali difensivi più forti al mondo, forte fisicamente e roccioso in marcatura, ma anche abile tecnicamente in fase di impostazione della manovra nel celebre tiki-taka praticato dall’ex centrocampista. Diventa un simbolo del Barcellona e del barcellonismo, in contrapposizione al Real Madrid e al madridismo» (Camedda). «Pep ha bisogno di difensori in grado di giocare con molto campo alle spalle, bravi nell’anticipo e soprattutto a proprio agio con il pallone tra i piedi. Guardiola vede in Piqué il perfetto sostituto di un marcatore vecchio stampo come Rafa Márquez, e, complice il ritiro di Lilian Thuram, lo affianca da subito all’inamovibile Puyol. Il resto, possiamo dirlo, è storia» (Alberto Faini). «Piqué è stato campione d’Europa per due stagioni consecutive con due squadre diverse. Nella vittoria dello United nel 2008 in Uefa Champions League, lo spagnolo è sceso in campo appena tre volte, rimanendo in panchina in finale, mentre nella vittoria del 2009 del Barcellona, nella finale di Roma contro la sua ex squadra, Piqué è partito nell’11 iniziale. La partita è ricordata per la supremazia del Barça a centrocampo, ma Piqué è stato fondamentale nelle prime battute della partita, quando un suo intervento ha impedito a Park Ji-sung di portare in vantaggio lo United» (Martin). «I grandi successi di Piqué non sono tuttavia legati soltanto alla maglia blaugrana del Barcellona, ma anche a quella rossa della Spagna. In Nazionale il difensore debutta l’11 febbraio 2009 nella vittoria per 2-0 in amichevole contro l’Inghilterra e si toglie grandi soddisfazioni. Nel 2010, in Sudafrica, in coppia con Puyol, è uno dei pilastri della squadra di Vicente del Bosque, che l’11 luglio, superando 1-0 in finale l’Olanda, si laurea per la prima volta nella sua storia campione del mondo. Due anni più tardi bissa il trionfo anche a livello continentale, vincendo il 1° luglio gli Europei con un sonoro 4-0 nella finale all’Italia di Cesare Prandelli. Poi il suo rapporto con la Nazionale diventa conflittuale, soprattutto quando il giocatore esplicita le sue posizioni indipendentiste. Nel 2017, in particolare, si schiera a sostegno del referendum per l’indipendenza della Catalogna e viene duramente criticato dall’opinione pubblica spagnola. […] Nonostante le critiche di alcuni compagni e di parte dei tifosi, Piqué continuerà a rappresentare le Furie Rosse anche fino ai Mondiali 2018, i terzi della sua carriera, dopo aver preso parte senza gloria anche all’edizione 2014 in Brasile. Proprio ai Mondiali 2018, il 1° luglio, al termine della sfida degli ottavi di finale persa con la Russia ai rigori, decide di ritirarsi, con un record personale di 102 presenze e 5 goal. Nel 2019, fedele ai suoi ideali, ha partecipato anche all’amichevole internazionale giocata dalla Selezione catalana contro il Venezuela. […] Nel 2018, a 30 anni compiuti, ha rinnovato il suo contratto con il club catalano fino al 2022, e nell’accordo è stata inserita una clausola rescissoria da ben 500 milioni di euro» (Camedda). «Con la crisi del club degli ultimi due anni, ci si è iniziati a interrogare sul presente, e sul futuro, di un pilastro blaugrana come Gerard Piqué. Gli enormi problemi finanziari del club, uniti al dolorosissimo addio di Messi, hanno infatti spinto la squadra a fare gruppo intorno ai membri fondanti dello spogliatoio. […] Un Barça senza i gol di Messi (e Suárez) deve necessariamente coprirsi di più, e giocare meno nella metà campo avversaria: ed è proprio in queste situazioni che emergono i limiti maggiori di Piqué in fase di difesa posizionale. […] Al momento il Barcellona è una realtà senza un progetto, e Gerard Piqué è uno degli sfortunati protagonisti. […] Delle qualità da leader viste con Guardiola o nei primi anni in Nazionale sembra essere rimasto davvero poco» (Faini). «Dopo l’addio tra le lacrime di Lionel Messi, il calciatore che per età e curriculum avrebbe dovuto vestire la fascia di capitano del Barcellona era senza dubbio Piqué. Da vari anni leader senza fascia e principale uomo a metterci la faccia dopo sconfitte dolorose, come ad esempio quella per 8-2 in Champions League contro il Bayern Monaco, quando il capitano Messi abbassò la testa nello spogliatoio senza proferire verbo, il difensore catalano sembrava essere il principale indiziato a questo ruolo, apparentemente simbolico, ma di grande responsabilità. Invece, a succedere a Puyol, Xavi, Iniesta e Messi non è stato il più carismatico, bensì uno dei più pacati, […] Sergio Busquets» (Antonio Moschella). Nell’agosto 2021, comunque, «Gerard Piqué ha aiutato il Barcellona a vincere la lotta contro il tempo per iscrivere Memphis Depay, Manaj e Eric García. Come? Abbassandosi significativamente lo stipendio. […] Le rigide regole del salary cap non permettevano il tesseramento dei nuovi acquisti, e il canterano è stato tra i più rapidi a contribuire all’abbattimento della massa salariale per l’inserimento dei compagni» (Filippo Maria Ricci) • Molto attivo in ambito imprenditoriale. «Gerard Piqué è un imprenditore affermato. È il fondatore e presidente della Kosmos, una società di investimenti che, […] grazie all’alleanza col colosso giapponese della Rakuten, si è aggiudicata la gestione della […] Coppa Davis di tennis per […] 25 anni, al prezzo di 3 miliardi di dollari. […] Piqué è uno che frequenta Mark Zuckerberg e ci va a cena con le rispettive mogli (la sua, come tutti sanno, è la popstar Shakira [in realtà i due non sono sposati: vedi oltre – ndr]), che partecipa durante le vacanze a master in Business applicato allo sport dell’Università di Harvard e a volte tiene lezione lui stesso, e gira i continenti per impegni legati ad altre sue attività. Si è messo ad esempio dall’altro lato dei videogiochi che tanto avvincono i suoi colleghi, e ha fondato la Emr, una “e-sport company” per la produzione di contenuti multimediali di sport. Ma è anche titolare di tre diverse aziende sudamericane: una produce hamburger ecologici, una bibite isotoniche, un’altra occhiali da sole» (Andrea Sorrentino) • Due figli, Milan (2013) – così chiamato in quanto, almeno secondo Piqué, tale nome «significa “caro, amato e grazioso” in slavo, “laborioso” in latino e “unificazione” in sanscrito» – e Sasha (2015), dalla cantante colombiana Shakira (classe 1977), cui è legato sentimentalmente dal 2011, sia pur senza vincolo matrimoniale. «Sia la cantante che il calciatore sono nati il 2 febbraio. Lei in Colombia nel 1977, lui a Barcellona dieci anni dopo. […] Il 2 febbraio (2011) è anche la data in cui i due […] resero ufficiale il loro amore. Che in realtà era sbocciato qualche mese prima: nell’estate 2010, grazie al videoclip di Waka Waka, l’inno del Mondiale di calcio in Sudafrica» (Roberta Mercuri). «Ho incontrato la prima volta Shakira a Madrid, quando ci stavamo preparando per i Mondiali 2010, dopo essere apparso nel video di Waka Waka. Tutto è iniziato quando ci siamo ritrovati in Sudafrica, e le ho scritto. Lei era lì perché cantava all’inaugurazione dei Mondiali, così le ho chiesto com’era il tempo. È la tipica domanda stupida che uno fa. Una risposta normale sarebbe stata quella di consigliarmi di comprarmi una giacca. Ma lei continuava a darmi i dettagli del tempo in ogni momento, così le ho detto che avrei voluto rivederla in occasione della finale, perché lei avrebbe cantato anche in quella partita. E che, se la Spagna ci fosse arrivata, l’avrebbe vinta. E lo abbiamo fatto: siamo arrivati in finale e abbiamo vinto. Così, la seconda volta che ci siamo visti con Shakira è stato proprio in finale. Lei era fidanzata e ha lasciato il suo compagno per stare con me. È andata bene». «Ho conquistato il titolo più importante e ho incontrato l’amore della mia vita. Quando sono tornato dal Sudafrica ero un uomo nuovo» • «Nel corso degli anni […] Piqué, al pari di Guardiola, è diventato uno dei portabandiera dell’indipendenza catalana. […] Il primo ottobre 2017 Piqué è andato a votare a favore dell’indipendenza, esortando i catalani a fare altrettanto, rilasciando anche una famosa intervista in cui, in lacrime, si esprime contro la violenza della polizia e della Guardia Civil. Una presa di posizione aperta, diretta e molto controversa, dato che, nemmeno una settimana dopo i fatti del primo ottobre, Piqué ha risposto senza colpo ferire alla chiamata della Selección. […] L’ambiguità di Piqué nei rapporti con la Nazionale spagnola è uno dei motivi principali del sentimento di antipatia che lo accompagna su tutti i campi della Liga. Per molti spagnoli, madridisti soprattutto, Piqué è un secessionista convinto che però non perde occasione di vestire la maglia Roja più per pubblicizzare il suo brand che per vero attaccamento alla maglia. I suoi gesti apertamente anti-madridisti e fortemente indipendentisti hanno fatto il resto. Dai contrasti con Sergio Ramos in Nazionale, in uno spogliatoio che si regge da almeno 15 anni sulla fragile dicotomia Barcellona-Real Madrid, fino al famigerato taglio delle maniche della camiseta roja (per togliere la parte con i colori della bandiera spagnola)» (Faini) • «Piqué è una persona a cui piace molto scherzare, e la passione per gli scherzi è maturata ai tempi dello United. “I ragazzi si facevano in continuazione scherzi nello spogliatoio. Era molto divertente e nessuno si lamentava, semplicemente si limitavano a ricambiare”, ha raccontato, ricordando lo scherzo delle scarpe nuove di Patrice Évra date alle fiamme. “Ho provato a fare un paio di scherzi quando sono tornato al Barcellona, come ad esempio sgonfiare le ruote della macchina, ma i ragazzi hanno perso le staffe con me”. Piqué non ha perso del tutto la sua vena da mattacchione: una volta, infatti, ha lanciato una bombetta puzzolente sull’aereo della squadra durante un viaggio a Helsinki per una partita di precampionato» (Martin) • «Piqué ha un particolare marchio di fabbrica dopo importanti vittorie: ruba le reti delle porte. Ha tagliato le reti dalle porte dopo ogni vittoria del Barça in Champions League, e ha fatto di tutto per prendere quelle della finale di Coppa del mondo nel Soccer City Stadium di Johannesburg, recandosi persino nell’ufficio del responsabile del campo per chiedere l’autorizzazione a portarsi questo souvenir unico» (Martin) • «Piqué era un giocatore fantastico, e io fui davvero dispiaciuto quando seppi che voleva tornare in Spagna. Era bravissimo nei passaggi, aveva una grande personalità e una mentalità vincente» (Alex Ferguson). «Gerard Piqué è uno dei migliori centrali del mondo» (Josep Guardiola) • «Il segreto per diventare un campione? “Ce ne sono due. Il primo sono i maestri: Rio e Vidić allo United, Gabi al Saragozza e Puyol qui mi hanno insegnato tanto. Il secondo sono gli avversari: quando l’allenamento quotidiano consiste nel marcare Tévez o Messi, nulla può farti tremare il giorno della gara”» (Condò) • «Il difensore non ha mai nascosto l’ambizione di emulare il nonno e diventare direttore del Barcellona, con un occhio particolare verso la presidenza del club. “Piqué ha grandi qualità di leader, raggiunge sempre ciò che vuole”, ha detto l’ex compagno di squadra Xavi. “Sarebbe un sogno essere io l’allenatore e lui il presidente, e sinceramente mi sembra un sogno realizzabile”» (Martin) • «Ormai ho una certa età, ho vissuto un po’ di tutto e cerco solo calma e stabilità. Sto bene. Certamente ho ancora, da qualche parte, quel Gerard dall’animo ribelle che a volte scivola nel fango, ma ormai penso soprattutto a divertirmi. So che mi resta poco da giocare, ma il Barcellona troverà altri idoli». «Mi ritirerò con la maglia del Barcellona, questo è certo. Quello che non voglio è ritirarmi dopo essere diventato un panchinaro. Se si parlasse degli ultimi tre mesi di una stagione e fossi costretto, andrebbe anche bene. Ma un anno intero in panchina? No, non mi stuzzica». «Ho parlato con i miei ex compagni di squadra. Quando la carriera finisce c’è un abisso. Giochi da quando avevi 16 anni, e in un attimo è tutto finito. Non importa quanto tu sia preparato: mi dicono che è un precipizio e che ci vuole molto tempo per adattarsi alla nuova vita» • «Se dovessi fermarti e iniziassi a pensare a quello che hai conquistato, ripartiresti con più calma e inizieresti a perdere. Io non penso mai a quello che ho vinto. Ci penserò dopo il ritiro, perché così avrò tanti giorni da ricordare».