il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2022
I 100 anni dei Baci Perugina
Un uomo di colore balla amorevolmente con una giovane ariana: al tempo del fascismo solo la pubblicità poteva permettersi di andare controcorrente. È questo il caso della Perugina, che promuoveva così il suo “cioccolato al latte”. Ma è soprattutto con i suoi Baci che l’azienda non ha fatto sconti all’irriverenza.
I cioccolatini più venduti al mondo nacquero cento anni fa con l’intento di recuperare la granella delle nocciole scartata durante la produzione dei confetti. Ricoperti da uno strato di fondente, il primo Bacio aveva tutta l’aria di un “brutto ma buono”: ben lontano dall’immaginario romantico per cui lo conosciamo oggi. L’idea arrivò dall’estro dell’imprenditrice perugina Luisa Spagnoli che, volitiva e pragmatica com’era, li chiamò subito “Cazzotti” per la forma che dava la nocciola intera appoggiata sopra alla base. Ma Giovanni Buitoni, figlio del socio fondatore Francesco Buitoni e all’epoca suo amante, osservò sconsolato: “Come avrebbe potuto un cliente entrare in un negozio e chiedere, magari a una graziosa venditrice: ‘Per favore, un cazzotto?’. Sarebbe stato molto più appropriato chiedere un bacio”. E così fu.
Per aggiungere un pizzico di romanticismo, ogni cioccolatino venne avvolto in un messaggio d’amore. Bigliettini che pare siano ispirati a quelli “affettuosi” che si scambiavano Buitoni e la Spagnoli: lei, per non farli trovare al marito Annibale che si aggirava nell’azienda, li nascondeva proprio negli incartamenti del cioccolato.
La Perugina, negli anni Venti, si stava riprendendo grazie alla nuova direzione di Giovanni Buitoni, che nel 1909 aveva salvato l’azienda dal fallimento. Fatti i Baci, serviva qualcuno che li facesse conoscere al mondo. Buitoni chiamò come direttore artistico Federico Seneca, futurista e amico di Gabriele D’Annunzio. Fu di Seneca l’idea di inserire le famose frasi d’amore nell’incarto dei cioccolatini. Il disegnatore di Fano, poi, si distinse subito per i cartigli alquanto sfacciati. E finì che alcuni Baci arrivarono alla Santa Sede, di cui la Perugina era fornitrice ufficiale, con i maliziosi messaggi: “Meglio un bacio oggi che una gallina domani”, oppure “Se puoi baciar la padrona, non baciar la serva”. Sotto a queste citazioni compariva una firma solenne e ambigua: “Seneca”. Ma il Vaticano non capì, e inviò una lettera infuocata all’azienda chiedendo chi avesse vilipeso il noto filosofo romano con certe scemenze. Toccò poi a Buitoni spiegare l’equivoco.
Non contento di prendersi gioco della Chiesa, Seneca sfidò pure il regime. Sempre alla fine degli anni Venti, creò il cartellone del cioccolato al latte illustrandolo con due giovani danzatori. Piccolo particolare: il ballerino, un ragazzo “nero”, palpeggiava il seno di una ragazza “bianca”. Di lì a poco, nel 1937, un anno prima delle leggi razziali, fu approvata la legge che vietava i matrimoni misti, dapprima fra “fra cittadini e sudditi”, ovvero gli africani delle colonie, poi tra persone di “razza ariana” e quelle di “altra razza”, leggasi “ebrei”. Per quella pubblicità, tuttavia, nessuno osò (ancora) protestare. Anzi, Filippo Tommaso Marinetti scrisse a Seneca una dedica, riconoscendo all’artista la capacità di aver creato la réclame moderna, quando ancora non faceva parte della propaganda. Solo Leo Longanesi osò ribattere che Seneca “sudicia i muri con i suoi orridi manifesti”.
Negli anni Trenta, l’azienda lanciò anche il concorso a premi con le figurine dei Quattro moschettieri. Questa trovata, più orientata alla promozione del consumo di massa che all’autarchia fascista, rivoluzionò la comunicazione commerciale. Le figurine non rappresentavano personaggi convenzionali, ma caricature. Il Feroce Saladino aveva una certa somiglianza con Mussolini. Calvo, petto in fuori e pugni sui fianchi: i bozzetti di Angelo Bioletto, esposti al Museo della Perugina, lasciano pochi dubbi. Ma l’ultima provocazione, che il Duce questa volta non perdonò, arrivò dal “quinto moschettiere”, sempre lui: Giovanni Buitoni. L’enorme esposizione personale derivata dal concorso di figurine generò più di un attrito tra l’imprenditore e il Partito nazionale fascista. Anche per questo, nel 1939, Buitoni emigrò in America: la prima cosa che fece, appena arrivato a New York, fu aprire uno Spaghetti Bar a Times Square.