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 2022  marzo 09 Mercoledì calendario

Intervista a Rita Rusic

Prima di Pechino Express, dice ridendo, «il mio motto era: prima delle 11 non incontro manco il Papa». Dopo aver dormito per terra, sui tappeti, in mezzo agli animali, qualcosa è cambiato anche per Rita Rusic, 61 anni, storica produttrice (una cinquantina di film con l’ex marito Vittorio Cecchi Gori, sette da sola) e concorrente del programma di Sky con il fidanzato Cristiano Di Luzio, modello 32enne di Anzio. Quella lungo la Rotta dei Sultani tra Turchia, Uzbekistan, Giordania ed Emirati Arabi è stata «un’esperienza positiva», dice, che le ha insegnato molto. Anche a rispondere alle interviste prima delle 11: «Sì, ma non ero sicura che sarei stata viva a quest’ora». 
Cosa ha scoperto del Medio Oriente? 
«Che cresciamo con convinzioni sbagliate. Abbiamo viaggiato in paesi islamici e abbiamo incontrato una cultura diversa dalla nostra, ma accogliente. Gente anche povera che ci ha aperto la porta di casa. A un certo punto mi sono vergognata di come siamo». 
Quando? 
«C’era una signora gentilissima, anziana, che la notte si alzava per metterci i legnetti nella stufa, pensando che non fossimo abituati a certe temperature. Quando sono andata via le ho regalato un mio anello e lei si è messa a piangere. Mi ricordava mia nonna». 
Ha mai avuto paura? 
«Quando abbiamo rischiato di essere travolti da un camion. Ma quello poteva succedere anche a Roma». 
Ha indossato il velo? 
«Sì, se vado a casa d’altri, mi adeguo. A Roma lo vivo come una cosa orribile, come un simbolo di inferiorità, là mi è sembrato persino comodo. Ti protegge e ti fa sentire libera di non dover essere perfetta». 
E con Di Luzio? Siete ancora insieme?
«Sì e siamo più uniti di prima. Certo, delle liti assurde». 
Per esempio? 
«A un certo punto dovevamo trovarci un posto dove dormire, ma lui si rifiutava. Sosteneva di non essere abituato a chiedere un letto. Allora gli ho fatto notare che con me, invece, non aveva avuto problemi a chiederlo: avevamo cenato una sola volta insieme, e già si offriva di accompagnarmi a Milano. Si è offeso». 
La differenza d’età?
«Dicevo a tutti che era mio marito. E gli facevo portare due zaini, pure il mio. Non vorrei che mi perdesse tonicità». 
Cosa non rifarebbe del viaggio? 
«Il primo giorno volevo cavare gli occhi al mio agente. Dopo mezz’ora ero già su un cavallo che girava su se stesso tipo giostra. Il terrore. Non andavo a cavallo da quando ho fatto Attila, flagello di Dio (nel 1982, ndr)». 
Se facessero un remake di Attila? 
«Solo col pelliccione addosso, chi ci rientra in quei bikini? Però le commedie mi piacerebbe farle». 
Da produttrice? 
«Sì, sto cercando storie, anche tra i libri. Spero solo di non essermi rincoglionita». 
Ha scoperto Pieraccioni: il suo fiuto che le dice? 
«Che sui social ci sono persone geniali, talenti. Non faccio i nomi altrimenti me li fregano. Ma è lì che bisogna cercare: 20, 22, 25 anni al massimo. Giovanissimi». 
Vale ancora la pena fare cinema? 
«La gente ha perso l’abitudine alla sala, non la voglia di vedere i film». 
Ha finito di scontare la separazione da Cecchi Gori? 
«Nel 1999 ero nel consiglio dei David di Donatello, tra le 11 persone più importanti del cinema, nel 2000 ero nessuno. Dopo la separazione mi hanno levato pure il voto: Rondi (Gian Luigi, decano della critica, ndr) diceva che non avevo i requisiti. E al David votavano anche gli impiegati di banca. Adesso, dopo 22 anni, la presidente (Piera De Tassis, ndr) mi ha finalmente restituito il voto». 

I requisiti li ha? 
«Figuriamoci. All’inizio della carriera mi lamentavo perché per tre anni ho fatto solo cinema d’autore, vincevo tutto, anche il David, ma non riuscivo a incassare. Dicevo: devo smetterla, altrimenti faccio fallire la Cecchi Gori. Poi ci ha pensato qualcun altro». 
Con Cecchi Gori si sente? 
«Sì. Gli voglio bene». 
Da allora ha capito come far durare una coppia? 
«Il segreto è l’ironia. L’unico problema di Cristiano è che mi fa venire le rughe a forza di ridere. Abbiamo voglia di stare insieme e non ci obbliga nessuno. Un giorno penso che fuggirà. Mi farò un pianterello, poi passa.
Io vado avanti. Come una guerriera».