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 2022  marzo 08 Martedì calendario

In mostra a Roma gli scarabocchi d’artista

Metà della storia dell’arte è fatta di scarabocchi, e l’altra metà riempie i musei. Soprattutto si dice quelli di arte contemporanea. Infatti di fronte alla maggior parte delle opere dell’ultimo secolo molti pensano: «Lo potevo fare anch’io!». Ovviamente non è vero, e a ragione i critici assicurano si tratti di opere uniche, ma resta il dubbio: sono capolavori di maestri o capricci di bambini?
E se fossero la stessa cosa?
«Tutti i bambini sono degli artisti nati, il difficile è restarlo da grandi» è una celebre frase del più grande pittore del Novecento. Il quale è Pablo Picasso – ci riuscì. Non è facile conservare, una volta assurto il ruolo di maestri, quella spontaneità di osservazione e quella creatività senza filtri tipica dei bambini e tanto malinconicamente rimpianta dall’artista spagnolo. «A dodici anni dipingevo come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bimbo», aggiunse una volta.
Grandi artisti che per un attimo ridisegnano come bambini, e pasticci di bambini che in realtà sono firmati da grandi artisti. Eccoli qui: sono i disegni non convenzionali, bozzetti marginali, divertissement grafici, scherzi, schizzi, sinòpie, tratteggi, vignette, silhouette, profili, graffiti, figurine, giochi di matita... tutti dei più grandi nomi della storia dell’arte, dal Quattrocento all’epoca contemporanea, oggi raccolti in una delle mostre più originali e curiose della stagione: Gribouillage/Scarabocchio. Da Leonardo da Vinci a Cy Twombly inaugurata giovedì a Villa Medici a Roma (fino al 22 maggio, poi andrà ai Beaux-Arts di Parigi) a cura di Francesca Alberti e Diane Bodart. E se i ghirigori non fossero solo un gesto meccanico mentre la mente è occupata a fare altro?
Un lunghissimo periodo di preparazione, fra ricerche e giornate di studio su tutte le pratiche grafiche sperimentali, trasgressive, regressive e liberatorie che sembrano non obbedire a nessuna regola, ma hanno sempre scandito la storia della creazione artistica. Poi due anni per preparare il percorso e ottenere le opere in prestito: 150 pezzi di oltre cento artisti esposti lungo sei sezioni tematiche che scompaginano qualsiasi ordine cronologico facendo saltare i confini delle categorie tradizionali (margine e centro, ufficiale e non ufficiale, classico e contemporaneo, opera e documento). E un’idea nuova: costringere il visitatore a spostare lo sguardo sul retro dei dipinti, o sulle pareti della bottega, sotto gli affreschi staccati, ai margini dei manoscritti, dentro le pagine dei taccuini... È il lato nascosto dell’arte, il gesto dell’artista in bilico fra automatismo e intenzionalità. Si può disegnare fuori dalla cornice per molti motivi: o per uno scherzo del genio, o per istinto, quando la mano di muove da sola, o per necessità, perché in quel momento non ci sono i materiali necessari... Del resto già Michelangelo Buonarroti si divertiva a imitare, sul bordo dei codici, i fantocci disegnati maldestramente sulle facciate delle case fiorentine. E quando Jean-Michel Basquiat (1960-88) non poteva permettersi uno studio o delle tele, agli inizi della sua carriera, dipinse tutto l’appartamento della sua ex fidanzata nell’East Village, a New York: le pareti, le porte, persino il frigorifero lasciandoci un’installazione straordinaria, cioè fuori dall’ordinario.
Due interi piani e il grande scalone di Villa Medici, scarabocchiando fuori da ogni accademia e da qualsiasi manuale di storia dell’arte. Ogni superficie vale: marmo (ecco un grafito raffigurante un padre con il figlio risalente a un periodo fra I e V secolo, inciso sul frammento di un gradino del Colosseo), legno (portoni e finestre), calce – L’appel du mur – carta da lucido, asfalto, cartone, carta velina... Con scalpelli, sanguigna, pastelli, penna biro...
Tra i pezzi più insoliti presenti in mostra: il singolare intreccio di disegni caricature, profili, gambe e figurine di martiri – tracciati sul retro del Trittico della Madonna di Giovanni Bellini, conservato alle Gallerie dell’Accademia a Venezia, che il pubblico scoprirà per la prima volta: un vero Rinascimento underground. Quando la mostra è «dietro»... Una minuscola ma elaboratissima testa grottesca di Leonardo da Vinci, siamo nel 1480 circa, in punta d’argento su carta, prestata dai Beaux-Arts di Parigi. Uno studio di panneggio del Pontormo (1494-1557) tracciato in pietra rossa su carta. Le porzioni di pareti staccate della bottega di Mino da Fiesole (1429-84). Una serie di schizzi sovrapposti di busti di condottieri, elmi e profili, in inchiostro su carta, di Michelangelo. Prove e scarabocchi dei Carraci, di Simone Cantarini, Algardi e Bernini, fino al gruppo Cobra. Il taccuino di Eugène Delacroix (1798-1863) conservato all’Istituto nazionale di storia dell’arte di Parigi e alcune pagine del quaderno scolastico di Alberto Giacometti (1901-66) e addirittura un frammento di muro «pitturato» della stanza adiacente al suo atelier parigino, staccato nel 1972. I disegni sulle pareti dell’atelier «Son Boter» di Joan Miró (1893-1983) a Maiorca. Diverse fotografie di graffiti urbani e domestici di Brassaï e di Helen Levitt. Schizzi di donne e teste appuntati sul retro di una busta nel 1905 da Pablo Picasso. Il ritratto Fanciullo con disegno di Giovanni Francesco Caroto, del 1520, considerato il primo della storia dell’arte con un soggetto simile: è la mise en abyme, ironica, del disegno infantile. Alcuni disegnini a matita di Jean Dubuffet (1901-85): Art Brut, spontaneismo e dissidenza. I taccuini africani con gazzelle e disegni rupestri a carboncino di Cy Twombly (1928-2011) esposti accanto a una meravigliosa tela del 1965 percorsa da segni sapienziali e graffiti esoterici dell’artista italo-svizzero Luigi Pericle (1916-2001). Un bozzetto di Giacomo Balla e l’iscrizione ad olio di Asger Jorn (1914-73) su una tela trovata al mercato delle pulci: L’Avant-garde se rend pas, «L’Avanguardia non si arrende», appartenente alla serie di lavori «Modifications». Si chiama vandalismo migliorativo.
Poi, arrivarono i writers.