il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2022
Intervista a Massimiliano Bruno
La preoccupazione arriva prima del buongiorno. “Le è piaciuto?” “Le vittorie contro i tedeschi danno sempre una certa soddisfazione”. (Sorride) “Li abbiamo massacrati!”
Massimiliano Bruno è il regista di C’era una volta il crimine, terzo capitolo della trilogia iniziata nel 2019 con Non ci resta che il crimine; il plot è sempre lo stesso: un gruppo di amici ha trovato il modo di viaggiare nel tempo, e dopo aver affrontato la Banda nella Magliana e Gomorra, questa volta tocca ai tedeschi occupanti subire l’eroismo di Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi, Gianpaolo Morelli e dello stesso Bruno. In mezzo pure un confronto con Mussolini, il furto della Gioconda, un Vittorio Emanuele deriso e la Curva Sud della Roma eroica in una “trasferta” decisiva.
Insomma, lei scherza, ma a quanto pare siamo in guerra.
(Cambia tono ed espressione) Infatti trattare ora certi argomenti è complicato.
È decisamente attuale.
(Scuote la testa) Cavolo.
Magari, a chi serve, risveglia le coscienze.
Mi piacerebbe, perché alla fine, nel film, i vigliacchi diventano coraggiosi; (pausa, ripensa a prima) e chi lo immaginava.
È un artista.
Quindi precorro i tempi? Bastardi maledetti.
Chi?
I nazisti.
Primo giorno di set.
Di solito lo tratto come un primo giorno di scuola, quindi lo organizzo in maniera leggera: si gira poco, scene facili, possibilità di ambientarsi.
Vabbè, siete amici.
Sì, ma oramai nella vita normale ci incontriamo poco, siamo diventati grandi e con i nostri impegni; Giallo (Giallini) lo vedo giusto in promozione o sul set.
Adulti.
Ci sono i figli di mezzo, magari piccoli; negli anni Novanta non avevamo un cacchio da fare, ci vedevamo tutte le sere, davamo sfogo all’improvvisazione.
Tradotto.
Usciamo e vediamo cosa accade.
Nel film spesso i protagonisti fanno il saluto romano. Ma con fatica…
In questo paese la maggior parte delle persone tendono il braccio con troppa poca fatica.
Tra voi attori…
Nel film Giallini non lo fa mai veramente, addirittura in una scena accompagna braccio teso da un “ciao”; comunque non puoi non provare fastidio.
Evidente oltre il copione.
Anche in costume e recitando, troverei insopportabile vedere una mia foto con il saluto romano.
A lei non capita.
(Ride) Per forza, la sceneggiatura l’ho scritta io. Ho evitato.
Se avesse davanti Mussolini, cosa gli direbbe?
(Inizia più volte una risposta. E poi…) In realtà credo fosse impossibile parlare con lui: un narcisista con una certa dose di follia; all’epoca c’erano ancora i manicomi, gli avrei consigliato una passeggiata lì.
Altro che Basaglia.
Non c’era; (pausa) come molti italiani me la sarei fatta sotto; ho avuto un nonno comunista e a Lamezia Terme rifiutò sia il saluto romano che di indossare la spilla. Fu sospeso per tre anni e per fortuna i fascisti del paese erano pure amici d’infanzia.
Come andava a scuola?
Benino.
In Storia?
Molto bene, come in Filosofia e Italiano; Storia è sempre stata la mia passione, la conoscenza del passato è fondamentale, peccato che dall’avvento di Berlusconi in poi hanno depauperato i programmi.
Qual è la sua “gloria”?
Il rispetto di me stesso e degli altri.
Ha sempre dichiarato di non riuscire a incavolarsi sul set. Ha imparato?
Un giorno ho avuto qualcosa da ridire e quando capita divento brutto. Ma brutto veramente da vedere a da sentire.
Che è successo?
Ho discusso coi protagonisti e la produttrice; (riflette) è stato un set difficile ha piovuto spesso e una mareggiata ha portato via la scenografia organizzata sulla spiaggia.
Sulla spiaggia lei arriva agghindato alla Rambo, in stile videogioco.
Volevo apparire come un nerd che va alla guerra, e allora mi sono domandato: cosa indosserebbe un cojone? La mimetica di Rambo…
Dietro di lei la Curva Sud.
E come potevo perdermi un’idea del genere? Una volta la Sud era composta di compagni, ricordo ancora il coro dei laziali: romanisti, comunisti.
Il film è dedicato a suo padre.
Perché è morto due anni fa; il primo giorno delle riprese veniva sempre per salutare e poi era un antifascista e mi dispiace non avergli mostrato il film (la voce si spezza…)
Farà il quarto?
Assolutamente no, per il cinema si è chiusa la trilogia.
E per la televisione?
Eh? (resta zitto)
Sempre per la televisione: come sono andate le riprese del nuovo Boris?
Finite, sono in montaggio.
Contento?
Sì, però non posso dire niente; (ride) non ha nulla da invidiare alla vecchia serie.
E lì il primo giorno di set?
Sembravamo degli ex compagni di scuola, solo un po’ più vecchi: hanno tinto a tutti le barbe.
Sono passati 13 anni dall’ultimo ciak.
E siamo diventati grandi insieme; resta un dolore: tra di noi non ci sono più Mattia (Torre, uno degli sceneggiatori) e Roberta (Fiorentini).