il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2022
Guerra, il business degli scafisti
Non ci sono solo le organizzazioni di volontariato o i canali diplomatici. A organizzare i viaggi di coloro che sono diventati i nuovi profughi d’Europa ci sono anche aziende private. Sono quelle di private security, a decine sul territorio ucraino. Si occupano delle esfiltrazioni, scortano ucraini, europei e non, chiunque voglia lasciare il Paese fino ai confini di Polonia, Romania, Moldavia. Si sostituiscono ai consolati, ma solo per chi può permetterselo: un viaggio può costare come minimo 2.500/3.000 euro circa. O almeno a tanto ammonterebbe l’incasso per ogni trasporto di alcune società alle quali si sono rivolte anche grosse compagnie assicurative. Affidarsi ai privati è una soluzione sulla quale stanno optando aziende con dipendenti in Ucraina, ma anche singoli. Come un imprenditore americano, che ha chiesto a una società italiana di portare negli Stati Uniti i propri genitori. Le aziende di private security, anche italiane (alcune fondate da ex militari), contano su relazioni e su una rete di fixer, ucraini ma anche russi con i quali sono in contatto da anni e che forniscono un supporto. Mettono a disposizione auto ma anche safe house dove accogliere i propri clienti.
In questo momento le domande stanno aumentando in maniera esponenziale. Ne abbiamo parlato con il direttore di una queste aziende italiane. Dietro assicurazione di anonimato, ha deciso di raccontarci come in queste ore stanno organizzando i viaggi per sfuggire alle bombe. Sono circa 200 le persone che la sua società ha fatto uscire dall’Ucraina da venerdì 28 febbraio: sono ucraini, ma anche cittadini dell’Unione europea e non, “molti con doppio passaporto, come tutti quegli ucraini che hanno fatto fortuna all’estero e allo scoppio della guerra si trovavano nella loro nazione”. E mentre scriviamo, il suo team in Ucraina sta provando a far uscire altre 673 persone: “Sono tutti non europei – aggiunge – persone che sono lì per lavoro: sono arrivati a noi attraverso una società assicurativa”. I costi dei viaggi sono proporzionali all’aumento dei rischi. E la situazione è sempre più pericolosa: anche rispetto a due giorni fa, molte altre aree ora sono inaccessibili. In queste ore si è aggiunto un problema nelle comunicazioni: “I russi – spiega l’imprenditore – stanno disturbando i segnali radio, le frequenze normali ma anche quelle 4G”. Le comunicazioni sono interrotte. E così nel giro di 24 ore le operazioni svolte da molte aziende private sono passate da “Rescue” a “Search&Rescue”: non si riesce più a contattare le persone da evacuare e così bisogna cercarli casa per casa.
Quella che si viveva ieri, dunque, stando al racconto di chi sta operando in quei luoghi, è una situazione diversa rispetto ad appena tre giorni fa. Fino a sabato, ai loro clienti, l’azienda italiana chiedeva di spostarsi autonomamente all’esterno della zona urbana di Kiev. “Poi venivano recuperati dal nostro personale e portati fisicamente al confine – spiega l’imprenditore –. Attraversato il confine un nostro agente li accompagnava o in aeroporto o alla destinazione finale”. In poche ore l’organizzazione è cambiata: non si riesce a contattare i clienti e quindi bisogna cercarli in base all’indirizzo fornito.
Queste aziende private dunque basano tutto sulla reputazione: “In questo lavoro la gente affida la propria vita o quella delle persone che conosce a dei perfetti sconosciuti. Avere una certa reputazione in questo settore, sia personale sia come azienda, fa la differenza”. Reputazione che si costruisce su rapporti e sui fixer – appoggi locali che forniscono supporto durante gli spostamenti e che oggi si contano tra le fila degli ucraini ma anche dei russi, dei polacchi e dei romeni – di cui dispongono. Sono società che non nascono in Ucraina, oggi. Dall’America Latina all’Africa, da anni operano a livello internazionale, anche con le Istituzioni: “Ovunque c’è una crisi. A cominciare dalla Libia, Iraq e così via”. Ma quanto costa oggi lasciare Kiev? “Facciamo un esempio: il trasporto da Kiev a Varsavia costa circa 2.500/3.000 euro – spiega l’imprenditore –. Questo incassa la mia azienda. Se l’attività però ci viene chiesta da un’altra società, io non conosco il costo finale richiesto al cliente”. Nel caso di un viaggio da Kiev alla Polonia, l’azienda deve sostenere costi per “i due operatori lato Ucraina e dell’altro operatore in Polonia”. Se ci sono intoppi e si creano spese aggiuntive, queste sono a carico del cliente. È il costo per salvarsi la vita.