La Gazzetta dello Sport, 8 marzo 2022
Cosa fa Giroud fuori dal campo
I tifosi lo adorano e non solo perché segna. Così sarebbe troppo semplice: doppietta nel derby, gol vittoria a Napoli. Della serie “ti piace vincere facile”. No, lo adorano anche perché Olivier Giroud viene percepito come uno di quei giocatori vicini alle persone. Uno che non ti stupiresti di ritrovarti in curva.
Quando Olivier esulta, lo fa anche per la gente. La spinge, la chiama, si sbraccia per esaltarla, si batte le mani sul petto. E poi, come ieri sera, si ferma ancora, a partita abbondantemente finita, a celebrare la vittoria con i tifosi prima di infilarsi negli spogliatoi.
MOMENTI DI GLORIA
È la bellezza di un uomo di 35 anni, che in carriera ha vinto tutto e messo a segno quasi 250 gol, vinto un Mondiale e una Champions, ma si gode i momenti di gloria con l’entusiasmo di un ventenne. Uno che segna col sorriso – “Il mio primo gol in trasferta pare estremamente importante”, ha scritto sui social –, uno a cui non sentirete mai dire che il suo minutaggio lo decide lui, ma che accetta scelte e gerarchie senza battere ciglio. Ibra metterà presto benzina sufficiente nelle gambe per insidiarlo, e senz’altro in certe partite gli toglierà il posto – perché “Ibroud” è un tandem d’emergenza e non la base su cui costruire l’attacco –, ma Olivier accetterà senza polemiche. Perché gol come quello di Napoli o la doppietta nel derby gli resteranno appiccicati addosso comunque andrà a finire la stagione. Un dato per capire meglio: il gol di ieri è stato il numero 11 fra coppe e campionato, una rete con cui ha eguagliato il bottino dell’intera scorsa stagione al Chelsea (in 31 gare).
FAMIGLIA NUMEROSA
Olivier d’altra parte è da tempo entrato nell’età della saggezza. E l’Italia è stata un approdo felice non solo in termini sportivi, ma anche personali. Merito anche delle nonne italiane, una bergamasca e l’altra triestina. Yvonne e Tonia. Terre ruvide e bellissime, che fanno di Giroud una persona molto legata al nostro Paese. Ha scelto l’Italia, e Milano, per rilanciarsi e per sentirsi in qualche modo a casa. Una casa che, in termini pratici, è a San Siro, a poca distanza da quel Meazza che fino all’altro ieri era stato l’unico stadio in cui aveva lasciato il segno. Una casa decisamente vivace, considerando che Olivier e sua moglie Jen hanno quattro figli: due femmine, Jade e Aria, e due maschi, Aaron ed Evan. Legami familiari fortissimi, tanto da mettere i volti dei figli sui parastinchi (assieme alla Coppa del mondo...). Olivier è un papà che porta la figlia più grande a equitazione e uno dei maschi a giocare a pallone. Una vita normale insomma, con qualche peccato di gola – pizza per esempio – sotto lo stretto controllo del fratello nutrizionista. “Entrambe le mie nonne erano italiane e sono orgoglioso delle mie origini, giocare in Italia nel Milan e vivere qui insieme alla mia famiglia mi rende davvero molto felice – aveva detto qualche tempo fa –. Amo questo Paese, le sue tradizioni e ovviamente la cucina italiana, che è quasi buona come quella francese”.
SALMO 23
Famiglia, professione e fede, una fede molto profonda di cui ha parlato spesso in intervista e di cui il corpo porta testimonianza fra i suoi numerosi tatuaggi. Come il versetto iniziale del Salmo 23, “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”. Scritto in latino e fatto dopo aver chiesto il parere di mamma. Tutte le settimane nella sua agenda c’è un appuntamento via Zoom col suo Pastore di Londra, per studiare la Bibbia. E poi, gite fuori porta, per esempio sul lago di Como, ma anche gli scorci milanesi più suggestivi. Magari concedendosi ogni tanto un tiramisù, altro piatto che adora. “Ma nessuno lo fa come ci riusciva mia nonna Tonia”. Nemmeno al Milan, per il momento, c’è qualcuno in grado di fare gol importanti come riesce lui.