La Stampa, 7 marzo 2022
Il punto sullo ius scholae
Non ci sono stati toni trionfalistici né dichiarazioni entusiaste. È con una cauta speranza che gli italiani senza cittadinanza hanno accolto la proposta del presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera, Giuseppe Brescia dei Cinque Stelle di introdurre lo ius scholae per legare il riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri al percorso scolastico. I requisiti necessari prevedono l’arrivo entro il 12esimo anno d’età e aver frequentato almeno cinque anni di scuola, oppure uno o più cicli scolastici. È l’ultimo di numerosi tentativi per eliminare gli ostacoli presenti nelle vite di oltre 800 mila minori figli di genitori stranieri e di un numero ancora più elevato di stranieri che hanno più di 18 anni ma non hanno ancora ottenuto la cittadinanza nonostante abbiano frequentato le scuole in Italia La legge attuale prevede due requisiti: dieci anni di residenza continuativa e comprovata e un reddito di oltre 8 mila euro per chi presenta la domanda. Sono criteri che possono diventare una gabbia per molte persone. Innanzitutto perché l’iter dura un numero imprecisato di anni anche se per legge era prima indicata la scadenza dei 4 anni, un’attesa che Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno ha dimezzato. Sulla carta. Nella realtà chi è in attesa di cittadinanza vive sospeso in uno spazio diverso da quello riservato ai suoi compagni di scuola e di università, costretto a ricalcolare di continuo sogni, prospettive e priorità come in un navigatore impazzito.
Ada Ugo Abara è originaria della Nigeria ma ha frequentato le scuole in Italia dalle medie in poi. Ha presentato domanda, da quattro anni attende una risposta che non sa quando arriverà. «Nel frattempo la mia vita è in pausa e i miei sogni limitati al passaporto che possiedo. Aspetto di capire se l’Italia mi sbatterà l’ennesima porta in faccia». Ada Ugo Abara fa parte del direttivo del CoNNGI – Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane, e ha partecipato alle interlocuzioni con la commissione Affari Costituzionali che ha portato al testo dello ius scholae. «Siamo soddisfatti, è una base di lavoro che rappresenta una buona sintesi rispetto alle proposte presentate in precedenza. Si può ancora migliorare cercando per esempio di capire quali saranno le norme transitorie che regoleranno i destini di chi è arrivato prima dell’entrata in vigore della legge e le norme che si applicheranno a chi cresce in Italia anche senza aver frequentato cinque anni di scuola nel Paese».
Problemi che si porranno più in là. Lo ius scholae per il momento è solo una proposta e questo è il suo più grande difetto secondo gli italiani delle seconde generazioni. Simohamed Kaabour, presidente del CoNNGI si tratta di un «primo passo che speriamo vada in fondo per dareun futuro a un’intera generazione. Mi lascia perplesso che la questione venga affrontata sempre a fine legislatura o in campagna elettorale».
Uno scetticismo che Giuseppe Brescia prova a respingere. «Se c’è volontà politica – assicura – l’approvazione definitiva si può ottenere senza cincischiare sul testo. Ritengo infatti lo ius scholae l’unico punto di caduta possibile per arrivare al traguardo anche in modo rapido». Nonostante il Senato dove i numeri della maggioranza sono molto più limitati e dove quindi negli ultimi anni si arenano tutte le battaglie civili. «Credo che su questo tema si debba lavorare per una soluzione che vada a premiare la volontà di integrazione e quindi si debba convincere anche una parte del centrodestra, la più moderata. Se si riesce a far convergere su questo testo Coraggio Italia e Forza Italia i numeri per un’approvazione ci possono essere». Si dice fiduciosa anche la sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia: «Confermo il mio sostegno alla proposta sullo ius scholae. È vero che in questa legislatura si sono registrate difficoltà per portare avanti le leggi di iniziativa parlamentare però sono fiduciosa perché quando una proposta parte con una volontà energica potrebbe sorprenderci». Per evitare sorprese – ma negative – Giuseppe Brescia ha preferito precisare nella sua relazione che «nel testo proposto non c’è lo ius soli». È un messaggio che dovrebbe tranquillizzare le forze politiche più conservatrici. Tra le diverse anime della maggioranza, si va dal rifiuto del centrodestra a una spinta, invece, per la cittadinanza agli stranieri nati in Italia da parte del Pd di Enrico Letta. Ma da parte di Forza Italia e Lega sono arrivati già i primi sbarramenti. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia: «Leggi demagogiche sulla cittadinanza non saranno mai approvate», ha avvertito.