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 2022  marzo 07 Lunedì calendario

Giancarlo Narciso, il Jack London italiano

Sono davvero rari in Italia i narratori che si sono cimentati con successo nel romanzo d’avventura, sebbene questo sia pur sempre il Paese che ha dato i natali a Salgari. E forse il culto che persiste per “Capitan Emilio”, a oltre un secolo dalla morte, dimostra che dopo di lui c’è stato ben poco in quel campo. Con qualche eccezione: il grande Alberto Ongaro, per esempio, ha scritto bellissime storie avventurose; ci sono poi Marco Buticchi, Pino Cacucci, Valerio Evangelisti, e altri.
Seppure ignorato dalla critica che conta o finge di contare, o confinato ingiustamente nella cosiddetta letteratura minore di genere, bisogna rammentare quindi il giramondo milanese Giancarlo Narciso, classe 1947, che oggi dimora fra Riva del Garda e l’Indonesia. La casa editrice Oltre ha appena ristampato il suo primo romanzo, I guardiani di Wirikuta, a quasi un trentennio dalla sua pubblicazione per Granata Press.
Narciso ha vissuto un’esistenza degna di Jack London. Ha fatto tre volte il giro del mondo, da Tokyo al Kuwait, dal Nepal a San Francisco, fino a Città del Messico, all’Indonesia, a Singapore, si è esercitato nei lavori più vari: comparsa, interprete, reporter sportivo, modello, dirigente d’azienda, contrabbandiere. Tra i suoi numerosi libri d’avventura, gialli, di spionaggio, con cui ha vinto, tra l’altro, il Premio Tedeschi e il Premio Scerbanenco, vanno ricordati Le zanzare di Zanzibar, Singapore Sling, Otherside, Incontro a Daunanda.
Nell’avvincente I guardiani di Wirikuta, del 1994, Narciso rende un evidente omaggio a Il tesoro della Sierra Madre di B. Traven, il capolavoro del misterioso anarchico tedesco che si votò alla causa delle popolazioni indigene messicane, da cui John Huston trasse il memorabile film con Humphrey Bogart. Il narratore milanese, comunque, si muove con originalità. Anche nel suo libro c’è la ricerca dell’oro, “il tesoro dal fallace splendore”, come scrive Traven; e ci sono i cadaveri, gli indios con i loro antichi miti, gli avventurieri gringos, il peyote, le cantinas con il mescal, le donne fatali. La storia raccontata da Narciso, tuttavia, si trasforma nella geografia di un incubo, nella mappa non di un tesoro, ma di una vita destinata a bruciarsi in una solitudine sospesa fra sogno spaventoso e realtà desolata. Tutto ciò con una scrittura rapida, efficace, che nasce nell’azione. Il contrario, insomma, della molta e asfittica letteratura italiana odierna.