La Stampa, 6 marzo 2022
Dove trovare quel 40% di gas che finora ci ha dato la Russia
Aumentare le forniture dei gasdotti di Algeria e Libia, del Tap che trasporta il metano dall’Azerbaijan, intensificare i viaggi di navi carichi di gas liquido dal Qatar. Fino a qualche giorno fa, il governo era rincorso dall’emergenza prezzi. Ora Mario Draghi e il ministro Roberto Cingolani hanno un problema ben più grave: attrezzarsi a rinunciare al gas russo. L’anno scorso la rete dei tubi che entra in Italia dal Tarvisio ha garantito il 40 per cento del fabbisogno. Per liberarsi dallo Zar di Russia bisogna trovarne altrettanto.Il governo ha già deciso di riaprire i pozzi nei mari territoriali, ma secondo i calcoli dell’Eni per risultati apprezzabili occorreranno due anni. Si possono aumentare i parchi solari ed eolici, ma anche in questo caso occorre tempo. In caso di emergenza si riattiveranno le centrali a carbone dismesse, ma significa stracciare gli accordi di Parigi sul clima. La strada più semplice resta diversificare le forniture della meno inquinante delle energie tradizionali.Draghi ieri ne ha parlato al telefono (era la seconda volta in due settimane) con l’emiro del Qatar Al Thani. Il premier ha dato mandato di discutere dei dettagli a Doha il ministro degli Esteri Luigi di Maio e il numero uno dell’Eni Claudio Descalzi. Il Qatar è uno dei principali produttori al mondo di metano liquido, che fin qui ci ha garantito il 10 per cento degli approvvigionamenti. Ma non si tratta della soluzione più facile per noi: quel gas va trasportato via nave e rigassificato in enormi strutture offshore. In Italia ce ne sono tre: a Panigaglia, in Liguria, al largo di Livorno e a Porto Viro, di fronte a Rovigo. Per costruirne di nuove – seppure su strutture temporanee – occorrono mesi. Anche l’aumento delle forniture dall’Azerbaijan (un altro 10 per cento del fabbisogno) non è semplice: il tubo sottomarino che unisce l’Italia all’Albania e trasporta il gas azero andrebbe raddoppiato. Qualcosa in più può arrivare dai giacimenti libici, ma la situazione nel Paese è caotica e da lì arriva appena il 4 per cento del metano. La soluzione più rapida ed efficace resta l’Algeria, non a caso la prima destinazione di Di Maio dopo l’attacco russo all’Ucraina. Dal tubo di Mazara del Vallo entrano in Italia più di 21 miliardi di metri cubi di gas l’anno, quasi un terzo dei consumi. Secondo le stime che circolano a Palazzo Chigi ci sarebbe la disponibilità degli algerini ad aumentare le forniture di altri 10 miliardi. Se così fosse, scalzerebbe Mosca come primo fornitore.Domani mattina il premier e Cingolani parleranno di tutto questo di persona con Ursula von der Leyen a Bruxelles. Secondo quanto appreso, l’incontro è stato chiesto dalla presidente della Commissione, che nel frattempo sta elaborando un piano di emergenza per tutta l’Ue. Dopo settimane di veti reciproci, i Ventisette hanno ripreso in mano il documento che dovrebbe permettere di raddoppiare la capacità degli stoccaggi comuni ed eliminare i vincoli che alimentano le speculazioni sui prezzi. Cingolani avrà con sé anche la proposta per mettere un tetto al prezzo dell’energia, in tutta Europa condizionato dall’andamento del gas. Con von der Leyen, Draghi dovrà discutere anche di come gestire in maniera coordinata l’esodo degli ucraini in fuga dalla guerra. Secondo i calcoli dell’Alto commissario per i diritti umani Filippo Grandi hanno già superato i confini un milione e mezzo di persone, lo spostamento più rapido dalla fine della seconda guerra mondiale. Il ritmo degli arrivi in Italia è di circa 2.300 persone al giorno. Nel discorso davanti alle Camere a inizio settimana Draghi ha garantito il massimo supporto italiano, ma intende far valere di fronte ai partner lo sforzo solitario nell’accoglienza dei rifugiati nordafricani. Se l’Unione riuscirà a varare un piano di redistribuzione, se ne dovrà tenere conto. —