la Repubblica, 6 marzo 2022
La zarina di Pesaro
Giuseppe Baldessarro PESARO – Nell’estate del 2009 si presentarono nell’ufficio del sindaco Luca Ceriscioli per dire che Pesaro sarebbe diventata la loro casa. Poi, a dimostrazione dei buoni rapporti che intendevano intrattenere, firmarono un assegno da 20 mila euro per finanziare i fuochi d’artificio della festa del porto. Valentina Matvienko e il figlio Sergey lo spettacolo pirotecnico se lo sarebbero goduto dalla terrazza della villa appena comprata sul San Bartolo, il colle che sovrasta la città. Dopo di allora, la “zarina”, come la chiamano ancora oggi, da queste parti non l’hanno più vista, impegnata come era a governare San Pietroburgo prima e a presiedere il Consiglio federale russo poi. In compenso sono arrivati altri oligarchi, tutti pronti a spendere e comprare, qualcuno a bordo di yacht altri in elicottero. Per alcune estati la villa dei Matvienko è stata usata dal giovane Sergey, giovane capace di muoversi tra banche e società finanziarie. Il nome della terza carica di Russia, legata a filo doppio a Vladimir Putin, è comunque tornato alla memoria negli anni successivi. Sergey infatti, in pieno parco protetto, si era fatto autorizzare la realizzazione di una strada che dalla villa portava alla spiaggia e, soprattutto, la costruzione di un piazzale da usare come eliporto. Uno scempio ambientale in grado di far saltare sulla sedia mezza città. Ne seguì uno scandalo, il blocco delle opere e i Matvienko piuttosto contrariati. Villa “M” era stata comprata per 7 milioni di euro da Tibor Rudas, ex manager di Luciano Pavarotti (a poche centinaia di metri c’è ancora la villa del tenore), per farne un resort di lusso nel quale ospitare amici e politici russi. Non a caso le autorizzazioni erano state chieste per «tutelare la sicurezza degli ospiti», sulla scia di quanto fatto da Silvio Berlusconi a villa Certosa in Sardegna. Dopo la bocciatura dei lavori anche la presenza di Sergey si è andata diradando. I Matvienko non sono i soli ad essere arrivati a Pesaro negli anni. Gli oligarchi sulla costa marchigiana hanno investito. Quello che più si è fatto notare è stato Boris Spiegel, industriale del settore farmaceutico. Lui – così ha sempre detto – a Pesaro ci è arrivato nel 2011 innamorato della rassegna dedicata a Gioacchino Rossini. Gli è bastata un’occhiata a villa Oliva sul colle Ardizio (l’altro promontorio della città) e nel giro di un’ora ha staccato un assegno da 4 milioni di euro per casa e tenuta. Si vedeva in giro con la moglie Evgenia e un nugolo di guardie del corpo. Non si perdeva un concerto e nel 2017, dopo la prima di quella stagione, offri una cena di gala a cui prese parte tutta la città che conta. Nel 2021 lo hanno arrestato in Russia per corruzione, i giornali scrissero che era entrato in contrasto con Putin per la produzione del vaccino Sputnik. Lui è sparito, la sua villa è ancora sull’Ardizio. Sul molo gestito dalla Lisa, società maltese che ha rilevato i cantieri navali, attraccano ogni anno una dozzina di yacht di lusso. Alcuni battono bandiera panamense, altri cipriota. A detta dei marinai del porto sono «dei russi». Giovedì quello del «signor Generalov ha preso il largo», ma ce ne sono altri. A prescindere dal rischio dei sequestri ai patrimoni degli oligarchi, da quando è scoppiata la guerra, «chi ha potuto – dicono al porto – ha alzato l’ancora». Restano invece i beni. Come l’hotel dall’immobiliarista Vladimir Svinin rilevato nel 2013 con un ristorante. E l’imprenditore del mobile azero Aftandil Askerov non è stato da meno, anche lui ha comprato villa in zona panoramica e hotel a ridosso della spiaggia.