il venerdì, 25 febbraio 2022
Intervista a Jacques Audiard - su "Parigi, 13Arr."
"I giovani oggi vivono le relazioni in maniera diversa rispetto ai miei tempi. Anche il sesso è vissuto in modo più libero, si può finire facilmente a letto al primo appuntamento, ma che succede dopo? Una volta ci si conosceva, si parlava d’amore e poi si faceva sesso, ma oggi la domanda che mi interessava fare è: ci può essere un discorso amoroso dopo che si è già consumato l’amplesso?". Jacques Audiard, 69 anni, sceneggiatore e regista vincitore della Palma d’oro a Cannes con Deephan - Una nuova vita nel 2015 e del Gran Premio della Giuria con il più noto Il profeta nel 2009, spiega i motivi che l’hanno spinto a inoltrarsi per la prima volta nel territorio della commedia romantica. "Avevo deciso da tempo di girare una commedia sull’amore o meglio sulla ricerca dell’amore, quando mi sono imbattuto in tre racconti a fumetti dell’americano Adrian Tomine che mi sono sembrati il punto di partenza perfetto".
Così è nato Parigi, 13Arr., presentato proprio sulla Croisette e in uscita al cinema il 24 marzo (lo si vedrà anche a Roma a fine marzo al Rendez-vous, il festival del nuovo cinema francese), che prende il titolo dal distretto che ospita Les Olympiades, quartiere di torri residenziali della capitale francese dove si svolge la vicenda costruita attorno alle relazioni di quattro giovani. Nonostante una laurea prestigiosa, la franco-taiwanese Émilie (Lucie Zhang) lavora in un call center e arrotonda affittando una stanza nell’appartamento di sua nonna dove vive; ancor prima di aver accettato come coinquilino il nero Camille (Makita Samba), Émilie ci finisce a letto e presto gli comunica di voler avere una relazione, mentre il giovane è titubante. Le cose si complicano quando Camille incontra Nora (Noémie Merlant), arrivata a Parigi per continuare gli studi, ma costretta a lasciare l’Università perché qualcuno l’ha scambiata per la pornostar Amber Sweet (Jehnny Beth, musicista con la band delle Savages, ndr), che furoreggia su Internet. Nora si invaghisce di Camille e al tempo stesso cerca di stabilire un contatto con Amber.
"Questo film non esisterebbe senza i racconti di Tomine", dice Audiard, "anche se si tratta di un adattamento molto libero. La sfida è stata soprattutto quella di immaginare che cosa succede tra un quadro e l’altro del fumetto: sono abituato a scrivere le sceneggiature con altri, ma è stata la prima volta con due donne registe, Céline Sciamma (Ritratto della giovane in fiamme, ndr) e Léa Mysius (Ava). Abbiamo avuto un approccio più pragmatico che poetico".
Pur parlando d’amore e svolgendosi a Parigi, il suo è tutto tranne che un film ambientato nella città più romantica del mondo.
"È difficile uscire da un certo cliché romantico o mostrare qualcosa di diverso dagli edifici dell’Ottocento e del Novecento dello stile Haussmann. Per questo per me è stato molto importante ambientare la vicenda nel 13esimo arrondissement: ho vissuto a lungo nel quartiere Les Olympiades, è un luogo che amo e dove torno spesso. Sei a Parigi ma con quelle torri potresti essere a Shanghai. Ho usato il bianco e nero perché volevo rendere la città più ostile, ma anche assecondare un mio vecchio desiderio da cinefilo".
Come vede il mondo dei giovani che descrive nel suo film?
"Sicuramente è cambiato molto dai miei tempi: quando avevo 25 anni avevo già solide basi e responsabilità, mentre molti giovani oggi non hanno figli, spesso hanno lavori precari, condividono casa con altri. Nelle relazioni mi pare abbiano un forte rispetto per il prossimo e una certa paura di entrare nella sfera emotiva altrui. Alla mia epoca poi non avresti mai usato i social o le chat per incontrare qualcuno".
Che cosa ne pensa?
"Abbiamo fatto ricerche per capire come raccontarli, qualche azienda che realizza app di dating avrebbe voluto partecipare al film, ma alla fine abbiamo deciso di creare il nostro sito fittizio. Nel film abbiamo cercato di rappresentare entrambi i lati dell’utilizzo di questi strumenti, che possono essere usati per distruggere le persone con molestie, ma a volte paradossalmente stabiliscono, attraverso lo schermo, un’intimità maggiore di quella che si ha in presenza".
In un film che parla d’amore la chimica è fondamentale e tra i suoi attori è palpabile.
"Sono stati loro a crearla insieme a un coach. E hanno lavorato anche alle scene di sesso con un coreografo. Ed è una fortuna perché altrimenti sarei stato molto in imbarazzo a dirigerli".
A parte Noémie Merlant, vista in Ritratto della giovane in fiamme, gli altri sono una scoperta. Come li ha trovati?
"Abbiamo fatto dei casting e siamo stati fortunati. In particolare con Lucie Zhang, perché non è facile trovare una ragazza asiatica che parli francese e cinese in maniera fluente e sia disposta al nudo. Ha risposto a un annuncio sul giornale e all’inizio la direttrice del casting l’ha scartata perché troppo giovane, poi si è fermato tutto a causa del Covid e quando eravamo in difficoltà si è ricordata di lei".
Alcuni critici hanno scritto che per la prima volta in un suo film gli uomini piangono.
"Non ho capito perché i critici hanno sempre trovato una forte componente di mascolinità nei miei film. Mi chiedo se farebbero osservazioni del genere su Scorsese. Per esempio mi sono sorpreso che per la prima volta adesso i critici abbiano notato la mia età. Forse perché parlo d’amore?".
Qui manca un tratto distintivo di molti suoi film, la violenza.
"È vero, è presente in diverse mie opere e volevo distaccarmene e in fondo è stato un sollievo. Perché quando giri un film violento sul set c’è un’altra atmosfera, meno rilassata, si vive tutto con molta tensione".
Questo film è in un certo senso una reazione a I fratelli Sisters?
"Truffaut diceva che ogni film è una reazione a quello precedente. Quello è l’unico che ho realizzato su commissione, dopo essere stato avvicinato da John C. Reilly che mi ha proposto di adattare l’omonimo romanzo. È stato un progetto difficile. E così, una volta ultimato, ho deciso che il prossimo film sarebbe stato senza spazi aperti, senza cavalli, senza violenza. E più personale".
Che cosa c’è di personale in questo film?
"Sicuramente c’è molto della mia personalità nel senso dell’umorismo dei dialoghi".
Come l’hanno cambiata i premi a Cannes e il successo de Il profeta che l’ha fatta conoscere in tutto il mondo?
"Non molto, non vedo grandi differenze. È vero che ho avuto un certo successo, ma i miei film non sono blockbuster da cifre stratosferiche. Di sicuro dopo Il profeta ho acquisito una certa libertà soprattutto in Francia di girare, entro certi limiti di budget, ciò che voglio. Ma non creda che poi abbia avuto chissà quali offerte. Soprattutto mi sorprende il fatto di non ricevere proposte di sceneggiature, forse perché agli occhi degli altri sono visto soprattutto come uno sceneggiatore".
Se questa è anche una commedia romantica, quali sono le sue preferite?
"Per me è più una commedia erotica, sul genere di Sesso, bugie e videotape. In ogni caso ci sono moltissime commedie romantiche che ho amato molto, da Harry ti presento Sally a Manhattan e Io e Annie di Woody Allen fino a Le notti della luna piena di Eric Rohmer".