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 2022  marzo 04 Venerdì calendario

FUGA DA MOSCA - ANCHE SACE ANNUNCIA LA SOSPENSIONE DELLA VALUTAZIONE “DELL’ASSUNZIONE DI NUOVI RISCHI PER L’ATTIVITÀ DI EXPORT CREDIT IN RUSSIA E BIELORUSSIA” - INTESA SANPAOLO CONTINUA A OPERARE IN UCRAINA CON “PRAVEX BANK”, UNICO ISTITUTO CONTROLLATO DA UN GRUPPO ITALIANO NEL PAESE INVASO - DA ENI A GENERALI: TUTTE LE AZIENDE CHE STANNO LASCIANDO LA RUSSIA -

(ANSA) - "In considerazione dell'aggravamento di rischio sulle geografie interessate dal conflitto russo-ucraino", Sace annuncia la sospensione temporanea della "valutazione dell'assunzione di nuovi rischi per l'attività di export credit in Russia e in Bielorussia". Inoltre, comunica la società in una nota, "con l'obiettivo di valutare quotidianamente lo scenario e fornire il massimo supporto agli esportatori italiani e al Sistema Paese, Sace ha attivato un tavolo di crisi trasversale che coinvolge diverse funzioni e continuerà a monitorare la situazione con estrema attenzione, aggiornando la propria posizione in base a futuri sviluppi".

2 - BANCA INTESA: COSÌ TUTELIAMO I COLLEGHI IN UCRAINA E AIUTIAMO GLI ASSEDIATI Fabrizio Massaro per il “Corriere della Sera”

Pravex Bank è un piccolo istituto bancario in Ucraina, 45 sportelli sparsi per il Paese e 780 dipendenti. Ma ha una particolarità: è l'unica banca controllata da un gruppo italiano, Intesa Sanpaolo, e si trova ora a operare in uno scenario di guerra.

«Siamo rimasti colpiti dalla capacità di reazione dei colleghi: vogliono che la banca resti aperta anche per dimostrare che la vita mantiene una parvenza dì normalità, ma lo facciamo solo dove abbiamo garanzie assolute di sicurezza», spiega Marco Elio Rottigni, responsabile divisione International Subsidiary Banks di Intesa.

La verifica dei rischi avviene ogni giorno, perché lo scenario cambia continuamente, sulla base di piani di emergenza studiati da tempo e costantemente aggiornati: «Ieri erano aperte 12 filiali su 45, stamattina abbiamo aperto con 6 e poi se ne sono aggiunte altre 7 nel corso della giornata.

Continuiamo ad operare nelle zone a non rischio, tendenzialmente quelle più a ovest, serva esserci per aiutare le persone che fuggono: una filiale aperta, un bancomat che funziona è qualcosa che serve alla gente ma c'è anche una partecipazione emotiva da parte dei colleghi».

I nodi che una banca in un'area di guerra affronta sono molto complessi, dagli attacchi hacker ai crimini fisici ma c'è da affrontare anche la protezione delle persone oltre che il mantenimento del servizio.

«In alcune zone in aree critiche non possiamo aprire. La legge marziale richiama gli uomini dai 18 ai 60 anni: il fenomeno da noi è più limitato perché abbiamo il 75% di lavoratrici, un livello peraltro normale nelle banche del centro-est Europa dove siamo presenti, dalla Slovacchia, dalla Romania all'Ungheria».

Proprio dai paesi confinanti Intesa Sanpaolo ha organizzato una rete per dipendenti e le famiglie che scelgono di lasciare il Paese: «Appena arrivano in Slovacchia, in Ungheria, Romania e Moldavia, le nostre banche presenti in quei paesi offrono immediata assistenza: li andiamo a prendere, diamo troviamo loro sistemazione e assistenza-base: abiti, carta di credito, sim card.

A causa della legge marziali sono donne, bambini e anziani, finora 35 persone, 12 nuclei familiari, c'era anche un gatto. Ma non sappiamo quale sarà il flusso. Più della metà dei dipendenti sta a Kiev sotto le bombe. I tre manager italiani e le loro famiglie, a cominciare dal ceo Stefano Burani, sono rientrati un mese fa in Italia. Noi staremo aperti fino all'ultimo collega che decide di attraversare il confine. Daremo sostegno ai nostri colleghi con anticipazioni retributive ed erogazioni straordinarie. Stiamo chiedendo a clienti e a colleghi di sostenere le attività di solidarietà della banca, che sta sostenendo varie ong in Ucraina ».

3 - DA IKEA A NIKE, FUGA DA MOSCA LASCIANO ANCHE ENI E GENERALI Vittoria Puledda per “la Repubblica”

I grandi gruppi abbandonano la Russia. Ieri è stata la volta di Ikea, che ha sospeso produzione, vendita , import ed export, e di Generali, che ha deciso di chiudere la sede di rappresentanza a Mosca, le attività di Europ Assistance nel paese e di ritirare i suoi rappresentanti dal board di Ingosstrakh (ma non di vendere la quota). Dal 2013, infatti, Generali detiene il 38,5% nella compagnia assicurativa, in cui ha una partecipazione del 10% anche l'oligarca Oleg Deripaska.

Quota di minoranza quella di Generali (che ha donato 3 milioni a favore dei rifugiati) che nel comunicato aggiunge di «non avere alcuna influenza sulla sua attività». La compagnia ha aggiunto che «per quanto riguarda gli investimenti finanziari e il business assicurativo, sta valutando costantemente la propria marginale esposizione sul mercato russo ed è conforme al rispetto di tutte le sanzioni che potrebbero essere applicate».

Nel frattempo, si sono dimessi dal board russo Giorgio Callegari, Luciano Cirinà (responsabile dei paesi dell'Est per Generali) e Paolo Scaroni, rimasto nel consiglio di Ingosstrakh anche dopo l'uscita dal cda Generali. Anche dal mondo delle auto, all'hi-tech, a quello dell'intrattenimento, della moda e delle spedizioni, e soprattutto a quello petrolifero, le multinazionali stanno girando le spalle a Putin.

L'elenco è lungo: Volkswagen, Toyota, Honda e Mazda (che fermerà le forniture di parti di ricambio) mentre Apple e Nike hanno bloccato le attività commerciali, anche online. In campo energetico la prima a muoversi era stata Bp, che vuole cedere la sua quota di quasi il 20% in Rosneft, anche a fronte di una perdita stimata in 25 miliardi di dollari. Shell vuole uscire dalla joint venture con Gazprom, mentre Exxon sta pianificando una uscita graduale dal paese.

La norvegese Equinor ha cessato le partnership con Rosneft, e ha detto addio a Putin anche la danese Orsted. Da giorni anche Eni ha annunciato per quanto riguarda la partecipazione congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream (che collega la Russia alla Turchia), che «intende procedere alla cessione della propria quota». Diversa invece la posizione di Unicredit. La banca guarda da vicino le evoluzioni della situazione ma per il momento non ha preso decisioni.

«Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi, il paese è già stato soggetto a una serie di sanzioni e ci siamo sempre adeguati al contesto», spiega un portavoce dell'istituto. Che, dopo aver venduto nel 2016 la banca in Ucraina, è presente in Russia con Ao Unicredit bank, quattordicesima banca del paese con 70 sportelli e 4 mila dipendenti, ma ha un peso limitato all'interno del gruppo italiano (circa il 3% dei ricavi e il 4% del patrimonio netto complessivo).

Ancora più ridotta l'esposizione di Intesa Sanpaolo, che tra Russia e Ucraina (dove ha Pravex bank) ha un'esposizione che pesa per lo 0,1% degli asset totali. La banca ha avviato «valutazioni strategiche» sulla permanenza in Russia, ma di medio periodo. Nessuna decisione immediata, insomma, anche se in prospettiva si inizia a immaginare uno scenario in cui la banca guidata da Carlo Messina sarà fuori. Banca Intesa Russia è guidata dal potente Antonio Fallico.