Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  marzo 04 Venerdì calendario

NON SOLO GRANO E GAS: TRE ACCIAIERIE ITALIANE HANNO DOVUTO FERMARE LA PRODUZIONE PER COLPA DELLA GUERRA - UCRAINA E RUSSIA INSIEME RIFORNISCONO L'EUROPA DI UN TERZO DEL SUO ACCIAIO E LA DIPENDENZA DELL'ITALIA E' AL 40,8% (20,7% DALLA RUSSIA, 20,1% DALL'UCRAINA) - ANCHE BMW, MICHELIN E VOLKSWAGEN HANNO BLOCCATO GLI STABILIMENTI EUROPEI - "CI SARANNO NUOVI SHOCK SUL LATO DELL'OFFERTA DI MATERIE PRIME E DI SEMILAVORATI"  -

Lo stop all'interscambio commerciale con la Russia e con l'Ucraina, in alcuni settori fortemente dipendenti dalle forniture dei due paesi, inizia a dispiegare l'impatto negativo anche sulle fabbriche europee con la sospensione di intere linee di produzione. Lo ha deciso Volkswagen, e poi Bmw, il gruppo Michelin. Nessuno stop invece per Pirelli che ha smentito indiscrezioni in tal senso.

In Italia i primi contraccolpi per carenza di materie prime si sentono soprattutto nella siderurgia e così, per la seconda volta nell'arco di pochi giorni, si ferma la produzione nelle tre acciaierie di Ferriere Nord del gruppo Pittini, Osoppo (Udine), Verona e Potenza. «Le navi con i materiali sono ferme in Mar Nero e noi siamo in attesa che la situazione si normalizzi» spiegano in azienda. Altre decisioni di questo tipo sono nell'aria.

«Alcune aziende sono già rimaste senza ghisa, e il timore è che i blocchi produttivi ucraini e le sanzioni contro la Russia possano provocare nuovi shock sul lato dell'offerta di materie prime e di semilavorati, determinando impatti devastanti sui prezzi e sulle potenzialità di fornitura di commodity necessarie alle nostre filiere produttive» dice Fabio Zanardi, presidente di Assofond. Ucraina e Russia insieme riforniscono l'Europa di un terzo (33,1%)del suo acciaio.

La dipendenza dell'Italia sale al 40,8% (20,7% dalla Russia, 20,1% dall'Ucraina). «È soprattutto nel settore della ghisa che i due paesi sono grandi protagonisti, insieme coprono il 53% della quota di export mondiale» spiega Stefano Ferrari, direttore centro studi Siderweb. Molti impianti ucraini sono nel Dombass, la regione che Putin ha annesso unilateralmente alla Russia. Ma anche gli altri nelle zone centrali sono in difficoltà per il conflitto.

Proprio ieri ArcelorMittal ha annunciato che ha iniziato lo spegnimento degli altiforni a Kryvyi Rih, in Ucraina appunto. Altri grandi produttori stanno pensando di fare la stessa cosa.«Ci si deve aspettare l'aumento dei prezzi di ghisa, Dri, rottame, bramme e prodotti piani al carbonio, oltre a ulteriori incrementi dei costi produzione per i rincari di energia e nickel» prevede Ferrari.

RICERCA DI ALTERNATIVE Venendo meno Ucraina e Russia, i paesi importatori hanno iniziato la caccia a fornitori alternativi, dall'Asia o dall'India, quote Ue permettendo. Ma la pressione della domanda influirà ancora di più sui prezzi. E, a cascata, si riverserà sui prodotti finiti che hanno componenti di acciaio e alluminio. Si salva per ora chi ha riempito i magazzini di scorte.

«La pandemia ci ha allenati a governare l'emergenza e l'incertezza. Nei nostri stabilimenti ormai lavoriamo con stock elevati. E comunque il gruppo Marcegaglia anche prima del conflitto importava poco da questi due paesi» dice l'ad Antonio Marcegaglia. Il quale comunque non nasconde di essere preoccupato.

«Stiamo vivendo una fase molto instabile e terribilmente complicata. Ogni giorno lo scenario può mutare», dice Federico Visentin, presidente di Federmeccanica, che ieri ha presentato l'indagine congiunturale sul settore con i buoni risultati del 2021, ad eccezione dell'automotive . E proprio il settore auto, come detto, è tra i primi a doversi piegare alla carenza di approvvigionamenti. Mancano i microprocessori e anche i cablaggi prodotti in Ucraina.

Bmw ha chiuso per una settimana le linee del più grande stabilimento europeo, quello di Dingolfing in Germania. E a breve - secondo il Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) - toccherà nellaltro sito di Monaco, con ricadute nello stabilimento Mini di Oxford e in quello di Steyr in Austria dove si costruiscono motori.

Già nei giorni scorsi il Gruppo Volkswagen aveva annunciato programmi di riduzione o sospensione della produzione in diverse fabbriche proprio per la carenza della componentistica proveniente dall'Ucraina. E ieri anche il gruppo Michelin (pneumatici) ha comunicato il fermo della produzione di alcuni suo stabilimenti in Europa. Contestualmente è fuga dalla Russia: ogni giorno aumentano le aziende dei vari settori che abbandonano il Paese sia chiudendo gli stabilimenti in loco che interrompendo gli scambi commerciali.