il Giornale, 4 marzo 2022
La cultura del sesso. Intervista a Kate Lister
È davvero «Una storia imprevedibile», come promette il sottotitolo, quella raccontata da Kate Lister in Sesso (ilSaggiatore, pagg. 438, euro 26), nonostante l’argomento non sia dei meno noti... Lister, che è una storica di formazione (il volume ha cento pagine di note e bibliografia), riesce a sorprendere e anche a divertire, ripercorrendo la storia di cibi afrodisiaci, perversioni, metodi contraccettivi, prostituzione maschile e femminile, biciclette, igiene (scarsa, di solito), peli pubici, test di verginità e, anche, attraverso un uso più che disinvolto del linguaggio del settore...
Kate Lister, lei è una storica: perché ha iniziato a occuparsi di sesso?
«Trovo la storia del sesso affascinante perché esso è uno dei grandi livellatori umani. È qualcosa che tutti abbiamo in comune. Benché l’atto sessuale non sia mutato granché da quando abbiamo iniziato a compierlo, il significato, i valori e i rituali intorno a quell’atto cambiano enormemente. Imparare come siano cambiati gli approcci culturali al sesso ci aiuta a capire a che punto siamo noi, oggi».
Per gli umani, dice, non è solo un atto fisico. Quanto è importante l’aspetto culturale?
«È incredibilmente importante, poiché è ciò che davvero ci differenzia dal resto del regno animale... Noi colleghiamo una serie di emozioni e di comportamenti al sesso come nessuna altra specie fa. Gli uomini rendono alcune pratiche sessuali punibili per legge, perfino con la morte, e tutto ciò deriva dall’intellettualizzazione del sesso. Dire che pensiamo troppo al sesso è un eufemismo».
C’è una cultura che è stata più disinibita?
«Ogni cultura si è comportata diversamente: quello che consideriamo accettabile, erotico, respingente o sbagliato nel sesso cambia continuamente. Vorrei poter dire che c’è stato un momento perfetto nella storia, ma non è così; ci sono stati tempi in cui si discuteva di sesso più apertamente, come nell’Antica Roma, ma anche all’epoca c’erano moltissime inibizioni».
Come umani, che cosa ci rende unici nel sesso?
«Il senso di colpa e il livello di controllo che esercitiamo intorno a esso. Nessun altro animale lo fa: gli animali sono guidati dalla lussuria e hanno i loro rituali, ma non si vergognano di ciò che fanno».
Quello che usa nel libro, dice, è uno «slang storico»: perché ha scelto un linguaggio così provocatorio?
«Adoro lo slang e la sua storia. Considerando il modo in cui viene utilizzato nelle varie epoche, si può tenere traccia di come cambino gli approcci culturali: quali parole siano ritenute oscene dice molto di una cultura... Inoltre, lo slang è una finestra meravigliosa sul modo in cui le persone si parlavano davvero e su ciò che consideravano divertente».
Una delle parole che «esorcizza» è «puttana». Dice anche che, per secoli, le donne erano tutte considerate tali.
«Basterebbe tornare indietro di un centinaio d’anni e... sì. Cose come fare sesso prima del matrimonio, fare sesso casuale, fare sesso omosessuale erano ritenute sconvolgenti dal vittoriano medio. E non è che sia cambiato tutto all’improvviso».
La prostituzione è davvero il mestiere più antico del mondo?
«Si dice spesso, ma non è così. In molte culture, che non avevano né soldi né commercio, non c’è prova che il sesso fosse in vendita, proprio perché non c’erano né denaro, né lavoro. Il che non significa che il sesso non sia stato un bene molto utile... Molti antropologi ritengono che la professione più antica sia quella di medico».
Nel vocabolario del sesso, qual è la parola più offensiva, e perché?
«In America e in Gran Bretagna direi f.... È ancora una parola tabù. È anche la mia preferita. Come dicevo, si può capire molto di una cultura, grazie a quali parole considera oscene; e il fatto che una delle parole più offensive della lingua inglese significhi semplicemente vulva, beh, racconta molto di noi, non le pare?».
Fra i molti «miti» legati al sesso, uno riguarda certi miracolosi antiage...
«Ai primi del ’900 andavano pazzi per l’idea, del tutto folle, che si potesse invertire il processo di invecchiamento e stimolare la libido integrando i livelli di ormoni; il che, per gli uomini, significava integrare i livelli di testosterone. Come? L’idea era di farsi trapiantare dei testicoli di scimmia, nella convinzione che facessero miracoli... Ovviamente non aveva senso, ma all’epoca era molto popolare».
Esistono cibi afrodisiaci?
«No. Non ci sono cibi davvero eccitanti, anche se il cibo fa spesso parte della seduzione ed è molto erotico. L’alcol può abbassare le inibizioni e potenziare le emozioni, ma è anche un soppressore, e può creare scompiglio nell’eccitazione».
Le cose più strane che ha scoperto?
«Che fino all’invenzione della gomma, i preservativi erano fatti di budella animali e venivano lavati e riutilizzati. E poi che i cornflake sono stati inventati per abbassare la libido e prevenire la masturbazione: la teoria era che i cibi insipidi aiutassero a diminuire il desiderio».
Altro?
«Nel ’700 e nell’800, gli amanti erano soliti regalarsi ciuffi di peli pubici, da portare in un medaglione. Lord Byron ne aveva moltissimi, spediti dalle sue ammiratrici».
I vittoriani sono noti per essere stati molto puritani, ma nel suo libro sembrano anche molto sessualmente all’avanguardia.
«È vero. All’esterno erano repressivi e facili allo scandalo, ma in realtà erano ossessionati dal sesso. Inoltre nell’800, con l’avvento della fotografia, anche la pornografia venne industrializzata, a un livello mai visto prima. Però non sono sicura che noi siamo molto diversi dai vittoriani...».
Perché dice che la bicicletta è stata la vera svolta nella parità dei sessi?
«Perché ha consentito alle donne una libertà del tutto nuova. All’improvviso, viaggiare era possibile. In più ha spinto le donne ad abbandonare i corsetti troppo stretti e i gonnelloni svolazzanti, che si impigliavano nelle ruote, e a indossare mutandoni e corsetti più comodi. Tutte cose considerate scandalose, all’epoca».
È vero che c’è chi si eccita per i raggi del sole?
«Sì, ad alcuni capita. Si chiama actirastia. Ma le persone si eccitano per qualsiasi cosa».