La Stampa, 3 marzo 2022
Intervista a Paolo Nori
Quale ateneo, quale tempio del sapere, quale luogo di conoscenza, può considerare Fëdor Michajlovi? Dostoevskij un pericolo? È questa la domanda che ruota intorno all’incredibile vicenda raccontata da Paolo Nori in un post Instagram diventato virale: un’università italiana, la Bicocca di Milano, ha comunicato allo scrittore - profondo conoscitore della Russia, della sua letteratura come delle sue città, della sua lingua come della sua anima - che il ciclo di lezioni sull’autore di Delitto e castigo, I fratelli Karamazov, L’Idiota, veniva sospeso a causa della situazione internazionale. Al che Paolo Nori, che sa raccontare la Russia come un romanzo e la sua vita quotidiana come fortunati sketch di teatro, ha strabuzzato gli occhi, ha puntato il cursore del portatile di nuovo su, ha riletto daccapo. Poi ha pensato: «Che teste di c...Lo scriva, lo scriva pure: che teste di c.».
Vedendo le sue lacrime sui social non si può non pensare al suo ultimo romanzo, Sanguina ancora. È sempre Dostoevskij a farla sanguinare. Ma stavolta i suoi libri non c’entrano.
«Cosa può far paura di Dostoevskij? Cosa temono di un uomo che è stato condannato a morte perché aveva letto pubblicamente una lettera proibita nel 1849?».
L’università parla di un malinteso, il corso si farà.
«Non so ancora se accettare e anzi non penso che lo farò. A meno che non mi dicano la verità: cosa hanno ritenuto imbarazzante di Dostoevskij riguardo alla guerra? La mail che mi hanno mandato è chiarissima: "Il prorettore alla didattica, d’accordo con la rettrice, ha deciso di rimandare il percorso su Dostoevskij per evitare tensioni interne in questo momento di politica internazionale". Che malinteso può esserci in una lettera del genere?».
Lei cosa pensa di quel che sta accadendo in Russia e in Ucraina?
«A lezione con i ragazzi del secondo anno (Nori insegna allo Iulm, ndr)abbiamo tradotto l’editoriale del premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, il direttore della Novaya Gazeta. Racconta che si sono ritrovati addolorati in redazione e c’è quest’immagine di Putin con in mano il pulsante nucleare come fosse il portachiave di una macchina lussuosa, come stesse giocando. Muratov scrive: "Ci rifiutiamo di considerare l’Ucraina un popolo nemico, questo numero del giornale esce in edizione bilingue, in russo e in ucraino, che non sarà mai per noi la lingua del nemico". Ecco, io sono contento di aver portato dentro l’università questa roba qui. E ho scritto a un grande fotografo russo, Alexander Gronsky, arrestato in Russia per aver protestato contro la guerra, perché a Reggio Emilia hanno cancellato la sua partecipazione al Festival Fotografia. Gli hanno revocato l’invito perché russo. Mi sono scusato, gli ho detto che mi dispiace».
Le ha risposto?
«Sì. Mi ha detto che non riesce a essere tanto dispiaciuto per la revoca perché soffre per l’Ucraina. Questa guerra è una condanna per tutti. Ci stiamo dimenticando che in Russia ci sono persone così e non dobbiamo farlo. Io voglio ribadire il mio amore per la Russia oggi più che mai».
Si aspettava dall’università questo istinto di censura?
«Nella risposta ho scritto: "Sono senza parole". Quasi non volevo raccontarlo».
È talmente assurdo da poter condurre a un risveglio.
«Lo spero. Una docente di russo mi ha detto che alcuni suoi amici dovevano tornare a casa e non possono perché non ci sono voli, non funzionano le carte di credito. Ma essere russo non può essere una colpa».
Neanche essere ucraino lo è. La Russia ha deciso di attaccare in modo feroce e senza precedenti. Si aspettava un atto del genere?
«La voglia di Grande Russia c’è da sempre, ma no, non mi aspettavo si arrivasse a questo. Nel suo primo discorso Putin ha detto che moltissimi cittadini russi hanno un "rodnoj" in Ucraina. È più di un parente: viene da rodìt, partorire. Una persona con cui si ha un legame viscerale. Quindi no, non me l’aspettavo, ma io ho studiato letteratura, non riesco ad appassionarmi di politica».
Crede che sulla decisione della Bicocca abbia influito quanto successo alla Scala?
«Ho trovato esagerata la decisione sul direttore d’orchestra Gergiev. Poi ho visto che anche la soprano Netrebko, che è contro la guerra e che dicevano non sarebbe venuta perché stava male, ha scritto su Instagram che no, non sta male, non viene apposta. Perché è contro la guerra, ma non contro la Russia. E quindi trovo che quel che sta succedendo sia una cosa stupida e che noi dobbiamo provare a non essere stupidi. Il portiere polacco della Juventus dice che è un bene che la Russia sia stata espulsa dai campionati del mondo. Bello sportivo! Che colpa hanno i giocatori?».
L’Europa risponde con le sanzioni, per cercare di isolare la Russia e convincerla a smettere di lanciare bombe sui civili. Non crede abbia senso?
«Non ho la preparazione, né l’intelligenza, né so se è giusto mettere sanzioni. Ma so che le persone devono comportarsi per bene con le altre persone. Anche se sono russe, anzi oggi a maggior ragione se sono russe o ucraine. Chi non ha fatto nulla di male merita il nostro rispetto. Questo fotografo russo che non abbiamo voluto era contro la guerra, è stato arrestato per questo, cosa ha fatto di male? Sono esseri umani anche i russi. Non avrei mai pensato di dover dire una frase del genere».
Alla Bicocca dicono che volevano aggiungere autori ucraini, non sospendere Dostoevskij. Par condicio di guerra in letteratura?
«Povera gente. Una persona mi ha chiesto se Bulgakov è russo o ucraino. Era nato a Kiev, ma ha sempre scritto in russo. Sa qual è l’unica risposta possibile? È un grande scrittore».