Corriere della Sera, 2 marzo 2022
La discarica bocciata e il gioco di magia
«Sim Salabim!», esclamava Silvan: e dal cilindro vuoto traboccavano conigli. «Sim Salabim!», e la donna segata in tre pezzi riappariva tutta intera. «Sim Salabim!», e dal taschino della giacca si liberavano nel cielo le candide tortorelle. «Sim Salabim!», ha esclamato un aspirante mago del Campidoglio: e si è levata una pernacchia. Ovvio. Manco un genio come il Mago di Venezia, che va per gli 85 anni e calca i palcoscenici dal 1956, sarebbe riuscito nel prodigio prodigioso tentato dal Comune di Roma: riciclare la vecchia idea di una discarica accanto a Villa Adriana, seppellita sotto un diluvio di polemiche, con un trucchetto da giocatori di bussolotti. Si doveva chiamare allora, una decina di anni fa, la «discarica di Corcolle» e l’Unesco arrivò a minacciare direttamente la cancellazione del magnifico sito archeologico dall’elenco dei Patrimoni dell’umanità. Impossibile riesumarlo. «Che famo?», si son dunque chiesti in Campidoglio. «Sim Salabim!», e le hanno cambiato nome. Via dai progetti la parola Corcolle, avanti l’«area su via Zagarolese». Manco il tempo che la notizia finisse sulle cronache locali, che precisavano come Roberto Gualtieri debba dare alla Regione entro marzo le indicazioni sulla nuova discarica da aprire, e Urbano Barberini, l’associazione Ponte Lupo-il Gigante dell’Acqua e tutti ma proprio tutti gli ambientalisti animatori delle furibonde proteste dell’epoca che avevano portato alla bocciatura dell’idea da parte del governo Monti e alle dimissioni del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, sono saltati su come tarantolati: «Ma è esattamente la stessa area già bocciata! Ancora?». Sbalordimento legittimo. Basti rileggere le polemiche di allora. Sulla perizia che spacciava il Castello medievale di Corcolle come un anonimo «manufatto edilizio». Sul terreno che gli abitanti ricordavano per le «rare ma devastanti piene torrentizie». Sulle falde che sarebbero state avvelenate nonostante fornissero una «importante quota di approvvigionamento idrico alla Capitale». Sul fetore che a ogni folata di vento sarebbe finito dritto ad ammorbare i meravigliosi resti di quella villa che l’imperatore Adriano aveva voluto costruire proprio lì, sotto Tivoli, per il clima sempre fresco e ventilato, villa che stava a non più di 700 metri dalla discarica in programma. Un’assurdità. E pochi anni dopo c’è ancora chi ci riprova? D’accordo che questo è un Paese senza memoria, ma c’è un limite a tutto.