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 2022  marzo 02 Mercoledì calendario

Un rottame colpirà la Luna

Gli astronomi hanno calcolato che il 4 marzo, all’1 e 26 del pomeriggio, ora italiana, per la prima volta, sulla Luna si schianterà un pezzo di «spazzatura spaziale» alla velocità di 9.200 km orari. Si tratta di una parte di un missile cinese che nel 2014 mise in orbita un satellite Chang’en5-T1. Ma i cinesi negano.
L’urto è considerato dagli astrofisici un’occasione per dare un’occhiata al sottosuolo lunare e, forse, per raccogliere dati sismici. Ma la fine non prevista di questo pezzo di veicolo spaziale è un segnale d’allarme significativo: la moltiplicazione incontrollata di missioni spaziali civili e militari che da decenni si susseguono mentre aumenta il numero di Paesi con ambizioni extraterrestri, sta sparpagliando nel cosmo una quantità enorme di rottami che, se non ricadono verso la Terra bruciandosi nell’attrito con l’atmosfera, diventano proiettili che possono rappresentare una minaccia mortale per le stazioni spaziali attualmente in orbita.
Secondo una rilevazione dello U S Space Surveillance Network aggiornata all’ottobre del 2019, intorno alla Terra girano almeno 20 mila detriti spaziali pericolosi, tra i quali oltre 2.200 satelliti non più operativi come il Vanguard: un satellite lanciato dagli americani nel 1958, poco dopo il primo Sputnik sovietico. Poi pezzi che si sono staccati dalle astronavi in 60 anni di missioni spaziali, rottami di satelliti distrutti per incidenti o per esperimenti militari. È il caso del satellite meteorologico FY-1C fatto esplodere dai cinesi nel 2007 o della collisione di due satelliti russi – il Cosmos 2251 e l’Iridium 33 – avvenuta nel 2009 sopra la Siberia. I frammenti di dimensioni inferiori ai 10 centimetri sono invece milioni. E può bastare anche un oggetto così piccolo a distruggere un satellite, se lo colpisce alla velocità di un proiettile.
Al primo settembre 2021 (dato Union of Concerned Scientists) il numero dei satelliti operativi attorno alla Terra era di 4.550, tra commerciali, militari, meteo, di telecomunicazione, di navigazione, gps e telescopi. Il monitoraggio dei rischi spaziali è affidato alla Iadc: una sorta di Onu della spazzatura spaziale alla quale aderiscono la Nasa, l’Esa europea e le agenzie spaziali della Russia, della Cina e di tutti gli altri Paesi attivi fuori dall’atmosfera terrestre, diventati in totale ben 72.
Un’attività che diventa ancora più complicata ora che anche diversi imprenditori privati cominciano a operare nello spazio: con le ambizioni interplanetarie di Elon Musk che mira alla Luna e a Marte, e soprattutto con le migliaia di satelliti per telecomunicazioni e copertura wireless planetaria messi in orbita dalla sua Starlink. Musk ha già lanciato circa duemila minisatelliti, e dice di voler arrivare a 12 mila per creare la più potente e capillare rete a banda larga del mondo. In realtà ne sta perdendo molti, perché non funzionano o non riescono a entrare in orbita. Ora intende lanciare altri 30 mila satelliti, facendo infuriare per questo anche la Nasa, suo partner. La Cina ha denunciato all’Onu due rischi di collisioni con satelliti «impazziti» della Starlink che hanno costretto Tiangong, la stazione spaziale del gigante asiatico, a bruschi cambi di rotta.
Poi c’è la Kuiper, la rete di Jeff Bezos, autorizzata dal governo Usa a mettere in orbita 3.236 satelliti a partire dalla fine del 2022. Intanto le agenzie spaziali stanno chiedendo a tutti gli operatori, pubblici e privati, la garanzia che a fine missione siano in grado di riportare sulla Terra ciò che viene mandato in orbita.
I tycoon dell’economia digitale stanno puntando anche a sviluppare il nuovo mercato del turismo spaziale, destinato a diventare un insulto alla povertà e un danno al clima. La Blue Origin di Jeff Bezos e la Virgin Galactic di Richard Branson offrono i loro voli suborbitali ai miliardari: il costo del biglietto per un viaggio di 11 minuti in una capsula sparata a 100 chilometri di quota si aggira sui 250 mila dollari.
Finora i lanci sono stati poche decine, ma la sola Virgin Galactic punta ad effettuare almeno 400 lanci turistici l’anno. Altri imprenditori privati stanno progettando stazioni spaziali low cost fatte di moduli gonfiabili, alberghi orbitanti, palloni aerostatici d’alta quota che possono portare i turisti spaziali a più di 100 chilometri d’altezza. Eloise Marais, geofisica della University College London, ha calcolato l’impatto sul riscaldamento globale del lancio di un uomo nello spazio: le emissioni di CO2 sono pari a 100 volte quelle di un suo volo intercontinentale.
Inoltre gli scienziati puntano il dito anche su altre emissioni dannose prodotte da questi viaggi turistici, come quella di fuliggine destinata a inquinare la stratosfera e a danneggiare la fascia dell’ozono.