“Con le gambe, con il culo, coi miei occhi, ciao ciao”: un pezzo gioioso ma con un tema complesso, un invito a ballare nonostante il Titanic, c’è anche una frase vagamente profetica: “Mentre leggo uno stupido giornale, in città è scoppiata la guerra mondiale”. Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina sabato scorso erano in piazza tra quanti manifestavano contro la guerra, su Twitter hanno lanciato l’idea di un concertone per sostenere le vittime dell’invasione russa in Ucraina.
Com’è nata l’idea del live benefico?
«In modo spontaneo, chiacchierandone tra noi. Eravamo appena stati insieme alla manifestazione in piazza Duomo a Milano. E poi c’è stato l’incontro con questo amico che per questioni familiari ci ha parlato della questione ucraina un po’ più da vicino e a un certo punto ci ha chiesto se ce la sentivamo di provare a fare qualcosa, una raccolta fondi. Uno dei modi migliori per partecipare era di organizzare un concerto, di fare una chiamata ai nostri colleghi. Molti hanno già risposto, Francesca Michielin, Noemi, Tananai, Miss Keta, Ditonellapiaga, Brunori, Diodato, ora vediamo cosa può succedere».
A un mese da Sanremo la frase sulla guerra mondiale è diventata di attualità, ci avreste mai pensato?
«Nonostante avessimo portato a Sanremo un brano coreografato, ballabile e con un ritmo incalzante, per noi era importante raccontare una crisi, quella che stiamo attraversando come umanità. E dentro a questa crisi abbiamo senz’altro subodorato anche questi venti di guerra, per noi è difficile accettare l’idea di trovarci di fronte a queste notizie. Le canzoni hanno questa doppia valenza, che da una parte portano alla luce determinate paure e sensazioni che ti attanagliano in un momento della tua vita, mosse dal fatto che nell’aria si respira questa pesantezza, dall’altra parte diventano anche un modo per esorcizzarle, scacciarle via e guardare al futuro con un occhio di speranza, e la speranza è l’unica cosa che come artisti possiamo seminare».
Trattare temi importanti con
una veste leggera sembra la vostra cifra.
«In molte culture nei momenti di difficoltà si fa ricorso a una ritualità che per contrasto scatena la gioia, persino di fronte alla morte si balla.
Il movimento e il corpo sono il simbolo di una resistenza. E poi c’è l’aspetto collettivo che il ballo porta con sé, oggi più che mai necessario per la crisi e la pandemia che stiamo attraversando, una crisi che nega i corpi e la collettività».
Corpi negati anche quelli ritratti sulle copertine dei vostri album, messi al bando da Facebook.
«È vero, la cover di MyMamma con la rivisitazione psichedelica del quadro L’origine del mondo di Gustave Courbet, e Ciao ciao con il dettaglio del sedere della Venere Callipigia sono stati bannati da Facebook. La rete è cieca, i bot colpiscono le curve e appiattiscono tutto, ma per fortuna ci siamo noi in carne ed ossa».
All’indomani del Festival avete fatto un tweet sull’Eurovision proponendovi per lo Stato del Vaticano o per San Marino, ci avete mai pensato davvero?
«Ci avrebbe fatto molto piacere poter partecipare all’Eurovision ma i modi per portare la nostra musica all’estero sono tanti, troveremo vie alternative e del resto sta già accadendo. Il nostro tweet sul Vaticano e su San Marino era una boutade, eravamo ancora nella bolla sanremese, era solo uno scherzo, ma siamo stati presi sul serio. È stato divertente poi vedere che Achille Lauro arriverà davvero all’Eurovision grazie a San Marino».
Dal 19 giugno, da Ferrara, il tour, avete scelto quasi tutti festival.
«Sono i festival che hanno scelto noi. Nei festival c’è il giusto spirito, lo scambio e il confronto tra gli artisti.
Il fatto positivo è che il settore sia ripartito. Il nostro collettivo sarà allargato con due musicisti che ci seguono nella fase di scrittura, cioè Carmelo Drago e Roberto Cammarata con cui abbiamo scritto anche Ciao ciao. Ma l’elemento fondamentale resta sempre il pubblico».