La Stampa, 2 marzo 2022
L’Onu è inutile
Lo confesso: sono un ingenuo. Da una settimana, da quando la coscienza rantola sotto le rovine dell’Ucraina mi ostino a cercare notizie dell’Onu. Sì. Nella ennesima quaresima del dispotismo, e questa venata di allarmanti cantilene atomiche, mi sforzo di trovare notizie di Antonio Guterres, il segretario generale. Il segretario generale: riempie la bocca, segretario generale, dà l’idea di un onnipotente.
Sono cresciuto e non sono certo il solo, nell’idea che ci sono delle istituzioni che per la loro natura, la vita che vi è raccolta e condensata, i ricordi e le speranze che ci si intrecciano alla loro fondazione, talvolta anche con il solo suono del nome o l’evocazione del palazzo che li ospita, diventano, nel bene e nel male, l’immagine obbiettiva di una situazione, di una vicenda, di una storia. E finiscono per identificarsi con quella come fossero la loro forma reale, la loro proiezione esterna, politica, umana.
Ecco: il Palazzo di vetro, le Nazioni unite per gli ingenui di tutto il mondo come me sono ancora la pace, la possibilità almeno della pace, il luogo fisico dove la pace può diventare forza e diritto. Dove esiste, comunque, anche quando le trame di violenti e concussori tentano e talora riescono a umiliarla e a guadagnare posizioni.
Ebbene nel corso dei decenni, mentre la Storia finiva e poi ricominciava e ricominciava ancora e forse l’Ucraina è quest’altro terribile inizio, le agenzie delle Nazioni unite sembrano aver soppiantato la casa madre impegnata in vaste capitolazioni. Perché funzionano abbastanza bene, li vedi nelle grandi crisi umanitarie, salvano e sfamano fuggiaschi, scavalcano a fatica una elefantiasi burocratica che spesso fa asciugare vanamente molte energie nella sabbia del superfluo. Lì ci sono ancora uomini di buona volontà che agiscono e non chiacchierano. Ma questo non basta. L’Onu non è nato forse per la pace, per impedire le guerre, per punire e frenare i prepotenti? Per questo non resiste da mezzo secolo nelle bufere della Storia?
Lo so che fa cilecca da almeno mezzo secolo, che da artificiere degli incendi dei conflitti si è trasformato nello squallido teatro della solita solfa. Opera come datore di lavoro di caschi blu arruolati in paesi poverissimi alla ricerca di una paga, che assistono impotenti ai massacri dei prepotenti, senza mezzi, senza ordini, senza forza.
Li ho osservati ieri nella riunione, ovviamente di urgenza, convocata per il precipitare della crisi ucraina. Gente che andava e veniva, scranni vuoti, i rappresentanti russo e ucraino che sventolavano fogli di carta con le prove della perversione diabolica dell’uno e dell’altro. Una tribuna periferica e neppure troppo importante per la propaganda. Il solito labirinto minotaurico delle buone intenzioni, una ritualità sgonfia di effetti ma stratificata e inestricabile come un palinsesto bizantino. Un accorto burocrate di scuola borbonica vi avrebbe riconosciuto, con cognizione di causa, la triste odissea della pratica «guerra in Ucraina». È lo stesso iter di quella della guerra siriana, del genocidio ruandese, della mattanza somala eccetera eccetera. Un cataclisma sulla scena internazionale è dapprima etichettato come "normale", fase in cui è sacrosanto non fare nulla. Poi diventa "urgente": non prestate attenzione ai toni isterici delle dichiarazioni, i navigatissimi argonauti del palazzo di vetro sanno che non val la pena di dar loro retta. Poi approda all’"urgentissimo’’ come nel caso dell’attacco russo a Kiev. E allora tutto si placa, a poco a poco si spegne e diventa superfluo.
Il ruolo di Guterres, portoghese ma che per il suo ruolo sembra appartenere più al Mistero che a una patria, si è esaurito in una spelacchiata dichiarazione di estrema preoccupazione, nell’invito ai belligeranti a mantenere la calma, a non far follie. Forse è timido, eppure è stato confermato per un secondo incarico. Si occupa molto di ecologia, argomento sicuramente meno infiammabile dei bombardamenti di Charkov. Setaccio giornali agenzie televisioni: solo Nato, ancora Nato, Unione europea, Stati uniti con l’appendice inglese, oltre che naturalmente russi e ucraini in prima linea. E le Nazioni unite? Attendiamo con modesta impazienza la solita riunione "urgentissima" che forse passerà al voto di una inutile mozione di condanna della aggressione russa. Poco più della lega araba e l’Organizzazione dell’unità africana o l’associazione tra i paesi del basso Pacifico, che forse qualche ragione geografica per non immischiarsi ce l’hanno.
Ma non era a New York il parlamento dell’uomo, inventato proprio per offrire un luogo fisico e politico dedito alla mediazione, alla diplomazia dell’ultimo minuto e dell’impossibile, anche con piccoli metodici passi? Dove certo ci si scambiava i fragorosi "niet" e si faceva propaganda ma dove al momento cruciale anche le superpotenze potevano confrontasi prima di compiere gesti di cui non si aveva il tempo per pentirsi. Durante la Guerra fredda questo è stato il loro ruolo. Pensavo che questa volta non sarebbe successo come per il Ruanda o la Cambogia, la religione nichilista del nostro tempo non avrebbe accomunato i rappresentanti di tutti i paesi del mondo in un ripiegamento su se stessi, in una inerzia di parole in attesa che la catastrofe passi, ammesso che ci risparmi. Che fa sempre il gioco dei disegni dei nichilisti. Questa volta non era una guerra di fanatici o un regolamento di conti etnici, uno dei protagonisti dispone delle bombe atomiche e siede in quel sinedrio dei potenti per definizione, a cui spettano i poteri e le maggiori responsabilità di causare catastrofi. C’è una urgenza ancor più disperata di inventare, di operare. Di offrire una sponda ai tanti che sperano ancora nella diplomazia senza arrendersi al sopruso ma senza allinearsi rassegnati alla forza.
Invece i giorni scorrono via, i morti e le distruzioni aumentano, gli attori della tragedia si moltiplicano e le Nazioni unite semplicemente non esistono. L’unico tremolante negoziato è iniziativa dei due contendenti e il terreno neutro è fornito da un satrapo per di più direttamente implicato nello scontro. Le Nazioni unite sono comunque una autorità morale, non potevano prendere l’iniziativa di mettere di fronte i contendenti? Perché teniamo in piedi la recita del Palazzo di vetro? A che servono le migliaia di funzionari ambasciatori diplomatici che affollano il grattacielo di New York?