La Stampa, 1 marzo 2022
Intervista a Pantaleo Corvino
Torino
Ha attraversato il calcio in tutte le dimensioni: dalla Terza categoria con il Vernole, la squadretta del paese, alla Champions League con la Fiorentina. Spente 72 candeline, Pantaleo Corvino ha ancora tanti progetti – il Lecce che ha costruito guida la Serie B -, ma può già sorridere davanti a un bilancio che lo consacra come uno dei migliori talent-scout italiani. È stato lui a intuire per primo le potenzialità di Dusan Vlahovic, portandolo a Firenze, minorenne, per appena 1,5 milioni.
Corvino, un affare d’oro: dopo tre anni e mezzo il suo gioiello è stato ceduto alla Juventus per 80.
«Eppure all’epoca non mancarono le critiche: qualcuno giudicò la cifra eccessiva per un ragazzino non tesserabile subito e che precludeva l’ingaggio di altri extracomuntari».
Lei non vacillò.
«E i Della Valle si fidarono. Sapevo di investire bene e non potevo indugiare: Dusan era corteggiato da club di grande appeal, alcuni con possibilità economiche nettamente superiori».
Davvero sulle sue tracce c’era proprio la Juventus?
«Sì, e anche l’Atalanta. Dall’estero si erano candidate invece Arsenal e Borussia Dormund. Ci aiutarono la tempestività e la decisione».
Non sia modesto.
«Beh, incise anche la stima che mi ero costruito nei Balcani: avevo già scovato, tra gli altri, Vucinic, Jovetic e Ljajic».
Non a caso dicono abbia una predilezione per i calciatori bravi e che finiscono per “c”.
«Non è proprio così. Quell’area è fertile, ma di calciatori ne ho pescati ovunque: Chevanton in Uruguay, Ledesma in Argentina, Bojinov in Bulgaria. E anche Berbatov: avevo chiuso, saltò tutto al momento delle firme. Senza dimenticare i talenti di casa nostra».
Quando vide Vlahovic la prima volta?
«Ero a Belgrado per trattare Milenkovic, fu un attimo intuirne le qualità: oltre al senso del gol, mi colpì la destrezza, il modo con cui rendeva facilii gesti tecnici. E poi la personalità, straordinaria per un diciassettenne».
Allacciò subito i contatti?
«Parlai con l’agente e con la famiglia. Descrissi il calore dell’ambiente e la serietà del club, feci leva sulla bellezza di Firenze.: invitai i genitori per conoscere la città e le nostre strutture».
L’accordo in un hotel milanese.
«Al momento delle firme, davanti a un contratto adeguato al valore ma comunque importante per un ragazzino, la mamma, sorridendo, mi invitò a stare tranquillo: “Direttore, le sto dando il nuovo Batistuta”. Io risposi con un altro sorriso: “Mi accontenerei del nuovo Toni».
Siamo ben oltre: a Torino ha fatto dimenticare Cristiano Ronaldo.
«Per il momento hanno lo stesso numero di maglia: le caratteristiche sono diverse e Ronaldo ha toccato vette altissime. Dusan, però, può raggiungerle a sua volta: ha il talento, ma anche il carattere, è un ragazzo responsabile e disposto al sacrificio. Anche questo mi è apparso subito evidente».
Racconti.
«Il mio ufficio, a Firenze, si affacciava sul campo: quando l’allenamento finiva e tutti guadagnavano gli spogliatoi, si fermava a lavorare da solo. A volte, semplicemente, a calciare il pallone contro un muro».
E pensare che aveva già giocato nel Partizan, il più giovane di sempre a debuttare in prima squadra e a disputare il derby con la Stella Rossa.
«Tra i suoi punti di forza, oltre alla voglia di crescere e alla fame di vincere, c’è l’umiltà. Capita che alcuni giovani in orbita prima squadra, specie se già contrattualizzati con un buon ingaggio, storcano il naso se dirottati in Primavera. In tanti mi hanno lanciato occhiate di fuoco, o hanno abbassato lo sguardo per non tradire la reazione. Quando chiesi a lui, dopo aver parlato naturalmente con Pioli, di dare una mano nella finale di Coppa Italia con il Torino, mi rispose con entusiasmo: “Non solo gioco, direttore: faccio gol».
Promessa mantenuta?
«Due reti all’andata a Firenze, una al ritorno: doppia vittoria e trofeo viola».
Nel giorno della presentazione alla Juventus, Vlahovic ha voluto ringraziarla.
«Mi ha fatto piacere: un altro esempio della sua sensibilità».
Domani tornerà al Franchi e si preannuncia una forte contestazione: i tifosi hanno vissuto come un tradimento la scelta bianconera.
«I tifosi vivono di sentimenti, Firenze è una città che ama e questo è l’altro volto. Meglio i fischi dell’indifferenza».
Che cosa manca ancora a Vlahovic?
«È un attaccante completo, ma ha solo 22 anni: gli manca ancora un pizzico di esperienza internazionale che acquisirà giocando. Non avrà problemi a superare il nuovo step, d’altronde ha debuttato in Champions segnando dopo 32 secondi. Sono certo che con un vincente come Allegri concluderà il suo percorso di crescita». —