Corriere della Sera, 28 febbraio 2022
Il punto sulle pillole anticovid
I nuovi antivirali per la cura del Covid, approvati dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e ora in commercio, sono due: il Lagevrio (Molnupiravir) di Merck & Co. e il Paxlovid (Nirmatrelvir/Ritonavir) di Pfizer. Entrambi sono da assumere a casa su indicazione del medico di famiglia, ma dietro prescrizione degli specialisti ospedalieri, entro cinque giorni dall’insorgenza del virus, ed indicati solo per chi rischia di aggravarsi in modo severo.
Autorizzazione, risultati e utilizzo
Il Molnupiravir, prodotto dalla Merck, non è ancora stato autorizzato all’immissione in commercio da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), che però il 19 novembre 2021 ha dato parere positivo agli Stati Ue sull’uso in via emergenziale. La riduzione dei casi di ricovero in ospedale stimata è del 30%. I risultati della sperimentazione mostrano che su 385 pazienti che hanno assunto il Molnupiravir ne sono stati ricoverati 28 e nessuno è deceduto, mentre tra i 377 trattati con placebo ci sono stati 53 ricoveri e otto vittime. Su questa base il ministero della Salute ha concesso un via libera temporaneo alla distribuzione e il 28 dicembre Aifa ha definito come utilizzarlo: quattro compresse da assumere ogni 12 ore per cinque giorni. In Italia la distribuzione è stata avviata il 4 gennaio.
Per il Paxlovid, prodotto da Pfizer, invece il 27 gennaio 2022 è arrivato il sì di Ema alla commercializzazione. Secondo i primi studi la riduzione del tasso di ospedalizzazione è dell’88%: su 1.039 pazienti trattati con Paxlovid ne sono stati ricoverati otto contro i 66 su 1.046 che hanno assunto il placebo. Nessun decesso è stato registrato tra chi è stato curato con Paxlovid, contro i 12 del gruppo di chi ha ricevuto solo il placebo. Il 31 gennaio Aifa ha stabilito come assumerlo: due compresse di Nirmatrelvir e una di Ritonavir ogni 12 ore, per cinque giorni. In Italia la distribuzione è iniziata lo scorso 4 febbraio.
Prezzo e costi di produzione
Al contrario dei vaccini questa volta l’Unione europea non è stata delegata a negoziare per tutti, ciascun Paese decide di andare per conto proprio. Spiega a Dataroom il direttore generale per la Salute della Commissione Ue Pierre Delsaux: «La Commissione non è stata coinvolta in discussioni bilaterali tra gli Stati membri e i produttori. Noi ignoriamo i prezzi dei contratti».
In Italia la trattativa con le case farmaceutiche è di competenza dell’Aifa, ma in questo caso il ministero della Salute ha dato mandato alla struttura per l’emergenza del commissario Francesco Figliuolo. Vediamo i contratti per il 2022. Per il Molnupiravir è prevista una fornitura di 51.840 trattamenti a un costo di 610 euro a ciclo. Negli Stati Uniti il costo è di 700 dollari (618 euro). Per il Paxlovid è stata concordata una fornitura di 600 mila trattamenti a un costo di 666 euro a ciclo. Negli Usa il Paxlovid viene venduto dalla Pfizer a 530 dollari (468 euro): certo gli Usa hanno ordinato un numero di trattamenti ben più alto, però 120 milioni di euro in più non sono pochi.
Abbiamo speso tanti soldi, ma salviamo vite? Purtroppo non è così: per non rischiare che lo assuma qualcuno che potrebbe farne a meno, la burocrazia rallenta l’accesso a tutti. Questa è la trafila: il medico di famiglia si prende 48 ore per fare l’anamnesi, poi deve compilare i moduli per la richiesta da inviare ai centri abilitati, una volta ottenuta l’autorizzazione vai a ritirare il farmaco nella farmacia ospedaliera. Il tutto entro cinque giorni: ce la fa uno su dieci.
Quanto costa produrre le pillole
Il costo di produzione per il Molnupiravir è stimato intorno ai 14,6 dollari (12,9 euro). Il calcolo è di Melissa Barber del Dipartimento per la salute globale dell’Università di Harvard che, insieme con un gruppo di altri ricercatori, su incarico dell’Organizzazione mondiale della Sanità ha sviluppato un algoritmo per quantificare i costi di produzione dei farmaci. L’obiettivo è quello di consentire alle autorità sanitarie di negoziare prezzi più convenienti per i Paesi in via di sviluppo, ma anche per i Paesi ad alto reddito sempre più costretti a razionare i medicinali per il cancro, l’epatite C e le malattie rare. Il costo finale prende in considerazione il prezzo della materia prima, i costi del lavoro, delle apparecchiature, delle utenze, un margine di profitto del 10%, le imposte del 26,6% sugli utili. Il ricarico della Merck è, dunque, di 47 volte. Per il Paxlovid non ci sono ancora calcoli precisi, ma è verosimile che il costo di produzione abbia una scala di grandezza simile.
Ricerca e sperimentazione
Vanno poi aggiunti i costi di ricerca e sperimentazione, che però l’industria farmaceutica non riporta mai in modo trasparente. E non vengono resi accessibili neppure i finanziamenti pubblici ricevuti per lo sviluppo di un farmaco: su questo fronte, in particolare negli Usa, le agenzie governative come il National Institutes of Health (Nih) e la Biomedical Advanced Research and Development Authority (Barda) impegnano miliardi di dollari dei contribuenti. Sul Molnupiravir sappiamo che è stato inventato alla Emory University tra il 2013 e il 2020, per cercare di combattere l’encefalite equina venezuelana. Durante gli studi si è però capito che poteva inibire anche la sindrome respiratoria mediorientale conosciuta come Mers-CoV. Sullo studio di questo farmaco il governo Usa ha impegnato 35 milioni di dollari.Il Paxlovid, invece, è composto da due principi attivi: il Ritonavir, sviluppato alla fine degli anni ‘80 per il trattamento dell’Hiv (i cui brevetti sono scaduti), e il Nirmatrelvir. Si tratta di una nuova molecola messa a punto durante il Covid-19, ma le basi per il suo sviluppo risalgono al 2003, quando Pfizer stava studiando un antivirale contro la Sars, in seguito interrotto a causa del contenimento dell’epidemia.
I guadagni delle case farmaceutiche
Nel 2022 la Merck, i cui utili sono passati da 9,8 miliardi di dollari del 2019 a 13 del 2021, stima di ricavare dalle vendite di Molnupiravir fra i 5 e 6 miliardi di dollari (da dividere equamente con la Ridgeback). La Pfizer, che nel 2021 ha avuto utili per 22 miliardi contro i 16,3 del 2019, dichiara che dal Paxlovid ricaverà 22 miliardi di dollari.
Le aziende farmaceutiche esplodono di salute proprio strozzando i sistemi sanitari ai quali di fatto dicono: il costo di un ricovero per Covid va dai 9 ai 22 mila euro, con il nostro farmaco ne bastano 600... Insomma, la salute non ha prezzo, soprattutto se a gestirla sono i privati e l’interlocutore pubblico è debole. Quando è più forte la storia diventa un’altra. Lo dimostra il caso dell’antivirale Sofosbuvir del colosso Gilead, più noto come farmaco contro l’epatite C.
Il caso del farmaco contro l’epatite C
Approvato a fine 2013 dalla Food and Drug Administration, l’agenzia statunitense per gli alimenti e i medicinali (Fda), e a inizio 2014 dall’Ema, il Sofosbuvir viene introdotto negli Usa a circa 84 mila dollari per 12 settimane di trattamento. Costo di produzione stimato, sempre dall’Università di Harvard, 47,46 dollari per ciclo.
Quando l’Agenzia italiana del farmaco si siede al tavolo delle trattative la richiesta dell’azienda farmaceutica è di 58 mila euro a trattamento, una cifra pari al prezzo spuntato in Francia. La nostra Agenzia del farmaco lo considera improponibile, sia sotto il profilo etico sia finanziario, e avvia un approccio negoziale rigoroso e basato su avanzate procedure di accordo progressivo. Gilead ritorna al tavolo con una proposta di 42 mila euro, Aifa negozia un accordo riservato prezzo/volume che parte da 37 mila euro per i primi cinquemila pazienti e poi scende a quattromila per l’ultimo scaglione di pazienti (dai 40 mila ai 50 mila). Alla fine il prezzo medio pagato in Italia è di 11 mila euro a trattamento, il più basso di qualunque altro Paese del G8. Il risparmio di questa negoziazione per il sistema sanitario italiano complessivamente è stato in un anno di oltre un miliardo di euro.
Certo, per condurre queste trattative bisogna conoscere come funziona il sistema, e l’allora direttore generale di Aifa Luca Pani lo sapeva. La Gilead da parte sua non è andata in sofferenza: nel primo anno di lancio il ricavo dalle vendite del Sofosbuvir è stato di 11,3 miliardi di dollari.