Corriere della Sera, 28 febbraio 2022
Lo show di Putin visto in tv da Gary Shteyngart
Dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014, Gary Shteyngart si chiuse in un hotel di Manhattan per sottoporsi a un esperimento di cui scrisse sul New York Times: 7 giorni davanti a tre schermi che trasmettevano ininterrottamente i canali della tv di Stato russa. Lo scrittore nato a San Pietroburgo ed emigrato in America a 7 anni si chiedeva cosa gli sarebbe successo. Avrebbe amato Putin? Sarebbe impazzito? I notiziari russi rappresentano l’Ucraina come un Paese in mano ai nazi-fascisti mentre Putin, Salvatore della Nazione, dona caramelle e libri di storia ai bambini profughi del Donbass. «Questi sono i suoi canali, i suoi show, i suoi sogni, la sua fede. Quando guardi il Putin Show, vivi in una superpotenza. Sei un ribelle in Ucraina che rade al suolo l’aeroporto di Donetsk con armi russe. Sei la nonna russofona sulle macerie della sua casa di Lugansk che grida contro i nazi-fascisti come sua madre quando la invasero i tedeschi. Soffrire e sopravvivere: essere russo deve significare questo. Era così nel passato e lo sarà per sempre».
La tv resta la principale fonte di notizie per i russi?
«C’erano dei meravigliosi giornali dopo il collasso dell’Unione Sovietica ma quasi tutto è stato demolito da Putin per una ragione pratica: non può permettersi che si vedano cose come i video di Zelensky in tv. Però penso che i giovani oggi usino molto più internet per informarsi».
I russi credono che l’obiettivo di questa guerra sia «denazificare» l’Ucraina come ha detto Putin?
«Ho parenti che non si sono vaccinati perché ascoltano la propaganda russa e credono che Pfizer e Moderna non siano sicuri. Le loro intere vite sono cambiate per via della propaganda. Ora queste immagini dovrebbero giustificare la guerra, ma tutti in Russia sanno che l’Ucraina non è l’aggressore. Solo chi ha subito un totale lavaggio del cervello può pensarlo. Se la Russia si inventasse che il nemico è la Mongolia e che i mongoli sono fascisti, ci potrebbero credere più facilmente, ma ci sono 20 milioni di russi che hanno parenti in Ucraina: come fai a convincerli che questa guerra è necessaria? Qualcuno mi ha scritto via email: “Mi vergogno di appartenere ad un Paese che sta infliggendo dolore a quelli che chiama fratelli e sorelle”».
In solidarietà con gli ucraini, lei ha postato la foto di un piatto di holubtsi scattata da Veselka, celebre ristorante di Manhattan: il cavolo ripieno è un piatto che le cucinava sua nonna Poya. Era ucraina, a 14 anni si rifugiò a Leningrado per sfuggire alla fame sotto Stalin.
«E suo marito, mio nonno Isaac, ebreo e ucraino, morì difendendo Leningrado e la Russia dall’avanzata dei fascisti nella Seconda guerra mondiale. Ma dieci anni dopo, il fascista Putin è nato nella città che mio nonno difese. E ora questo fascista attacca un presidente ebreo legittimamente eletto in Ucraina, smembra il Paese e uccide la sua gente. C’è una strana circolarità nella Storia».
Putin si presenta – anche in tv – come un uomo di profonda fede: a Messa, circondato da donne a capo coperto e preti bardati d’oro.
«Tra i consiglieri di Putin ci sono preti ortodossi di destra che lo orientano a pensare che Kiev è il centro e la fonte della civiltà russa e dell’ortodossia orientale e che conquistare quel Paese è un modo non solo di ripristinare un potere imperiale ma anche un potere spirituale».
Dove vuole arrivare Putin?
«In quei sette giorni di tv russa ricordo di aver visto un grafico di pessima qualità che mostrava i tank russi alla Porta di Brandeburgo, come a dire “possiamo conquistare Berlino, possiamo arrivare a Londra se vogliamo”. So che non accadrà ma è nella mente di quest’uomo, dei preti neofascisti e dei cosiddetti intellettuali che ascolta».
Le proteste in Russia possono avere un impatto?
«Guardo queste persone coraggiose: possono perdere il lavoro, la libertà, i mezzi di sostentamento, eppure protestano. Ma sono piccole manifestazioni e invece c’è bisogno che si mobiliti l’intera popolazione. Persino in Bielorussia, nonostante le manifestazioni di massa, non sono riusciti a farcela. Gli ucraini si sono ribellati all’autocrazia, mentre 140 milioni di russi restano per la maggior parte al fianco di un pazzo. Certo, le elezioni sono fraudolente, ma probabilmente più del 50% della popolazione voterebbe per Putin. Ecco i culti non si formano da soli, ci devono essere persone che vogliono esserne parte. E penso che questo stia succedendo alla Russia».