La Stampa, 28 febbraio 2022
Intervista a Claire Gibault, la prima direttrice d’orchestra donna di Francia
leonardo martinelliparigiSta facendo ripetizioni dalla mattina alla sera, con la sua Paris Mozart Orchestra. Claire Gibault, 76 anni, direttrice d’orchestra, è infaticabile. «Giovedì inizia il concorso – dice –, dobbiamo essere pronti». È «La Maestra», la seconda edizione, dopo quella del 2020: l’unico al mondo per direttrici d’orchestra, per sole donne. Siamo alla Philarmonie di Parigi, l’edificio-balena spiaggiato al nord della città. Su 202 iscritte di 48 diverse nazionalità, 14 sono state selezionate per la fase finale, che si concluderà sabato sera. Per le prove, potranno scegliere tra una serie di brani e l’orchestra di Claire deve essere pronta a ogni evenienza. Le giovani candidate le devono tanto, tantissimo. È lei ad aver aperto la strada, molto tempo fa.Come racconta nella sua autobiografia (Direttrice d’orchestra: la mia musica, la mia vita, che esce in Italia in questi giorni per add editore), nel luglio 1969 due foto campeggiarono nella prima pagina del quotidiano “France Soir"…«Sopra quella di Neil Armstrong, il primo uomo ad aver camminato sulla Luna. E sotto la mia con scritto: “La prima donna direttore d’orchestra di Francia”. Avevo vinto un concorso, a 24 anni. Ammetto che c’era una certa sproporzione tra le due imprese…Dopo tanto tempo, come le è venuta l’idea di “La Maestra”?«Nel settembre 2018 facevo parte, unica donna, della giuria di un concorso a Città del Messico. Appena arrivai, un altro membro mi raccontò che per il suo medico biologicamente le donne non potevano essere direttrici d’orchestra. Poi, quando si esibivano le candidate, lui si tappava le orecchie. In finale due giovani, una donna e un uomo, ebbero gli stessi punti, ma la giuria si rifiutò di dare un premio ex aequo. All’uomo andò il primo».E lei?«Mi opposi, poi cedetti. Ma rientrai a Parigi afflitta. Da lì è nata l’idea di “La Maestra”, che ha avuto un successo incredibile. Le vincitrici del 2020 hanno ottenuto ingaggi importanti».Le cose stanno cambiando?«Ormai sì, da almeno cinque anni. E in Francia, negli ultimi due, anche grazie a “La Maestra”, si è passati dal 2,7% di donne alla guida di orchestre permanenti al 10,8%. È fantastico, ma non ci fermeremo qui».Lei che cosa ha dovuto subire in quanto donna?«Mi ricordo di musicisti che dicevano: non capiamo i suoi gesti. Mentre gli altri li comprendevano perfettamente... Ci sono orchestre che si sono rifiutate di essere dirette da donne. Mi sono trovata di fronte ad atteggiamenti aggressivi, come il violoncello solista che non seguiva, stonava o non entrava al momento giusto. E lo faceva apposta. Tutto questo accadeva pochi anni fa».Nel 1995 fu la prima donna a dirigere alla Scala. E a lungo è stata assistente di Claudio Abbado. Da questo punto di vista lui come era?«Un femminista, un precursore. Ricordava come la scrittrice Karen Blixen ci avesse messo quarant’anni per essere pubblicata con un nome femminile e non con pseudonimi maschili. Per le direttrici d’orchestra diceva che era solo una questione d’abitudine. Lo aiutai a creare l’Orchestra Mozart di Bologna, dove impose un’autorità condivisa, una gestione collegiale. Lui era amichevole con i musicisti, li ascoltava. Quando, nel 2011, ho dato vita alla Paris Mozart Orchestra, ho preso spunto da quell’esperienza.Ma lei ha inserito anche la parità uomo-donna.«Cerchiamo soprattutto di avere una parità al livello dei solisti. E ogni musicista deve firmare una carta contro tutte le forme di discriminazione».Nel suo libro racconta la propria vita. Tutto iniziò a Le Mans, la sua città natale…«A quattro anni ero già allieva nella classe di mio padre, professore di solfeggio al Conservatorio».Ma lei era introversa, vero?«Era il linguaggio, quello delle parole, a essere bloccato. Altrimenti avevo tante relazioni, mi piacevano gli scambi. La musica era diventata la mia lingua, mi esprimevo con quella».Quando decise che sarebbe diventata direttrice d’orchestra?«Verso i 12 anni. Non parlavo molto, ma non avevo tabù, né freni. Ero già una leader. Volevo dirigere tutti. Quando partivamo in vacanza con la famiglia, pensavo io agli itinerari da fare e dove fermarsi».Ai quarant’anni si è avvicinata alla religione e si è convertita al cristianesimo ortodosso. Perché?«Nella nostra professione c’è un egocentrismo strutturale. È piena di pericoli: la notorietà, il potere, i soldi. Bisogna fare molta attenzione a non sprofondare giù, se si vuole una vita umana di una certa qualità. La religione ti permette un lavoro sull’umiltà e la fraternità».