il Fatto Quotidiano, 28 febbraio 2022
Un almanacco (inedito) di Tolstoj
Negli anni in cui lavorava alle redazioni del romanzo Resurrezione, agli inizi del Novecento, Lev Tolstoj (1828-1910) si dedicò sempre più intensamente alla divulgazione delle sue convinzioni etiche e religiose. Eridano Bazzarelli, il grande slavista, afferma che al centro del suo credo vi era “il perfezionamento morale come unico strumento di salvezza dell’umanità”. È in questo contesto che nel 1903 vengono stampati in Russia i Pensieri di sapienti per ogni giorno (titolo letterale). Una raccolta, o meglio, un breviario, per ogni giorno dell’anno, appunto, che è innervato da testi di varie tradizioni e culture: dal Talmud ai Vangeli, da Confucio a Lao-tse, da Epitteto a Marco Aurelio, fino a Blaise Pascal, John Ruskin, Arthur Schopenauer, e con alcune sue annotazioni personali.
Mai tradotti da noi, e probabilmente nemmeno altrove, per lungo tempo, i Pensieri furono proposti in italiano negli anni Novanta da Pier Cesare Bori (1937-2012), storico delle religioni e studioso di Tolstoj e Dostoevskij; a pubblicarli due piccole case editrici, le Edizioni cultura della pace e Piano B. Ora la raccolta ritorna in libreria con il titolo Pensieri per ogni giorno in una rinnovata versione, con l’ampia introduzione scritta nel 1995 da Bori e una postfazione di Giancarlo Gaeta. Esce per le Edizioni dell’Asino, nella cui redazione militano Goffredo Fofi, Maria Chiara Franceschelli, Davide Minotti, Fabrizio Toth, Michele Starace e Nicola Villa, in una collana che, davvero tolstojanamente, si chiama “Universale dei poveri”.
I Pensieri, rammentava Bori, “qui tradotti per la prima volta in italiano (anzi, credo proprio tradotti per la prima volta in assoluto), sono il primo, più semplice risultato di quello che è il principale impegno letterario di Lev Tolstoj dopo Resurrezione, nell’ultimo decennio della sua vita, tra il 1902 e il 1910: la produzione gnomica, o sapienziale”. Era un impegno che si realizzava “nella pubblicazione di varie raccolte di testi tratti da ogni cultura e da ogni letteratura, tradotti o piuttosto interpretati e parafrasati spesso dallo stesso scrittore. Sono raccolte di “autorità” che testimoniano a favore delle convinzioni etico-religiose che Tolstoj va difendendo e diffondendo da ormai un ventennio e che lo inducono a tanti interventi e a tante lotte”. Quelle battaglie, insomma, che si tradussero nella “non-resistenza”, e con “il pacifismo, la difesa degli obiettori di coscienza e delle minoranze religiose, il vegetarianesimo, l’opposizione alla pena di morte, le raccolte di fondi per le carestie”.
Pur essendo schierato con i poveri, gli sfruttati, i perseguitati, Tolstoj non credeva alle idee dei rivoluzionari. Osserva Bazzarelli, nell’introdurre Resurrezione, che li ammirava, certo, e li amava “proprio perché sono perseguitati”, ma predicava “la necessità di una resurrezione individuale”. Ecco allora le sillogi sapienziali, che non privilegiano alcuna cultura o tradizione, ma le accolgono tutte, le fondono, senza primazie. Scrisse Tolstoj: “Prima e dopo Cristo ci furono persone che dissero lo stesso: che nell’uomo vive una luce divina, che è scesa dal cielo, e che questa luce è la ragione (razum) e occorre servire essa sola e in essa sola cercare il bene. Questo dissero i maestri bramini, e Confucio, e Socrate, e Marco Aurelio ed Epitteto e tutti e tutti i veri saggi, non i costruttori di teorie filosofiche, ma persone che cercavano la verità per il bene loro e di tutti gli altri”.
Il libro si apre, il primo gennaio, con Francesco d’Assisi, che risponde a una domanda di Frate Leone sulla “perfetta letizia”. Gli dice: “Ecco: se, arrivati alla Porziuncola sporchi, bagnati, sfiniti per il freddo e la fame, chiedessimo di farci entrare e il guardiano ci dicesse: ‘Andate via, vagabondi che andate in giro a ingannare la gente, e a rubare le elemosine dei poveri’; se allora non ce ne andassimo e con umiltà e amore pensassimo che il guardiano ha ragione e che Dio stesso lo ha ispirato di agire così con noi, e noi bagnati, affamati rimanessimo nella neve e nell’acqua sino al mattino senza lamentarci del guardiano: allora, frate Leone, solo allora sarà perfetta letizia”.
I Pensieri si chiudono, il 31 dicembre, con Herbert Spencer: “La conoscenza delle leggi della vita è incomparabilmente più importante di molte altre conoscenze, e la conoscenza che ci conduce direttamente al perfezionamento e alla preservazione di noi stessi è la conoscenza di primissima importanza”.