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 2022  febbraio 27 Domenica calendario

Il vero Var è quello della coscienza

E mettetevi una mano sulla coscienza, se l’avete messa sul pallone. In 48 ore il calcio propone due modi di affrontare il dilemma morale, ma il diverso contesto lascia aperta la risposta. Giovedì, a Baku, Wadji, attaccante del Qarabag, segna di mano un gol ininfluente per la qualificazione in Conference League. Lui esulta, il portiere sacramenta, l’arbitro convalida.
Il Var, non c’è. Il capitano avversario protesta invano, ma interviene l’allenatore azero, Gurbanov, parla col suo manesco goleador e lo convince a confessare. Tre minuti: gol annullato. Commenterà Sampaoli, tecnico del Marsiglia: «È stata una lezione di vita. Non so se io sarei stato capace».
Venerdì, a Milano. Il giovane Udogie, difensore dell’Udinese, segna il decisivo gol del pareggio nella porta del Milan. Ai più sembra evidente l’uso della mano. Lui esita, poi, non vedendo sanzioni, gioisce. Stadio e avversari ribollono. Arbitro e Var convalidano. «Mi è andata bene», dirà, senza specificare come. Il suo allenatore, Cioffi, commenterà vedendola dall’alto: «Tanto spesso abbiamo pagato dazio, ci sta che per una volta…».
Ora, scova le differenze. Il gol di Wadji era inutile, quello di Udogie pesante: molto più difficile rinunciare al secondo. A Marsiglia è stato ingannato l’occhio umano, a Milano quello elettronico, o semplicemente l’occhio umano che guarda quanto visto da quello elettronico: comunque l’unico vero Var è quello che abbiamo dentro. Gourbanov è una persona perbene, fino a prova contraria. Cioffi è una persona perbene, lo proverà. Sampaoli è quello di cui fidarsi, perché riconosce i propri limiti, non risponde ai questionari etici, sapendo che un conto è quando lo vedi accadere, un altro quando tocca a te.
Dai campetti ai mondiali, che cosa faremmo al posto di Wadji o di Udogie? Lo scopriremmo giocando. Ci ha deragliato l’esempio di Maradona, che all’Azteca nell’86 ebbe zero dubbi e a Batista che gli chiedeva: «Ma era mano?», rispose: «Tappati la bocca, idiota, e abbracciami!». Ci ha abbagliati la grandezza dello sberleffo e del suo autore: se il contesto ha un rilievo, come rinunciare a un gol che vendica una guerra perduta “pareggiando” le sorti in modo incruento? L’impunità genera consenso, per passare nel campo del bene l’atto illecito diventa non soltanto straordinario, ma miracoloso. Dalla giustificazione pratica si passa alla legittimazione teorica. Sampaoli ha detto: «Non erano obbligati a denunciare il fallo commesso». L’obbligo è quel che si impone quando la coscienza non basta. Come il Var, non garantisce giustizia.