la Repubblica, 27 febbraio 2022
L’azienda che lancia la settimana cortissima
Una settimana corta di quattro giorni e mezzo, a parità di orario di lavoro di 39 ore settimanali, e di stipendio. Più che la settimana di quattro giorni avviata recentemente prima dalla Spagna e poi dal Belgio, il modello che Mondelez International sperimenterà dal primo marzo assomiglia a quello degli Emirati Arabi Uniti, inaugurato il primo gennaio di quest’anno: il quinto giorno della settimana, il venerdì, si accorcia e si conclude intorno all’ora di pranzo. A differenza però che nel Paese del Golfo, dove la settimana corta si coniuga con esigenze di carattere religioso, quella italiana è una decisione frutto della ventata di innovazioni portate dalla pandemia, sia a livello italiano che europeo. «Già prima della pandemia noi potevamo lavorare da remoto un giorno la settimana – spiega Silvia Bagliani, presidente e ad della multinazionale dell’alimentare in Italia, nata nel 2012 da uno spin off della Kraft, produttrice e distributrice di prodotti di largo consumo, dai biscotti Oreo al formaggio Philadelphia ai Ritz – con il lockdown siamo passati allo smart working al 100% nella sede amministrativa di Milano, mentre nei due stabilimenti che abbiamo in Italia, a Caramagna Piemonte (CN) e Capriata d’Orba (AL), si è cercato di mantenere l’operatività seguendo i protocolli di sicurezza. Quello che è emerso dai focus group è che il modo di lavorare era cambiato. Tutti avevano dimostrato un grande senso di responsabilità, ma avevano anche avvertito che il confine tra la vita lavorativa e quella personale si erano sovrapposti. C’era quindi una importante esigenza di recuperare momenti di riposo, valorizzando la flessibilità e la possibilità di una gestione più autonoma dell’orario durante la settimana».
Favoriti dal fatto che anche nelle altre sedi di Mondelez in Europa si avvertiva un’esigenza analoga, tanto che «il venerdì è vietato tenere riunioni dopo le 15», vertici aziendali e sindacati hanno deciso di rendere ancora più flessibile un modello di lavoro che già tendeva all’autonomia: «Da noi il cartellino si timbra una sola volta al giorno, è dal 1998 che non abbiamo più una quantificazione puntuale del tempo di lavoro», dice Bagliani. Adesso i giorni di lavoro da remoto sono diventati due ogni settimana, più due da aggiungere ogni mese quando si ritenga opportuno. Inoltre si sono flessibilizzate anche le ferie, che prima tendevano a seguire l’andamento degli stabilimenti, e quindi le chiusure nelle due settimane a cavallo di Ferragosto, a Natale e per alcuni ponti: ora non c’è più alcun vincolo, possono essere programmate in qualunque periodo dell’anno.
L’accordo, stipulato per parte datoriale con Unione Italia Food e con le Rsu di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil, è sperimentale, dura un anno e riguarda i 250 dipendenti di Milano, dei settori marketing, trade marketing, risorse umane, finance, information technology, procurement, comunicazione, ufficio legale, amministrazione.
Ancora prematuro stabilire in che misura possa essere prorogato ed esteso, spiegano alla Mondelez, ma se può essere un modello per il comparto o addirittura per il sistema produttivo italiano, osserva Alessandro Glisenti, responsabile Area lavoro e relazioni industriali di Unione Italiana Food: «Il nostro settore anche prima della pandemia si è interrogato sull’opportunità di attuare più flessibilità attraverso piani di welfare e di lavoro che favoriscano il bilanciamento lavoro-vita privata. Il tema è estensibile ad altre aziende, ma le soluzioni saranno tutte altamente individuali». E non solo nell’agroalimentare: il tema è sul piatto anche per i metalmeccanici, assicura il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia, soprattutto per i cosiddetti “colletti blu”, le figure come gli informatici o i tecnici che possono anche lavorare da remoto e non necessariamente su turni: «Mercoledì noi presenteremo un “manifestodella transizione”, perché questo è un momento in cui i lavoratori vanno assistiti soprattutto nelle fasi di passaggio, nel lavoro precario, non si tratta più solo di garantire chi ha un lavoro fisso come con lo Statuto dei Lavoratori. E anche se il modello delle 35 ore settimanali risulta superato, c’è però sempre più l’esigenza da parte dei lavoratori di liberare tempo. E non si tratta solo del venerdì, se ne può anche discutere su base plurisettimanale, o mensile ».