Robinson, 26 febbraio 2022
Pasolini e la periferia romana
Nel 1950 Pierpà è a Roma con sua mamma. L’anno dopo conosce Sergio Citti, nato a San Lorenzo numero 1. Faceva l’imbianchino come il Gufo che ripulì casa di mamma mia e che, con il poeta “silenziosissimo”, come mi diceva Amelia Rosselli, ci faceva all’amore senza però assestargli qualche colpo duro. Sergio Citti era il fratello di Franco, cioè di Accattone, quello che quando muore a Ponte Testaccio dice: «Ah, mo sto bene».
Sergio, con le scarpe di coccodrillo, con la busta dei resti di pesce per i gatti; Citti, il grandissimo regista di Ostia (perché anche l’Idroscalo dove Pasolini fu ammazzato era una borgata), quando mangiavamo al ristorante Oasi a Fiumicino mi raccontava: «Prima di conoscere Pier Paolo pensavo che i polli c’avevano quattro gambe. Poi lui mi ha portato in rosticceria. Allora ho scoperto che ne avevano due di gambe». Citti Sergio era nato a San Lorenzo, appunto, con la Tiburtina che sega il quartiere insanguinato dalle bombe degli alleati con Villa Gordiani a due passi, dove crebbe Laudovino De Sanctis; il Tiburtino III nel quale, una vecchia signora, quando l’andai a trovare, mi fece bere a forza un limoncello versato in una tazzina con dei bottoni dorati là dimenticati. Poi largo Lanciani: dove il sottoproletario molisano Cimino freddò i fratelli Menegazzo. E attaccata a San Lorenzo c’è la Prenestina; il Pigneto; Centocelle dove ora hanno gli studi i pittori romani come Felice Levini. Centocelle, con la chiesa di san Felice da Cantalice che pare un cartone innalzato a mo’ di facciata, dove, sempre Vittorio, detto Accattone, si abbracciava con Stella.
Ho sviolinato questa cianfrusaglia per dire che nei Cinquanta i borgatari erano cannibali. Rischiavano di mangiare i gatti. Si rubavano la minestra nella pentola; si nascondevano il cibo in famiglia. Solo una città feroce e cinica (Roma); femmina de core e infame poteva ancora ricoverare uomini che non sapevano quante zampe avesse un pollo!
Dal 1951 al 1953, ’54, Pasolini insegna a Ciampino, fa scuola pure a Vincenzo Cerami. Ciampino è nella fossa dopo la discesa a valle dei colli Albani. Quattro case intorno a un aeroporto che pare un giocattolo. E poi c’è via Tuscolana (con il cielo più alto di Roma), il Quadraro, Cecafumo dove, già nei Sessanta, sui pratoni, il poeta de L’usignolo della chiesa cattolica dava appuntamento a gruppi di ragazzi, uomini, militari, come racconterà in Petrolio.
La ricotta lo gira a L’acqua Santa. Si vedono gli acquedotti come vagoni di treni abbandonati. Mamma Roma si infila proprio nel tunnel di via del Quadraro. Ecco, in realtà le borgate di Pasolini non sono tanto Rebibbia (dove abitava), il Quarticciolo, Tor Marancia, Centocelle, il Pigneto, il Mandrione, Torpignattara. Sì, certo, sono queste; ma per sapere bene chi ci viveva e come, bisogna seguire l’acquedotto romano che gli gira attorno e entra dentro. Infatti attaccate ai mattoni dei romani c’erano casupole e baracche. Sassi e uomini si distendevano in un girotondo che a tratti appariva e a tratti si eclissava. Gli ingressi di terra battuta con i cessi fatti di canne che si intasavano mischiando liquami a fango. Dunque ora meglio si può capire perché Sergio Citti alla domanda: «I Parioli che sono?», rispondeva: «Al contrario de borgate».
Pier Paolo Pasolini trova ragazzi e uomini stagionati nullafacenti al baretto, con i maglioni a V e la catenina del battesimo appena ritirata, o da portare, al Monte di Pietà. So’ tutti stracchi. Hanno lo stomaco gonfio. Le mogli e le sorelle danno la zinna ai figli. Parenti e amici ridono facile; facile fanno a cazzotti. Hanno un solo piacere: il sesso.
Questo mondo non è mai arrivato, nemmeno in pellegrinaggio, nel cosiddetto Centro di Roma. Vivono lavorando quando capita nei cantieri in costruzione, rubano e hanno sempre fame. Sono identici agli uomini che hanno seguito i più audaci sui Sette Colli per fondare la città.
Un giorno andai a trovare Sergio alla stazione Ostiense. Stava girando il suo ultimo film: Fratella e Sorello. Nel cast, se ho la memoria buona, doveva esserci Claudio Amendola e una attrice africana rassomigliante a Naomi Campbell. Più, l’immancabile Laura Betti. Non so come fu ma entrai nel motorhome di lei. Mi presentai e la Betti mi guardò per niente minacciosa. Del resto ero un ghepardo. Le dissi che ero amico di Sergio e che lo aspettavo. Dopo tre minuti fece: «Sergio Citti è stata la mente barbarica di Pasolini».
In questi giorni ho ripensato all’uscita nel 1955 di Ragazzi di vita e di quando Andrea, un mio amico sardo, mi raccontava che sua mamma Caterina Pruneddu, imparentata con Francesco Cossiga, essendo stata collega di Pierpà, quando uscì il romanzo, che ebbe come Virgilio il Citti maggiore, prese un po’ di copie per smistarle in vendita ai colleghi. E ripensando al film di Sergio, appena uscito nelle sale e subito ritirato ho riflettuto che tutte le borgate di Roma hanno un ventre materno, una Mamma insaputa. È San Giovanni, il quartierone sud della città. È da lì che si diramano le borgate creando un immenso colon fatto dagli acquedotti. E poi quel Fratella e Sorello mi riporta al Cantico delle creature. Mi fa rivedere da bambino la statua di san Francesco con le braccia aperte in segno di accoglienza, coi piccioni che lo imbrattano. Di questi tempi quasi più nessuno ci fa caso. La statua quasi nera sembra sparita.
Ora il Pigneto coi famosi villini Liberty è diventato un luogo alla moda. La Movida. E anche Centocelle e il Quadraro. Le case su via Casilina vecchia che guardano la ferrovia sono “panoramiche”. Adesso tutti sanno che il pollo ha due zampe. Ma lo mangiano nel ristorantino gourmet, non in rosticceria con le mani che poi vanno leccate per bene.
A proposito dell’unico piacere, il sesso, che i borgatari potevano offrirsi e offrire, una sera mi ritrovai a cena con Dino Pedriali e Luigi Ontani a La Campana. Dino, come è noto, fotografò il poeta nudo nella torre di Chia. Pareva che Pasolini in quegli scatti volesse lasciare in eredità e prendersi per l’ultima volta il sesso dei ragazzi di vita. Ebbene, Pedriali, con infilato all’indice un anello con una moneta romana d’argento, muoveva le mani a mo’ di macchina fotografica digitale per studiare l’inquadratura migliore del mio volto per una eventuale foto. Quando lo chiamai era ricoverato a Bologna. Subito dopo morì.
Raccontava che negli anni giovani di Pasolini a Roma tutti erano arrapati, correvano con il sesso in mano, ridendo, scherzando, giocando. Adesso non so. Nelle ex borgate ci si incontra in mille. Boh. Nelle baracche ci sono solo i barboni. Epperò dal Pigneto a Centocelle; da Torpigna al Quadraro; da piazzale Lodi a quel taglio chilometrico che è via Tuscolana con alla spalle, a est, l’antica via Gabina fino a Tor Bella Monaca, Roma, dico il Dna di Roma non è cambiato. La ferocia e il cinismo atavico non hanno subito nessuna mutazione antropologica. Per dirlo con le parole di Laura Betti rivolta a Citti: Roma è una mente barbarica.