Corriere della Sera, 26 febbraio 2022
Intervista a Garry Kasparov
Garry Kasparov, l’Europa dovrà pagare un prezzo per questa guerra?
«Siamo realisti: sì – risponde l’ex campione mondiale di scacchi, già dissidente sovietico, poi fuggito a New York per salvarsi perché da sempre si oppone a Vladimir Putin —. E il prezzo da pagare potrebbe essere alto, dopo vent’anni di noncuranza. Vent’anni senza ascoltare chi avvertiva che Putin non era solo il nostro problema, che sarebbe diventato il problema di tutti. Tutti i dittatori, quando hanno soggiogato il loro popolo e distrutto l’opposizione, guardano fuori. E Putin per vent’anni non ha avuto conseguenze per i suoi crimini».
Guerre in Cecenia, Georgia, Siria, Ucraina nel 2014...
«Ci sono i bombardamenti a tappeto su Aleppo, l’annessione della Crimea, l’uccisione di Litvinenko, l’avvelenamento degli Skripal. E con quali conseguenze? Qualche sanzione, ma poca roba. E a differenza di Hitler, ha fatto tutto alla luce del sole. Nel 1939 non avevamo tecnologie per controllare come Hitler si preparasse ad attaccare la Polonia. Putin non si è mai nascosto. Ha anche costruito la più influente rete di lobbisti e agenti in giro per il mondo. Chamberlain e quelli che non vollero agire contro Hitler negli anni 30 sbagliarono. Ma Chamberlain non ha mai fatto affari con Hitler. È stato ingenuo. Ma i politici di oggi hanno preferito continuare a fare affari con Putin e molti di loro sono sul suo libro paga».
Se la risposta dell’Europa non sarà forte, è perché gira troppo denaro russo?
«Si chiama corruzione. Al denaro russo si è permesso di influenzare ogni livello della vita americana, ma soprattutto europea: che fosse politica, sociale, sport, affari. Centinaia di miliardi sparsi nel mondo libero. Perché questo denaro non è andato in Cina, in Venezuela o in Iran, ma a Vienna, Monaco di Baviera, Milano, Parigi, Londra, New York. Non sottovalutiamo l’influenza di questi soldi».
Lo abbiamo fatto?
«Putin non ha mai nascosto le sue intenzioni, è stato sincero come Hitler in Mein Kampf. Dice da anni che l’Ucraina non è uno Stato sovrano. Se ne sono lavati tutti le mani. Ha detto che il collasso dell’Urss è stato la più grande catastrofe. Mette sul tavolo la sua visione strategica almeno da 15 anni. È stato sempre molto coerente nel portare avanti il suo programma. E poiché non ha visto nessuna vera reazione dal mondo libero, si è detto: perché no? Posso fare qualsiasi cosa».
Ora ha varcato la linea rossa dell’Occidente?
«Tocca al mondo libero dimostrarlo. Invece vi sentiamo parlare del prezzo economico, che c’è. Ma gli ucraini stanno pagando con le loro vite e quelli che parlano del prezzo economico da pagare, in euro o in dollari, si dovrebbero vergognare. Stanno ancora cercando di misurare i danni economici a fronte di un sacrificio in vite umane».
Alcuni pensano che questa può essere la fine di Putin perché gli oligarchi si rivolteranno. Possibile?
Se si pretende che il debito sovrano o quello di Gazprom e Rosneft siano onorati ora, l’industria russa va in bancarotta Ma per farlo serve la volontà politica
«L’ha vista l’élite di Putin al Consiglio di sicurezza dell’altro giorno?».
Erano terrorizzati...
«Essere terrorizzati perché non si è d’accordo con un dittatore non significa essere pronti a ribellarsi. Sono terrorizzati, ma aspettano di vedere cosa farà l’Occidente».
Può essere la fine di Putin?
«Sì, però dovete agire. Mostrategli che dovrà pagare un prezzo. Se il mondo libero reagisce di nuovo in modo scadente, quelli si diranno che va tutto bene. Che possono sopravvivere. Se non esiste un costo per l’aggressione, se la macchina da guerra di Putin non smette di funzionare perché va in bancarotta, se non mandate il regime di Putin in bancarotta adesso, l’élite non alzerà un dito. Ribellarsi a Putin può voler dire mettere fine alla propria vita. Nessuno lo farà se non c’è una minaccia diretta ai miliardi di dollari che quella gente ha accumulato nel mondo libero».
Se si escludono le grandi banche russe dai mercati in euro e dollari il sistema finisce in ginocchio, no?
«È ciò che chiedo: tagliate fuori la Russia dai mercati finanziari globali. Assicuratevi che il sistema finanziario russo non sia più sostenibile e non possa generare risorse per la macchina da guerra di Putin. Benché lui sieda sempre su riserve liquide da oltre 600 miliardi di dollari».
Che però basterebbero appena a salvare le due prime banche. È così?
«Esattamente. Se si pretende che il debito sovrano o quello di Gazprom e Rosneft siano onorati ora, l’industria russa va in bancarotta. Ma per farlo serve volontà politica, perché ci saranno ripercussioni sul resto del mondo. Il prezzo del petrolio potrebbe salire, la situazione potrebbe diventare tempestosa per un po’. Ma se non lo si fa ora, il prezzo per fermare Putin salirà ancora. Questo è l’ultimo momento in cui si può farlo senza sacrificare vite umane del mondo libero».
Perché?
«Perché se attacca l’Estonia, la Lituania o la Polonia, allora entriamo in un’altra dimensione. E la Cina sta guardando attentamente. Se Putin riesce a distruggere l’esercito ucraino, a conquistare Kiev e installare un governo-fantoccio, questo diventa un format per la Cina su Taiwan. E un attacco a Taiwan potrebbe obbligare gli americani a rispondere militarmente. Questo è l’ultimo momento in cui possiamo danneggiare la macchina militare di Putin e rovinare il suo Stato mafioso-burocratico senza mettere soldati sul terreno».