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 2022  febbraio 26 Sabato calendario

Fino a che punto può arrivare Putin?

1 Fin dove si spingeranno le truppe russe che in queste ore stanno occupando pezzo per pezzo l’Ucraina? Cosa vuole Vladimir Putin? Cosa c’è al termine della notte inaugurata dal presidente russo, scatenando la sua macchina da guerra?
«L’obiettivo – ha detto al Corriere Dmitrij Suslov, uno dei consiglieri di politica estera del Cremlino – è un cambio di regime a Kiev, né più né meno. Stiamo vivendo le ultime ore dell’Ucraina come l’abbiamo conosciuta in questi 30 anni». Evviva la chiarezza. 
2 Ma cosa significa in concreto? E soprattutto, in che modo l’azione militare farà precipitare la soluzione politica? 
Intanto c’è la questione di Kiev, la capitale da conquistare assolutamente se l’obiettivo è il regime change. I generali russi probabilmente non vogliono farlo con un assalto frontale massiccio, troppo distruttivo e costoso anche per i loro uomini, ma piuttosto usando gli speznats, le squadre speciali, più una combinazione di missili contro obiettivi mirati e attacchi cibernetici in grado di mettere fuori uso l’intera struttura governativa. Ma la conquista della capitale porrà il problema della sorte di Zelensky, il presidente ucraino deciso a resistere e che difficilmente accetterà di salire su un aereo per una destinazione sicura, come fece nel 2014 Viktor Janukovic, cacciato dalla rivolta di Euromaidan. Ucciderlo ne farebbe un martire, ma non è escluso che questo accada se opporrà resistenza. Potrebbe però essere catturato e deportato a forza. Insediare un governo fantoccio a Kiev sarebbe però soltanto il primo passo. 
3 Quale territorio controllerebbe? Come farebbe a imporre la sua legge? 
Molto dipenderà dalle scelte strategiche dei comandi russi e in ultima analisi dalla volontà di Putin. I quali potrebbero decidere di non occupare l’intera Ucraina, due volte più grande della Germania, come lascia intendere Suslov nell’intervista: «L’esercito russo vuole prendere il controllo dell’intero territorio o della maggior parte di esso». Suslov aggiunge di «non escludere una forte resistenza in alcune parti del Paese, quelle più nazionaliste dell’Ovest, territori ostili dove le truppe russe probabilmente non si spingeranno». In quelle aree, infatti, come scrive Guido Olimpio, «è probabile che le forze locali abbiano creato depositi d’armi e rifugi». Inoltre, «alcune delle loro unità sono state addestrate da un programma della Cia iniziato nel 2015 dopo l’annessione della Crimea». Se questo fosse lo scenario, allora si andrebbe a una spartizione del Paese: uno Stato fantoccio insediato a Kiev e con il controllo di buona parte dell’attuale territorio dell’Ucraina, più un’area ribelle, un modello Donbass a parti rovesciate nell’Ovest del Paese. 
4 Già, ma per quanto tempo la Russia dovrebbe e potrebbe mantenere il regime di occupazione in un Paese così sterminato?
Come in Afghanistan o in Siria, si porrebbe infatti il problema delle capacità di combattimento autonoma (e non ultimo della lealtà) delle forze ucraine che saranno fedeli al nuovo governo filorusso di Kiev. In ogni caso, come dice Suslov, l’Ucraina uscita dalla fine della Guerra Fredda e dal crollo dell’Urss non esisterebbe più. E questo cambierebbe in modo duraturo la carta geopolitica dell’Europa. Un nuovo Intermarium, una linea divisoria da mare a mare, scenderebbe dal Baltico al Mar Nero: «Saremo dentro una confrontazione a tutto campo, lo scontro sarà forte, ci chiameremo di nuovo nemici», anticipa Suslov.
5 Si fermerà lì Vladimir Putin? Gli basterà pagare il prezzo di una nuova divisione dell’Europa per riunificare il Russkij Mir, il Mondo Russo, la missione di cui si è autoinvestito? Ovvero continuerà a coltivare mire espansioniste anche sugli ex Paesi del Patto di Varsavia, come Polonia e Baltici?
Le apparenze e i segnali dicono di no. Dicono che il disegno strategico di Putin si ferma alla riunificazione delle tre nazioni slave, con in più forse un pensiero alla Moldavia. Quel che è certo però, è che sulla nuova linea divisoria, il leader del Cremlino non rinuncerà a tenere alta la tensione, con attacchi cibernetici e provocazioni. L’Occidente farà bene a rispondere da par suo.